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Qatar 2022: il Mondiale delle polemiche, tra proteste e tentativi di boicottaggio

Un boicottaggio mondiale (in tutti i sensi).

Mancano pochissimi giorni all’inzio dei mondiali di calcio di Qatar 2022. Il fischio d’inizio della prima partita è infatti previsto per domenica 20 novembre, che darà il via al primo campionato mondiale invernale della storia della Fédération Internationale de Football Association (FIFA). Sui social e sugli spalti di mezzo mondo però sta comparendo sempre più vistosamente una scritta: Boycott Qatar 2022. Un appello a boicottare i mondiali, ma perché?

La scelta del Qatar come Paese ospitante aveva fatto discutere fin dall’assegnazione, avvenuta 12 anni fa, e sulla quale ancora oggi aleggia silente l’ombra della corruzione. I processi sono attualmente in corso. Ospitare un evento come quello dei campionati mondiali dello sport più seguito al mondo è un’enorme opportunità, tanto per la FIFA (che punta ad espandere i propri mercati) quanto per la nazione ospitante, che si prepara così ad accogliere migliaia tifosi con le tasche zeppe di euro da spendere e celebrità.

La corruzione non è però l’unico elemento che sta alimentando la vasta campagna che chiede di boicottare i mondiali 2022. Anzi. Il gran numero di morti durante la costruzione degli stadi (che secondo il The Guardian sarebbero circa 6.500), dibattiti su questioni ambientali (stadi climatizzati nel mezzo del deserto) e il modo in cui l’emirato affronta il tema dei diritti delle minoranze (LGBTQ+ su tutte), sta portando molti tifosi e attivisti a prendere le distanze dall’evento. Ma capiamo bene cosa sta succedendo.

Chi chiede di boicottare i mondiali di Qatar?

La protesta è particolarmente sentita in Germania, dove in questi mesi, sugli spalti della Bundesliga (la Serie A tedesca), sono apparsi numerosi striscioni. Su tutti sono stati i tifosi del Borussia Dortmund ad alzare la voce. 

Un collettivo di mastri birrai tedeschi chiamato Brauereiatlas ha addirittura creato una birra artigianale chiamata Boycott Qatar 2022. I pub che la distribuiranno parteciperanno al boicottaggio rifiutandosi di trasmettere le partite nei locali ed esibendo un cartello all’esterno degli stessi. Anche in Belgio diversi gestori hanno annunciato che non trasmetteranno i match come forma di protesta.

In Inghilterra, dove il calcio si respira con non poco trasporto, il popolare birrificio indipendente BrewDog si è definito con orgoglio AntiSponsor dei Mondiali. Tutti i proventi dalla vendita della sua birra Lost Lager durante i Mondiali di Qatar saranno devoluti ad associazioni impegnate per i diritti umani. “Amiamo il calcio, non la corruzione, gli abusi e la morte” ha scritto su Twitter il birrificio inglese.

Persino Philipp Lahm, ex capitano della nazionale tedesca vincitrice del mondiale 2014, ha preso posizione. Attualmente membro della delegazione della nazionale di calcio della Germania, l’ex terzino ha rifiutato di prendere parte alla spedizione che tra pochi giorni porterà i tedeschi in Qatar. “I diritti umani devono avere un ruolo maggiore nell’assegnazione delle manifestazioni e in Qatar questo non succede – ha dichiarato Lahm – non possiamo far finta di niente e voltarci dall’altra parte”.

La nazionale della Danimarca ha scelto di boicottare i mondiali pur partecipandovi, attraverso due iniziative. La prima riguarda le maglie che saranno utilizzate dalla squadra durante la competizione: no loghi in vista, essenziali, spoglie, di cui la terza casacca addirittura nera in segno di lutto. Come a voler dire “noi ci siamo, ma è come se non ci fossimo”. Hummel, l’azienda che ha realizzato le maglie, le ha presentate su Twitter scrivendo: “Questa maglia contiene un messaggio. Non vogliamo essere visibili durante un torneo che è costato la vita a migliaia di persone. Supportiamo fino in fondo la nazionale danese, ma non sosteniamo la scelta del Qatar come nazione ospitante”.

I giocatori danesi partiranno per il Qatar senza le proprie famiglie. “Non vogliamo contribuire ai profitti del Qatar. Pertanto abbiamo ridotto il più possibile le nostre attività di viaggio”, ha fatto sapere la Federazione calcistica della Danimarca, intenzionata a portare quante meno corone danesi possibile nelle casse dell’emirato.

La Francia si prepara a boicottare i mondiali a suo modo: le città di Parigi, Marsiglia, Strasburgo, Nancy, Reims, Lille, Nizza e Bordeaux hanno annunciato che non installeranno i tradizionali maxi-schermo per trasmettere le partite della nazionale francese. Benoît Payan, sindaco di Marsiglia, ha affermato che “questa competizione si è trasformata in un disastro umano e ambientale”. Dichiarazioni analoghe sono arrivate da parte dei sindaci delle altre città francesi. Il primo cittadino di Strasburgo, Jeanne Barseghian, ha aggiunto“Per noi è impossibile non ascoltare i numerosi avvisi delle Ong che denunciano gli abusi e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Migliaia di lavoratori stranieri sono morti nei cantieri, è inaccettabile”.

Lo scorso anno i giocatori della Norvegia si erano presentati in campo contro Gibilterra indossando una maglietta bianca con la scritta “Human rights On and off the pitch” (diritti umani in campo e fuori). Il CT norvegese Staale Solbakken aveva poi confermato che la protesta era riferita alle condizioni dei lavoratori di Qatar 2022. La federazione norvegese aveva anche accolto una mozione di boicottaggio ufficiale. Secondo la mozione la nazionale di Erling Haaland – qualora qualificatasi – avrebbe rinunciato a partecipare ai mondiali a seguito di una votazione interna alla federazione. Questa si è conclusa con 368 voti contrari al boicottaggio (contro i 121 a favore).

Dopo il voto, Ole Kristian Sandvik, portavoce della Norwegian Supporters Alliance (una delle organizzazioni che ha promosso il boicottaggio) aveva dichiarato che partecipare a Qatar 2022 sarebbe stato come “giocare su un cimitero”.

Un voto comunque inutile, dato che la Norvegia non parteciperà ai mondiali. La nazionale scandinava, così come quella italiana, ha infatti fallito la qualificazione al torneo.

Seppur flebili, e sebbene gli Azzurri non saranno presenti ai mondiali, la campagna di boicottaggio è arrivata anche negli stadi italiani. Striscioni con la scritta Boycott Qatar 2022 sono apparsi nelle curve del Bologna (serie A) e del Cosenza (serie B).

Perchè boicottare Qatar 2022? Almeno 6.500 ragioni

Secondo un’approfondita indagine del The Guardian, in 10 anni di lavori per la costruzione degli impianti per il Mondiale in Qatar, sono morti oltre 6.500 operai. Una cifra incredibilmente alta e che, stando allo stesso The Guardian, sarebbe addirittura sottostimata. Le stime sono peraltro non aggiornate, in quanto si riferiscono al periodo 2010/2021. Una media di 12 morti a settimana.

Un dato che il Qatar stesso rigetta, affermando che i morti sul lavoro totali negli ultimi 10 anni sarebbero “solo” 37, di cui 34 deceduti a causa di misteriosi problemi cardio-circolatori, ritenendo non necessari ulteriori approfondimenti. Di chi fidarci quindi?

In realtà il dato di The Guardian è decisamente più cristallino, in quanto proviene direttamente dall’ente non governativo FairSquare Projects e dai singoli Paesi che hanno certificato il rientro delle salme degli operai. Già perchè la gran parte della manovalanza che ha lavorato a Qatar 2022 non è autoctona. Questa proviene principalmente da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Il dato sarebbe sottostimato perchè paesi come Kenya e Filippine hanno rifiutato di fornire dati in merito ai decessi dei propri cittadini in Qatar. Secondo Amnesty International in Qatar lavorano attualmente circa 1,7 milioni di stranieri, spesso in condizioni di sfruttamento.

È importante comprendere che ospitare una manifestazione come la Coppa del Mondo di calcio vuol dire impegnarsi in enormi sforzi per la costruzione degli impianti sportivi. E non solo: strade, infrastrutture di accoglienza per squadre e tifosi, aree riservate e tanto altro.

Un lavoro che in genere impiega molto tempo, ecco perchè l’assegnazione del paese ospitante avviene con circa 10 anni di anticipo. Uno sforzo che ovviamente necessita di forza lavoro. Volendo parafrasare un canzone di Jovanotti: tutta la forza lavoro che il Qatar non ha.

Le “morti naturali” sospette

Dietro le agghiaccianti statistiche ci sono intere famiglie devastate e che non hanno ottenuto alcun risarcimento. The Guardian fa nomi e cognomi, come quello di Ghal Singh Rai, dal Nepal, che per lavorare in Qatar avrebbe pagato l’equivalente di circa 1.000€ di tasse di assunzione. L’uomo, assunto come addetto alle pulizie nel cantiere che ora ospita lo stadio di Education City, si sarebbe suicidato una settimana dopo l’arrivo nel Paese.

Un altro lavoratore, Mohammad Shahid Miah, del Bangladesh, è morto fulminato nel suo alloggio a causa di fili elettrici scoperti. In India, la famiglia di Madhu Bollapally aspetta ancora di sapere come mai il 43enne senza pregressi problemi di salute sia deceduto per “cause naturali” in Qatar. Il suo corpo è stato rinvenuto senza vita sul pavimento del dormitorio riservato agli operai.

Queste classificazioni per “morte naturale” – sempre secondo The Guardian – sono state per lo più effettuate senza un’autopsia. A suscitare ulteriori sospetti è un’indagine dell’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, la quale riferisce che i lavoratori stranieri in Qatar hanno dovuto sopportare enormi carichi di lavoro in condizioni di caldo estremo.

I dati riportati da The Guardian sono anche coerenti con un report di Amnesty International. Questo – con l’agghiacciante titolo di In the prime of their lives – ha analizzato e riportato ben 18 casi di lavoratori morti in Qatar, tutti tra i 30 e i 40 anni. Il report completo è disponibile a questo link.

Infine segnaliamo un approfondito articolo di Mihir Vasavda per il portale indiano in lingua inglese Indian Express. Vasavda ha raccontato la storia di 9 indiani misteriosamente morti nei cantieri per la costruzione delle infrastrutture di Qatar 2022. Particolarmente emblematica è la storia di Jagan Surukanti e Akhilesh Kumar. Si tratta di due idraulici di 32 e 22 anni, che a causa di un incidente sono rimasti sepolti vivi nel tentativo di installare un tubo all’esterno del Lusail Iconic Stadium. In quello stesso impianto, il 18 dicembre, si giocherà la finale dei mondiali di calcio.

Il comitato organizzatore: “Gay si, ma non in pubblico”

La grave situazione dei lavoratori e delle morti sospette non è però l’unica critica mossa al comitato organizzatore. Attualmente in Qatar le relazioni omosessuali sono ritenute illegali e possono essere punite con fino a sette anni di reclusione. Lo scorso anno Nasser Al Khater, presidente del comitato organizzatore dei Mondiali, ha rilasciato una controversa intervista alla CNN. 

“Le manifestazioni pubbliche di affetto tra gay sono disapprovate e questo vale per tutti”, aveva dichiarato Al Khater. Pochi mesi prima Josh Cavallo, un calciatore australiano, era stato il primo calciatore al mondo a fare coming out, dicendosi preoccupato dall’idea di andare a giocare in “un Paese dove l’omosessualità è potenzialmente punita con la morte”. Il calciatore non prenderà parte al torneo perchè non convocato dal CT Graham Arnold per scelte tecniche.

Per non farci mancare nulla, il mondiale qatariota deve rispondere anche a importanti polemiche in merito all’impatto ambientale della manifestazione. Nel mezzo di una crisi energetica mondiale (in tutti i sensi), il torneo prevede stadi climatizzati nel bel mezzo del deserto, con temperature esterne che potrebbero arrivare a superare i 35°C.

Dalla politica a Dua Lipa: il mondo occidentale vuole boicottare i mondiali

Tifosi che protestano, giornalisti che indagano, diritti calpestati e famiglie distrutte. La prospettiva di un mondiale in Qatar a queste condizioni sta causando indignazione anche nel mondo dello spettacolo. La pop-star Dua Lipa ha smentito le voci di una sua presunta esibizione ai mondiali di Quatar, unendosi ideologicamente a quanti vogliono boicottare il Paese e l’evento. 

“Nonostante le speculazioni, non mi esibirò alla cerimonia di apertura dei mondiali, e non c’è mai stata alcuna contrattazione al riguardo. Supporterò la nazionale inglese da casa, a dovuta distanza”, ha scritto Dua Lipa su Instagram, prima di aggiungere: “Visiterò il Qatar in futuro, ma solo quando questo rispetterà i diritti umani e si guadagnerà in modo onesto il diritto di ospitare la Coppa del mondo di calcio”.

Infine riportiamo le parole dell’eurodeputata tedesca Hannah Neumann, la quale ai microfoni di Euronews ha affermato:

“L’intera situazione dei Mondiali in Qatar è un gran pasticcio. La Coppa del Mondo non avrebbe mai dovuto essere assegnata al Paese a causa della situazione dei diritti umani. Non stiamo parlando di una democrazia. Mi piace molto il calcio, ma non ho nessuna voglia di guardare questo Mondiale”.

La prima edizione invernale dei mondiali si prospetta essere anche la più controversa della storia. Il polverone è denso e la sensazione è che nessuna giocata sul prato verde riuscirà a smorzare l’indignazione del mondo occidentale. O almeno si spera.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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