Il variegato e qualitativamente pregevole catalogo di Apple TV+ si arricchisce di un’altra produzione importante. Stiamo parlando di Criminal Record, thriller poliziesco britannico disponibile dal 10 gennaio sulla piattaforma. Peter Capaldi e Cush Jumbo sono i protagonisti di un racconto teso e cupo, che attraverso 8 episodi (da noi visionati in anteprima) ci immerge nei vizi e nelle contraddizioni delle forze dell’ordine di una Londra putrida e corrotta, melting pot di etnie e culture ma ancora afflitta da pregiudizi di genere e non.
Nuove leve contro vecchia guardia; minoranze contro maggioranze; potere bianco e patriarcale contro la voglia di rivalsa di donne nere. Sono questi i temi su cui si concentra Criminal Record, a partire da una violenza domestica finita in tragedia su cui è chiamata a investigare June Lenker (Cush Jumbo), giovane Sergente detective nera londinese. Le sue indagini la portano sulle tracce di un caso di omicidio risalente a diversi anni prima, chiuso con una condanna anche grazie all’operato dell’Ispettore capo Dan Hegarty (Peter Capaldi), vera e propria istituzione della polizia locale. Fra appassionata ricerca della verità e ripugnanti scheletri nell’armadio, i due si incontrano e scontrano in un intreccio mai scontato, che mette in luce il razzismo e la sopraffazione dilaganti anche all’interno delle istituzioni deputate a combatterli.
Criminal Record: la nuova serie Apple TV+ in bilico fra thriller e critica sociale
Nei primi minuti, Criminal Record ci presenta una contrapposizione fra personaggi ma anche fra ideologie, flirtando col noir, privilegiando una narrazione asciutta e dedicando all’immagine un’attenzione ben al di sopra della media della serialità contemporanea. Quella proposto da Paul Rutman (Vera, Indian Summers) è soprattutto una ricerca della verità nei meandri di mondi diversi e discordanti, che non si limita ai casi giudiziari affrontati ma affronta ogni aspetto di una Londra scandagliata da diverse angolazioni, fino a diventare vero e proprio personaggio aggiuntivo della serie. La violenza è sia visiva che verbale («è l’O.J. dei poveri»), ma sempre funzionale al racconto di un ambiente marcio dalle fondamenta, in cui la criminalità è solo uno dei molteplici fattori in gioco.
Come accade a molti dei prodotti seriali recenti, con il passare degli episodi anche Criminal Record inizia però a risentire dell’imponente minutaggio, che mette in luce i limiti di una struttura narrativa basata principalmente sul duello psicologico fra i due protagonisti. Anche se la scrittura è congegnata in modo da distribuire fra gli episodi le varie tessere del puzzle e pur con le lodevoli prove dell’energica Cush Jumbo e di un ambiguo Peter Capaldi, il retrogusto di brodo allungato si fa sempre più potente.
Una serie imperfetta ma al passo coi tempi
Pur con i suoi difetti, Criminal Record riesce però a essere sempre coerente con se stessa e con i temi che propone, a partire dallo scontro fra un sistema figlio dei compromessi e della corruzione e l’idealismo delle nuove generazioni. Non mancano poi le riflessioni sul razzismo che ancora permea una società apparentemente inclusiva come quella londinese, così potente e radicato da influenzare le indagini e le possibilità di condanna o assoluzione. Il lavoro di Paul Rutman sa però anche affrontare la complessità, che emerge soprattutto dal personaggio di Peter Capaldi, sempre in bilico fra la grande tradizione dei detective britannici e il più spregevole opportunismo. Suggestioni e sfumature che compensano i limiti di una serie imperfetta ma decisamente al passo coi tempi, nonché in grado di farci riflettere sulle storture della società e della giustizia.
Criminal Record è disponibile dal 10 gennaio su Apple TV+.
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