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La bufala della settimana: TGcom24 e Deep Impact

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Inevitabilmente, almeno per questa settimana, il conflitto tra Russia e Ucraina è il protagonista anche della rubrica che state leggendo.

Il fatto è che, come abbiamo ripetuto in diversi articoli, i social media per la prima volta sono i maggiori megafoni della guerra in atto. Attenzione, però: i maggiori perché i più largamente utilizzati, ma non necessariamente i più autorevoli.

Nella loro natura di strumenti nati per la comunicazione istantanea, infatti, le varie piattaforme social hanno un pregio e un difetto. Il pregio è certamente quello di portarci a conoscenza di un numero elevatissimo di informazioni. Che mostrano anche il lato intimo, privato, del conflitto, quello che raramente la stampa e i telegiornali portano alla ribalta. Pensiamo ad esempio all’immediato impatto di un’immagine di Instagram o di un mini video di TikTok. Ma proprio il caso di TikTok è emblematico del limite dei social come veicolo di informazioni: in una diffusione così voluminosa e fulminea di notizie, chi vigila sulla veridicità di quanto viene inviato, visto, condiviso?

Fake news: le accuse incrociate

E infatti, assieme alle notizie autentiche sulla guerra che i social ci stanno dando in tempo reale, proliferano anche le bufale.

Da una parte, le maggiori piattaforme stanno intensificando i controlli sui contenuti, e continuano a chiudere o sospendere profili vicini al governo di Mosca che propagano fake news sul conflitto. Dall’altra, però, lo stesso Putin ha varato una severa legge anti fake news, che prevede fino a 15 anni di carcere per chi diffonde notizie infondate (almeno secondo il governo russo). Per questo motivo TikTok, come ha spiegato lo stesso social in una nota ufficiale, si è trovato costretto a sospendere le dirette in Russia.

Le bufale sulla guerra in Ucraina: il solito canovaccio

Ma le bufale sull’invasione russa dell’Ucraina germogliano anche nel nostro Paese. E sono prodotte con la stessa rozzezza con cui – ormai siete esperti dell’argomento – i no vax ci propinano da mesi le loro teorie complottiste.

Un recentissimo esempio è dato da un fotogramma di un film, a cui è stata aggiunta una didascalia, circolato nei giorni scorsi sui social. Scopriamo di cosa si tratta.

TGcom24 manda in onda Deep Impact per mostrare la fuga da Kiev

Beh: il titolo del paragrafo dice già molto. Su diverse piattaforme social è stata diffusa un’immagine, contrassegnata in alto a destra dall’inconfondibile logo di TGcom24.

La didascalia recitava: “Chiedetevi soltanto che bisogno ha TGCOM24 di spacciare la scena di un film, anche piuttosto famoso, per una scena reale. (Fuga da Kiev) Chiedetevelo, solo questo.”

Deep Impact? Una bufala che segue il solito schema

Anche in questo caso, lo schema seguito dalla bufala è il solito e collaudatissimo.

Nel senso che si parte da un dato di verità: il fotogramma fatto circolare sui social è realmente preso da Deep Impact, pellicola del 1998 diretta da Mimi Leder e prodotta da Steven Spielberg.

Ma fa tenerezza il tentativo grossolano dei complottisti di far credere che TGcom24, il canale all-news di Mediaset, abbia adottato un simile espediente. Basterebbe l’autorevolezza di un’emittente nazionale attiva da anni, a smentire la notizia.

Ma se scendiamo nei dettagli, non possiamo non notare almeno due cose. La prima: il logo di TGcom24 non appare mai così come è stato applicato nell’immagine dai complottisti. Ma soprattutto, non serve un colpo d’occhio da detective per constatare come il fotogramma del film di Leder riprende una scena girata in un giorno d’estate. Le persone bloccate in coda appaiono tutte in T-shirt o abiti smanicati.

Il fotogramma mai andato in onda

Ma c’è anche chi, bontà sua, si è preso la briga di controllare in tutti i notiziari di TGcom24 subito precedenti alla bufala, per avere una conferma già scontata in precedenza: quell’immagine non è mai stata mostrata al pubblico.

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La differenza tra vedere e credere

Ci risiamo: la tecnica è quella dei no vax. Non importa che i nostri occhi, e il nostro buon senso, ci dicono che ciò che stiamo vedendo non può in alcun modo corrispondere a verità.

Se si è disposti a credere in complotti, raggiri e doppi giochi, la forza dell’emotività è tale da renderci capaci di negare l’evidenza e affidarci alle più irragionevoli tesi. Specie se veniamo sobillati da frasi come: “Chiedetevelo, solo questo”, che dovrebbero far sentire in difetto chi non bada a simili panzane.

Perché, poi, far circolare sui social un simile strillo? Per screditare la stampa italiana? Per negare che ci sia stata l’invasione russa dell’Ucraina?

Sembrerebbe anche che sia nata, attraverso i social, una categoria di utenti che mira a diffondere notizie sempre più improbabili, solo per vedere l’effetto che fa. Oppure, e qui ci sarebbe da interrogarsi seriamente, per verificare il grado di penetrazione di qualunque assurdità, se veicolata dalle piattaforme social. Le quali, a questo punto, dovrebbero davvero sottoporre i contenuti che veicolano a controlli molto più scrupolosi e severi.

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