Nella vita di ognuno di noi ci sono degli avvenimenti, delle ricorrenze davvero speciali, che vogliamo ricordare in qualche modo. Eventi sportivi, sociali, personali, che vogliamo fermare nella nostra memoria e ricordare per sempre.
Questo desiderio umano viene condiviso anche dalle Case automobilistiche, formate da centinaia di persone proprio come noi. Molte Case infatti nel corso della secolare storia dell’automobile hanno realizzato auto tributo, ovvero automobili realizzate in serie speciali in onore di qualcosa, qualcuno o di qualche luogo, per fissare nella memoria un evento, un personaggio o un luogo speciale.
L’idea è ovviamente quella di rendere immortale un nome, una collaborazione o un evento.
L’auto quindi deve essere bella, evocativa, speciale da guidare, magari possibilmente capace di unire queste tre cose insieme.
A volte però l’intenzione di fare qualcosa di speciale regala al mondo auto che forse non è il caso di ricordare…
Ma bando alle celebri ciance, e iniziamo il viaggio tra le 6 migliori auto tributo di sempre, ma anche tra le 6 serie speciali… dimenticabili.
Curiosi di vedere dove finiremo? Su, partiamo!
Le 6 migliori serie speciali di sempre
Nel corso degli anni si sono susseguite centinaia di auto prodotte in serie speciali, auto tributo ed edizioni commemorative di auto spesso già leggendarie. Ovviamente dovessimo fare una lista delle migliori auto tributo di sempre, saremmo in corsa per scrivere un libro!
Ho quindi scelto le 6 che mi emozionano di più, che hanno reso indimenticabile ciò a cui sono dedicate, diventando esse stesse delle vere e proprie icone.
Lancia Delta Integrale Evo Martini 6
Non possiamo iniziare questo racconto con una delle più famose serie speciali, prodotta partendo da una delle auto italiane più amate di sempre.
Sto parlando ovviamente della “Regina”, Lancia Delta Integrale.
Piccola curiosità: nei piani iniziali del Gruppo FIAT non era in programma l’impiego nei rally di una Delta derivata dalla serie, visti i risultati ottimi nel Gruppo B raggiunti da 037 prima e Delta S4 poi per il marchio torinese.
La svolta arrivò nel 1986.
La Federazione Internazionale dell’Automobile decise di bandire le auto di Gruppo B dalle competizioni per l’eccessiva pericolosità e per il gran numero di incidenti mortali.
Il Campionato Mondiale di Rally quindi venne disputato dal 1987 da un nuovo tipo di auto, le Gruppo A, strettamente derivate dalla serie.
E in questa categoria, Lancia Delta diventerà semplicemente leggendaria.
Con le varie versioni che si sono avvicendate, Lancia Delta diventò in pochi anni l’auto da rally più vincente di sempre.
Dal 1987 al 1993 ottene infatti:
- 46 vittorie nel Mondiale Rally
- 109 vittorie nel Campionato Europeo Rally tra il 1987 e il 1995
- 4 Campionati del Mondo Rally Piloti
- 6 Titoli Mondiali Marche consecutivi, dal 1987 al 1992.
- 5 Campionati Europei Rally
- 6 Campionati Italiani Rally
- 46 Campionati in 14 Paesi diversi
L’ultimo dei 10 (!!) Mondiali venne vinto addirittura senza il sostegno di Lancia.
La Casa torinese, infatti, chiuse la Squadra Corse alla fine del 1991, lasciando il testimone al Jolly Club, team privato che si trovò a gestire da solo la nuovissima Delta Evoluzione, nota con il nome di Deltone.
Nonostante questo, il Deltone vinse ancora una volta, arrivando a 6 Mondiali Marche consecutivi.
Su strada, invece, la Delta Integrale seguì le evoluzioni della versione da corsa.
Partita dalla relativamente paciosa Delta HF 4WD, si avvicendarono la prima Delta Integrale 8v, la successiva Integrale 16v, con la celebre “gobba” sul cofano per fare spazio alla testata a 16 valvole, e le estreme Delta Integrale Evoluzione ed Evoluzione 2, con passaruota squadrati ancora più larghi e potenti.
Oltre che per i moltissimi successi su strada e nelle competizioni, Lancia Delta Integrale Evoluzione è famosa per il numero di serie speciali create.
Superano infatti la decina le versioni speciali della Delta, alcune celebrate dai “Deltisti” come la Giallo Ginestra e la Verde York, in onore dei colori della carrozzeria particolari, altre un po’ meno conosciute come la Club Italia o la Dealers’ Edition.
Le più speciali di tutte, però, sono le Lancia Delta Integrale 16v Evoluzione Martini 5 e 6.
Queste due versioni pressochè identiche prodotte rispettivamente nel 1991 e nel 1992 sono state create per celebrare il quinto e il sesto Campionato Marche consecutivo della Delta.
Sfoggiano esteticamente i celebri colori blu, azzurro, rosso e bianco dell’azienda di alcolici torinese Martini, sponsor storico delle Delta ufficiali vincitrici nei rally.
All’interno poi tra climatizzatore, radio premium e rivestimenti specifici le Martini conservavano la loro aura speciale.
Dal punto di vista meccanico, invece, la sostanza è condivisa con le sorelle “normali”.
Motore 2.0 4 cilindri turbo a 16 valvole da 205 CV, cambio manuale a 5 marce e, ovviamente, trazione integrale.
Le prestazioni erano di tutto rilievo, grazie allo 0-100 inferiore ai 6 secondi e una velocità massima di 220 km/h.
Sono stati prodotte 400 Martini 5 e 310 Martini 6, con valori che superano abbondantemente i 100 mila euro.
Rarissimi simboli di una leggendaria icona italiana.
Renault Clio Williams
Da una leggenda ad un’altra, oggi parliamo solo di pietre miliari dell’automobilismo.
La seconda partecipante alla “TOP 6 Serie Speciali” è infatti la mitica Renault Clio Williams, prodotta dal 1993 al 1996.
Derivata dalla fortunatissima Clio di prima generazione, Clio Williams è nata come serie speciale per celebrare la vittoria del Campionato del Mondo Piloti di Formula 1 nel 1992, vinto da Nigel Mansell su, appunto, una Williams FW14 motorizzata Renault.
Questo binomio vincente sui circuiti della Classe Regina ha portato alla nascita di una hot hatch leggendaria, ancora oggi considerata una delle auto a trazione anteriore migliori della storia.
Renault Clio Williams è basata sulla Clio 1.8 16v, già ottima versione sportiva della piccola francesina.
I tecnici Renault (si, perchè nonostante il nome ahimè il team Williams non ha partecipato attivamente alla realizzazione del modello… peccato) hanno preso l’ottima base da 135 CV e oltre 205 km/h e l’hanno migliorata in tantissimi dettagli.
Sono state irrigidite le sospensioni, montati cerchi più grandi da 16 pollici e montate barre antirollio, componenti delle sospensioni e altre parti prese dalla versione da corsa, la Clio Cup.
Per quanto riguarda il motore, il già ottimo 1.8 venne rimpiazzato da un vero e proprio mito, il 2.0 16v F7R.
Questo due litri aspirato è capace di 147 CV e 175 Nm di coppia.
Non sembrano molti, ma questo grazie al peso di soli 990 kg garantiva prestazioni incredibili per il 1993: 0-100 in meno di 8 secondi e 215 km/h di velocità massima.
Ci furono anche degli altrettanto celebri cambiamenti estetici.
Per cominciare, tutte le Clio Williams sono verniciate in blu, colore delle auto da corsa francesi e del Team Williams.
Sempre in onore del team Williams, si è fatto grande uso del color oro. Il badge “Williams” sulla carrozzeria, la targhetta numerata all’interno e, soprattutto, gli splendidi cerchi in lega Speedline da 16 pollici erano “total gold”. Molto anni ’90, molto corsaiolo.
La Clio Williams è bellissima da vedere, ma prende davvero vita quando si guida.
Precisa, anzi, precisissima agli input di sterzo, con un telaio incredibilmente rigido e un motore pronto ai bassi come agli alti.
Renault Clio Williams da ancora oggi un gran filo da torcere a chiunque tra le curve, e regala un’esperienza di guida mai replicata dalle versioni successive di Clio.
Non per niente è una delle auto più amate dagli appassionati di tutto il mondo, ed una delle “youngtimer”, ovvero auto di interesse storico ancora “giovani”, più amate e ricercate.
Non piace però solo oggi. Nonostante l’idea di produrne solo 2500 per l’omologazione per correre nei rally, alla fine le Williams prodotte furono ben 12.100, di cui una grandissima parte in Italia.
Nel nostro Paese ebbe così tanto successo che nel 1995 fu tolta dai listini di tutto il mondo eccetto quello italiano, dove fu venduta fino alla fine del 1996 senza limiti di esemplari.
Mitsubishi Lancer Evo Tommi Makinen
La terza auto tra le serie speciali che abbiamo scelto è la Mitsubishi Lancer Evolution VI Tommi Mäkinen.
Un nome eterno per definire una leggenda del mondo dei rally, protagonista della sfida tutta giapponese con la Subaru Impreza WRX STI.
Siamo nel 1999, e Mitsubishi lotta contro Subaru e Toyota per la supremazia nel Campionato Mondiale Rally.
La sua arma è la paciosa berlina Lancer, che però sui campi di gara si trasforma nel “mostro” Evolution, dotata di trazione integrale e oltre 300 CV.
L’alfiere della Casa dei Tre Diamanti che combatterà contro due altri nomi leggendario dei rally, Colin McRae e Carlos Sainz, è il finlandese Tommi Mäkinen.
Makinen è solo l’ultimo in linea di successione dei “Finlandesi Volanti”, piloti capaci di vincere nei rally (Kankkunen, Alen e Aaltonen), ma è uno dei più vincenti.
Nel 1999 ha già vinto ben 3 Campionati del Mondo Rally consecutivi, e si avvia a vincere il quarto.
Dopo l’effettiva vittoria del quarto titolo consecutivo, Mitsubishi decide di “regalargli” una versione tributo dell’auto con cui ha dominato gli anni ’90 con Mitsubishi, chiamata “Tommi Mäkinen Edition”.
La base infatti è Mistubishi Lancer Evolution VI, la sesta generazione della “Evo” giapponese.
Sotto il cofano ha il mitico 4G63, un motore mitico per gli appassionati di auto giapponesi.
Si stratta 2.0 turbo da 280 CV, e viene scaricato a terra tramite la trazione integrale e il cambio con rapporti molto ravvicinati.
Le prestazioni sono di rilievo anche per gli standard odierni, con uno 0-100 in 5 secondi netti e 240 km/h di “top speed”, ma l’asso nella manica della Evo VI è la guida tra le curve. Grazie alla trazione integrale permanente, era imprendibile nel misto anche da supercar molto più costose, e regala davvero tantissime emozioni.
La versione Tommi Mäkinen Edition regala alla Evo VI una livrea “Tommi Mäkinen” rossa con dettagli bianchi e neri sulle fiancate, proprio come la versione da corsa “Ralliart”.
Anche i cerchi e i paraurti sono differenti, mentre il motore beneficia solo di un turbo in titanio, più veloce a salire di giri.
Prodotta solo nel 1999, oggi è una delle versioni più ricercate della sportiva giapponese, con prezzi ancora “accettabili” compresi tra i 50 e i 70 mila euro.
Mazda MX-5 Le Mans
Passiamo ad un’auto tributo decisamente poco conosciuta, venduta solo sul mercato inglese, Mazda MX-5 Le Mans.
La base di partenza è la celebre Mazda MX-5 di prima generazione (la NA per gli appassionati), che non ha certamente bisogno di presentazioni.
I numeri infatti parlano per lei: oltre 25 anni di carriera e oltre 1 milione di esemplari prodotti, rendendola l’auto sportiva più venduta di sempre.
Nel 1991, la Miata stava riscuotendo un grande successo, e Mazda visse il momento di maggior splendore della sua storia.
Proprio nel giugno del 1991, infatti, la leggendaria Mazda 787B vinse la 24 Ore di Le Mans, prima auto giapponese e prima auto con il motore rotativo capace di vincere la gara di durata più famosa del mondo.
Per celebrare questo incredibile risultato, Mazda UK realizzò la MX-5 Le Mans che vedete in queste foto.
La livrea è una esatta replica di quella della vincente 787B, dipinta direttamente sulla carrozzeria della piccola roadster.
Sotto la sgargiante livrea arancio-verde però c’era una sorpresa. Per la prima volta, infatti, la MX-5 sotto il cofano aveva un motore turbo. Al classico 1.6 da 115 CV, infatti, fu montato di serie un kit realizzato dallo specialista inglese BBR, che pompava la potenza fino a 150 CV.
Le prestazioni di conseguenza salgono: la turbina a bassa pressione consente uno 0-100 in soli 6,8 secondi, e grazie al cambio manuale cortissimo e al differenziale autobloccante anche questa versione di MX-5 si conferma divertente come poche.
L’auto veniva poi equipaggiata con molle ed ammortizzatori sportivi, e interni in pelle totale.
Nel portaoggetti poi trova posto un certificato di autenticità firmato nientemeno che da Johnny Herbert, vincitore con la 787B della 24 Ore di Le Mans.
Ne furono costruite solamente 24 esemplari, ed oggi è uno dei modelli più ricercati di Miata.
La spider giapponese durante i suoi oltre 25 anni ha ricevuto tantissime versioni speciali, ma nessuna speciale come questa.
McLaren F1 LM
Se le 24 Mazda MX-5 sembrano poche, sono un numero stellare se confrontato con le sole 5 unità prodotte della prossima auto.
Parliamo infatti di McLaren F1 LM, versione iperesclusiva della pazzesca hypercar della Casa inglese.
Siamo nel 1995.
McLaren ha presentato da poco l’incredibile F1, prima vettura di serie della Scuderia di F1. Grazie al suo motore V12 BMW da 627 CV, ai 3 posti con posto guida centrale e alla velocità massima di oltre 380 km/h è già un’auto destinata ad entrare nella storia.
McLaren però vuole provare a competere con la F1, e realizza così la F1 GTR, vettura di classe GT da far competere nel Mondiale Endurance.
L’auto si rivela molto competitiva, ma soprattutto incedibilmente affidabile, grazie anche al rivestimento d’oro del vano motore, condiviso con la versione stradale, che tiene basse le temperature del V12 aspirato che nella versione da corsa viene ridotto a “soli” 600 CV.
Alla partenza della 24 Ore di Le Mans del 1995, la F1 è la favorita per la vittoria di classe, ma durante la gara accade l’impossibile.
Le vetture prototipi iscritte quell’anno, nettamente più veloci e favorite per la vittoria finale, si ritirarono per incidenti o problemi tecnici durante la corsa.
Così facendo, i potentissimi prototipi lasciarono alla Mclaren F1 GTR di Yannick Dalmas, Masanori Sekiya e JJ Lehto l’onore di tagliare il traguardo davanti a tutti.
Non solo: 3 McLaren F1 arrivarono prima, terza e quarta assolute. Un inaspettato dominio.
Fu un risultato incredibile e mai ripetuto fino ad ora: un’auto derivata dalla serie che batte gli incredibili prototipi.
Per festeggiare un risultato tanto incredibile, McLaren produsse 5 McLaren F1 LM (Le Mans), delle esatte repliche della GTR da corsa. Verniciate tutte nel celebre arancio papaya di McLaren (tranne quelle destinate al Sultano del Brunei…), differivano solo nel motore, che nella versione da strada è… più potente, con i suoi 680 CV, ben 80 in più della versione che ha vinto la 24 Ore di Le Mans. Situazione più unica che rara.
Lamborghini Gallardo Balboni
L’ultima tra le serie speciali TOP è la meravigliosa Lamborghini Gallardo LP550-2 Valentino Balboni, conosciuta come Gallardo Balboni.
Prodotta nel 2009 in soli 250 esemplari, è dedicata allo storico collaudatore della Casa di Sant’Agata Bolognese Valentino Balboni, andato in pensione a fine 2008 dopo oltre 40 anni di “collaudi” dei Tori più famosi del mondo dell’auto.
Per omaggare il suo lavoro, Lamborghini gli ha dedicato una Gallardo davvero speciale.
Esteticamente, la Gallardo Balboni è riconoscibile per la striscia centrale bianca e dorata che corre per tutta la lunghezza dell’auto, rimando alle auto da corsa degli anni ’70.
Meccanicamente, invece, la Balboni è molto speciale: come la sigla LP550-2 fa intendere, è dotata di un 5.2 V10 aspirato da 550 CV e… trazione posteriore. Si, avete letto bene: trazione posteriore.
Questa versione è la prima dall’acquisizione di Lamborghini da parte di Audi nel 1998 senza la trazione integrale, e moltissime venivano vendute con il cambio manuale.
Il risultato è da sogno per i più appassionati.
Una Gallardo molto leggera, maschia e pura da guidare, con 550 CV, cambio manuale e trazione sulle ruote “giuste”.
Forse si va meno forte delle sorelle integrali, ma con la Balboni ci si diverte molto di più.
Dalla nascita della Balboni, poi, ci sono state altre Lamborghini “compatte” con la trazione dietro, sia della serie Gallardo che della serie Huracàn.
Anche l’Audi R8 si è fatta “contagare”, e da poche settimane è disponibile la versione RWD della supercar degli Anelli. Voleste sognare configurando la vostra R8 “posteriore” dei sogni, vi lascio il link del configuratore. Sognare, alla fine, non costa nulla…
Tutte le 250 Balboni vennero vendute in brevissimo tempo. Fu infatti apprezzata tantissimo da clienti e stampa, con in testa il trio di Top Gear che la elesse Auto dell’Anno 2009.
Che bel modo per celebrare la pensione di un eroe silenzioso dell’automobilismo, un uomo che ha reso Lamborghini l’eccellenza che è ancora oggi.
Le 6 peggiori serie speciali di sempre
Fino ad ora abbiamo avuto la fortuna di parlare di una serie di automobili leggendarie.
Auto che per importanza storica, per prestazioni o per estetica hanno segnato il loro nome nelle auto memorabili.
Quando però le Case si mettono in testa di produrre delle serie speciali o dei tributi… non sempre tutto va per il verso giusto.
Ecco 6 automobili che avrebbero voluto regalare un posto nella storia ad una persona o ad un luogo… ma che hanno deluso o fallito. A volte, anche miseramente.
Rover 200 BRM
I più giovani di voi o i meno appassionati si staranno chiedendo di che diavolo di auto sto parlando.
Rover 200? E che cos’è BRM? Si mangia? É un luogo magico in giro per il mondo? Sono le iniziali di un pilota?
Ahimè nessuna di tutte queste cose è la realtà.
Partiamo dall’auto di base, Rover 200.
Per chi non conoscesse o non si ricordasse di Rover, è stata una Casa inglese che ha prodotto diverse auto interessanti, basate anche su modelli Honda, fino al 2005, anno in cui è andata incontro al fallimento insieme alla “sorella” MG.
Nel 1995 nacque la 200, risposta inglese a FIAT Punto, Ford Fiesta e Honda Civic.
Proprio dalla giapponese, ma di generazione passata, derivava questa nuova 200, che univa buone doti di guidabilità con un gusto e una raffinatezza inglesi.
Almeno, queste erano le idee iniziali.
La 200 infatti faticò a fare breccia nei clienti.
Per rilanciare il modello, Rover decise di ripescare dal proprio passato, e lanciò la Rover 200 BRM.
Questa versione era un tributo ad un progetto ambiziosissimo degli anni ’60, un’auto a turbina progettata da Rover e BRM.
Quest’ultima venne chiamata da Rover per collaborare in un progetto così particolare.
Gli uomini di BRM, dalla loro, erano certamente quelli giusti.
La British Racing Motors, infatti, corse in Formula 1 dal 1951 al 1977, vincendo nel 1962 sia il Campionato del mondo Piloti con Graham Hill che quello Costruttori.
Tutto questo preambolo per spiegare il perchè dell’esistenza della Rover 200 BRM: una serie speciale che commemora la scuderia inglese, fallita alla fine degli anni ’70.
Ma è anche la prima versione sportiva della compatta inglese.
Sotto il cofano troviamo infatti un 1.8 aspirato da 145 CV della famigerata Serie K di Rover, condiviso con la spider MG F, tanto valido quanto… quasi totalmente inaffidabile. Qualcuno ha detto guarnizioni della testata?
Completano il quadro meccanico sospensioni più rigide, un differenziale Torsen all’anteriore e un cambio ravvicinato.
Il grande problema della 200 BRM era che a fronte di una meccanica interessante ma non così speciale e sportiva i tecnici Rover misero in primo piano l’estetica.
All’interno infatti la pelle rossa cucita a mano e la plancia rivestita di materiali pregiati era di grande effetto.
I cerchi da 16 pollici dal classico disegno inglese e il colore, il classico verde British Racing Green con dettagli arancioni tipici di BRM completavano il quadro. Un’auto bellissima, ma poco sportiva e divertente da guidare.
Prodotta in soli 795 esemplari per il Regno Unito e 350 per i mercati europei, Rover 200 BRM non è di certo ricordata dagli appassionati tra le migliori hot hatch degli anni ’90.
Peccato, magari con un’attenzione maggiore alla meccanica…
FIAT Seicento Michael Shumacher Edition
Arriviamo nella nostra splendida Italia, che di serie speciali è una habituèe.
Tra le celebri Carrozzerie e auto derivate dalle corse splendide, c’è stato spazio, a cavallo tra gli anni ’90 e i 2000, per un’auto che fa certamente parte delle flop: FIAT Seicento Sporting… Michael Schumacher Limited Edition.
Tra il 1996 e il 2006 il grandissimo campione tedesco di Formula 1 corse per la Ferrari, con la quale vinse ben 5 Campionati del Mondo piloti consecutivi, issandosi a pilota più vincente di sempre con 7 mondiali.
Quale miglior modo di omaggiare il Kaiser di non un’auto tributo solo per lui?
Ecco, forse il buon Michael si aspettava una 360 Modena, o una Maserati 3200 GT in versione Michael Schumacher. Entrambe le Case facevano parte della galassia FIAT comprendente anche la Scuderia Ferrari.
Si è dovuto invece accontentare di FIAT Seicento Sporting Michael Schumacher Edition.
Intendiamoci: la Seicento Sporting era un’automobilina niente male. Forse però non era proprio quello che ci aspettavamo…
La Seicento Sporting era infatti la sportivetta preferita dai giovani dei primi anni 2000, grazie ai bassissimi costi di acquisto e di gestione e al divertimento di guida davvero alto.
Equipaggiata con il mitico 1.1 Fire da soli 54 CV e 88 Nm di coppia su un peso di poco superiore agli 800 kg, non era di certo veloce.
Ciò che non offriva il suo 0-100 in 13,5 secondi, la Seicento restituiva con un handling divertentissimo.
La versione Michael Schumacher invece nacque nel 2001 per commemorare il primo mondiale vinto nel 2000.
In cosa differiva dalla versione Sporting tradizionale? In… pochissimi dettagli, ahimè.
Nessuna modifica meccanica nè telaistica.
La Michael Schumacher Edition si riconosceva per l’aggiunta di accessori già disponibili per le versioni normali come minigonne, cerchi da 14 pollici, leva del cambio sportiva e pedali in alluminio.
L’unica vera parte inedita era l’adesivo “Michael Schumacher” sul portellone posteriore, con il logo e la firma del campione tedesco. Un po’ pochino, vero?
FIAT tolse dal listino questa versione nel 2002, ma riprovò la fortuna con una seconda Michael Shumacher Edition nel 2005. Per celebrare il quinto mondiale consecutivo e il settimo personale del Kaiser, infatti, realizzarono una… FIAT Stilo Michael Schumacher Edition.
La ricetta era, ahimè, la stessa. Niente modifiche meccaniche o telaistiche, l’aggiunta di un paio di adesivi e il logo Michael Schumacher sul volante basta e avanza.
Anche i motori erano un po’ deludenti.
Insieme alla versione Abarth dotata del 2.4 5 cilindri da 170 CV, infatti, si poteva avere la Michael Schumacher anche con il 1.9 MulitJet da 150 CV.
Gran motore, per carità, ma forse il mitico 1.9 turbodiesel non è quello adatto ad un’auto per celebrare il più grande pilota di F1 di tutti i tempi. Forse.
Infiniti FX Vettel Edition
Altro giro, altra auto dedicata ad un pilota di Formula 1.
Stavolta parliamo di Sebastian Vettel, oggi pilota Ferrari (ancora per poco…) e all’epoca dei fatti alfiere del Team Red Bull.
Siamo nel 2012, e Vettel, due volte Campione del Mondo di F1 (arriverà a 4 Mondiali vinti con la scuderia austriaca), coglie l’occasione di brandizzare e partecipare allo sviluppo di un’auto stradale in suo onore.
L’auto in questione era il SUV giapponese Infiniti FX.
Ora vi chiederete: perchè scegliere un grosso SUV Infiniti, quando il tedesco correva per una scuderia di un’azienda di bibite energetiche?
Il motivo è contorto, ma semplice.
Il team Red Bull infatti utilizzava all’epoca motori Renault. Renault fa parte dell’omonimo Gruppo Renault-Nissan, comprendente anche Infiniti, il marchio di lusso di Nissan.
Perchè scegliere il SUV FX quando in gamma c’era anche una sportiva come la G37 coupè?
Questo rimane un mistero.
In ogni caso, il nostro caro Seb ha sempre avuto una grande passione per l’ingegneria, e ha colto al volo l’occasione di progettare insieme al team di Infiniti una di quelle serie speciali indimenticabili.
La base di partenza è quindi l’ottimo SUV di grandi dimensioni FX, dotato ottima guidabilità per la stazza e di un motore V8 aspirato. Proprio come quello che in quel periodo si utilizzava in Formula 1.
Dall’Infiniti FX50 di base, Vettel e il team hanno sviluppato un bodykit molto sportivo, con tanto di splitter anteriore e di diffusore posteriore con faro fendinebbia in stile Formula 1.
All’interno poi c’è spazio per sedili in Alcantara con il logo Sebastian Vettel Edition, e… poco altro.
L’interessante motore 5.0 V8 aspirato, invece, riceve un’iniezione di potenza passando da 390 a 420 CV.
Nell’upgrade viene “donato” all’otto cilindri uno scarico sportivo davvero vigoroso per prestazioni e suono.
Le sospensioni poi vengono abbassate ed irrigidite, i freni potenziati e viene alleggerito di qualche decina di kg.
L’ultimo dettaglio è disegnato in parte anche da Vettel, ed è un’ala posteriore in fibra di carbonio, optional.
Questa aumenta la deportanza del 30%, garantendo quindi una maggiore stabilità alle alte velocità.
Il prezzo di quest’ala? Oltre 7000 euro.
E proprio il prezzo è uno scoglio importante. A fronte di un listino della versione normale di circa 75 mila euro, la Vettel Edition partiva da 124 mila euro, senza contare l’alettone. Ne furono prodotti solo 150 esemplari per tutto il mondo, con il primo dato al campione tedesco.
Infiniti FX Vettel Edition forse è una delle migliori auto di questa lista dei flop.
Peccato che da guidare rimanga un SUV da oltre 2 tonnellate di peso, seppur ottimizzato e migliorato, e che il senso di un Super-SUV personalizzato da un Campione del Mondo di F1 io, sinceramente, proprio non riesca a trovarlo.
Mercedes A160 Häkkinen Edition
Adesso arriviamo a quella che, personalmente, fa più male di tutte.
Nonostante sia nato poco prima del 1998, anno in cui il grande Mika Häkkinen vinse il primo dei suoi due Titoli Mondiali di Formula 1, le cassette conservate da mio padre mi hanno fatto innamorare di questo finnico atipico.
Sempre gentilissimo e sorridente, ma coriaceo, estraneo agli errori e velocissimo, Mika era un riferimento in pista e fuori, tanto da essere etichettato da Michael Schumacher “l’unico rivale che io abbia mai temuto veramente”.
Lo straordinario pilota finlandese vinse con la McLaren due Campionati del Mondo Piloti di Formula 1, nel 1998 e nel 1999.
In quegli anni, era appena nato il fortunatissimo sodalizio tra il team McLaren e la Mercedes-Benz, fornitrice dei motori.
Nel 1999, per celebrare il primo Mondiale vinto da Mercedes, seppur “solo” come fornitore di motori, la Casa di Stoccarda decise di dedicare al “Finlandese Volante” una versione speciale delle sue auto.
Tra tutte le auto della “galassia” Mercedes avrebbero potuto scegliere una AMG, oppure una versione sportiva della coupè di casa, la CLK… Invece no.
Mercedes colse la palla al balzo e dedicò a Mika Häkkinen un modello appena uscito… Classe A.
Ma non una Classe A qualunque, una Classe A 160, dotata del motore medio della gamma, un 1.6 benzina da 102 sprintosissimi CV.
Meccanicamente poi è assolutamente identica alle altre A160, non particolarmente amate per il comportamento su strada. Non esattamente un’auto da Campioni del Mondo.
Specialmente se si pensa che in quegli anni proprio la prima generazione di Classe A, la W168, era famosa per ribaltarsi abbastanza facilmente.
Come se non bastasse, per renderla abbastanza speciale i grafici Mercedes decisero di utilizzare una livrea ispirata alla McLaren da F1, molto vistosa ed appariscente.
All’interno poi, insieme ad ogni optional possibile ed immaginabile presente nel catalogo Classe A si utilizzò un rivestimento in pelle per ogni superficie raggiungibile al tatto.
Per accaparrarvi una di queste serie speciali dovete essere molto fortunati.
Solo 250 esemplari furono prodotti per tutto il mondo, ed oggi è semplicemente introvabile.
Insomma: pilota leggendario, auto tributo… un po’ meno.
SsangYong Korando Sports DMZ
Quando ho scoperto l’esistenza di questa versione, ho fatto diversi controlli.
Non potevo davvero credere ai miei occhi quando ho letto qualche anno fa della genesi di quest’auto.
Con SsangYong Korando Sports DMZ, raggiungiamo la vetta delle serie speciali totalmente fuori di testa.
Facciamo un passo indietro. In Italia, SsangYong Korando Sports è conosciuto con un altro nome, ovvero Actyon Sports, ma la sostanza rimane la stessa. Ovvero, quella di un pick-up duro e puro, prodotto dalla terza Casa coreana dopo Hyundai e Kia.
E DMZ? Per chi di voi non fosse appassionato di storia contemporanea, DMZ sta per Zona DeMilitarizzata, e in questo caso ci si riferisce alla Zona DeMilitarizzata Coreana.
Questa “striscia” di terra lunga circa 250 km separa due nazioni ancora formalmente in guerra, la Corea Del Sud e la Corea del Nord, creando un cuscinetto che separa le due Coree per evitare uno scoppio dei conflitti “congelati” dal 1953.
A quanto pare, poi, il SsangYong Korando-Actyon-Musso Sports (a seconda delle versioni ha un nome diverso in giro per il mondo) è l’auto ufficiale per il controllo di questa zona demilitarizzata.
Allora quale idea migliore di dedicare ad un territorio ancora oggi in guerra un pick-up verniciato in livrea militare?
A parte gli scherzi, la versione DMZ si distingue solamente per la verniciatura militare applicata, e nient’altro.
Il motore rimane lo stesso 2.0 turbodiesel da 150 CV, gli interni rimangono gli stessi.
Questa è, insieme alla MX-5, l’unica delle serie speciali della lista che non poteva essere acquistata in Italia.
Peccato, avrei voluto andare in giro con un’auto intitolata ad una zona di guerra… vabbè, vorrà dire che attenderò la versione Pyongyang…
Volkswagen Polo Harlekin
L’ultima auto di questa lista fa parte delle serie speciali, pur non essendo a prima vista un tributo a niente.
Quest’auto è solo l’ennesima dimostrazione che i tedeschi hanno un senso dell’umorismo… molto particolare.
Parliamo infatti della Volkswagen Polo Harlekin (o Harlequin che dir si voglia), prodotta tra il 1996 e il 1999.
In Volkswagen alla fine degli anni ’90 c’era molta voglia di scherzare e di stupire.
Per questo, la Casa di Wolfsburg decise di riprendere una pubblicità degli anni ’60, in cui un Maggiolino utilizzava parti di carrozzeria di vari Maggiolini di colori e anni diversi, e di riproporla sulla sua auto più piccola, la Polo.
In quegli anni, Volkswagen Polo era tra le utilitarie più vendute in Europa. Spaziosa, pratica, affidabile e piacevole da guidare, l’unico appunto che si faceva alla Polo di terza generazione era l’essere un po’… noiosa.
Per zittire queste (in realtà fondate) critiche ed uscire totalmente dagli schemi nacque la Polo Harlekin.
“E non profate a tire che noi teteschi non ziamo zimpatizi!”
Motore, allestimenti, meccanica: tutto è uguale alla classica Polo, ed è disponibile in versione 1.0, 1.4 o 1.6.
Con il motore più grande, il più venduto, (di cubatura impensabile per un’utilitaria moderna) è capace di 75 CV e 172 km/h di velocità massima, prestazioni di tutto rispetto.
Dove la Harlekin, ovviamente, si distingue è nell’estetica.
Ogni pannello dell’auto è verniciato in un colore diverso. La “palette” disponibile è composta da 4 sgargiantissimi colori: un rosso accesissimo, giallo ginestra, blu scuro e un azzurro simil-Tiffany.
Anche all’interno ci sono tessuti decorati con le tinte della carrozzerie e una leva del cambio speciale con il logo “Harlekin”.
Sarebbero dovute essere solamente 1000 le Polo Harlekin, ma questa pazza versione ebbe un incredibile successo.
Alla fine della produzione furono infatti ben 3100 le Polo Arlecchino uscite dalla fabbrica, di cui oltre 2500 destinate alla Gran Bretagna. Si sa, l‘English Humour non ti abbandona mai.
Visti i risultati assurdi, in Volkswagen riproposero la stessa operazione con Golf, creando la Golf Harlequin.
La magia della Polo, però, non fu ripresa dall’eterna Golf, che finì la sua carriera “colorata” in pochi mesi dopo un grosso flop.
Nonostante tutto, Polo Harlequin è forse la mia preferita di questa lista. Ma, ve ne sarete accorti, ho gusti molto particolari…
Chiudiamo con un bonus speciale: Mercedes SLR Stirling Moss
Abbiamo visto 6 serie speciali davvero memorabili, mentre ce ne sono state altre 6 decisamente meno entusiasmanti.
In ogni caso, voglio chiudere questa lista in modo atipico, regalandovi la “bonus track” che vedete in copertina: Mercedes-Benz SLR McLaren Stirling Moss.
Basata sulla splendida Hypercar creata da Mercedes in collaborazione con McLaren, SLR Stirling Moss è un tributo alla leggendaria Mercedes 300 SLR con cui il pilota inglese vinse in modo incredibile la Mille Miglia del 1955.
Al volante della sua “Freccia d’Argento” numero 722, il leggendario pilota inglese percorse i 1600 km del percorso tra Brescia e Roma e ritorno in sole 10 ore, 7 minuti e 48 secondi. Il tutto su strade aperte al pubblico. Velocità media? 160 km/h. Un’impresa incredibile, mai ripetuta.
Per omaggiarlo, la SLR 722 (anche quella dedicata alla sua impresa incredibile) da 680 CV è stata completamente trasformata, modificando la carrozzeria per farla assomigliare all’auto da corsa degli anni ’50, senza tetto, capote o parabrezza, creando una delle auto più belle di sempre.
Voglio chiudere così, ricordando l’auto dedicata ad un pilota leggendario, mancato all’età di 91 anni solo 2 mesi fa.
Perchè auto leggendarie come queste possono esistere solo grazie alle gesta di campioni e uomini incredibili come Moss, Schumacher o Häkkinen, per sempre fissi nella nostra memoria.
Sempre che non vogliate omaggiare anche voi un terreno di guerra.
In quel caso… pensateci bene, davvero bene.
- Vitantonio, Carla (Autore)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API