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Videogiochi

Dai videogiochi ai set LEGO, quattro chiacchiere con Erik Jensen

Unire il lavoro alle passioni è un po’ l’obiettivo di tutti, no? E siamo allo stesso tempo convinti che tra le passioni di una grande parte dei nostri lettori ci siano sicuramente sia i videogiochi che LEGO. Ed ecco quindi qualcuno che è riuscito a riunire tutto questo, ovvero Erik Jensen, uno dei principali designer LEGO, che si è occupato di set iconici del mondo dei videogiochi, da Minecraft a Fortnite a Sonic, e che ci ha concesso una bellissima intervista in seguito alla sua recente apparizione alla Milan Games Week 2024.

Erik Jensen, un’intervista al designer di LEGO Fortnite e non solo!

Una delle forze trainanti dell’azienda di Billund negli ultimi anni sono state sicuramente le tantissime collaborazioni con altri brand. A fianco di modelli davvero eccezionali ispirati a monumenti storici come il Colosseo e concept più generici come una baita di montagna o la linea dedicata a fiori e piante, abbiamo sempre più potuto esplorare mondi e universi di fantasia che abbiamo conosciuto altrove.

Jensen stesso (come poi potrete leggere) si è appassionato a LEGO attraverso una di queste collaborazioni, forse la più iconica: quella con Star Wars. Tantissimi di noi hanno vissuto grandi avventure nella costruzione di astronavi e modelli di ogni tipo ispirati alla galassia lontana lontana. Ma quella è solo la punta dell’iceberg di tanti altri mondi LEGO da scandagliare.

E tra questi ce ne sono tantissimi dedicati ai videogiochi. Particolare successo ha riscosso tutto il progetto legato a Super Mario, che creava una vera e propria esperienza di gioco nuova, da estendere con set sempre nuovi. E restando in casa Nintendo, come non citare lo splendido Grande albero Deku direttamente da The Legend of Zelda?

Ma i videogiochi che sono approdati nel mondo LEGO sono tantissimi e fra questi anche Fortnite e Minecraft. Due titoli iconici, amatissimi dai più giovani, che sembravano quindi fatti apposta (soprattutto il secondo) per una collaborazione del genere. Ed è proprio su questi soprattutto che ha lavorato Erik Jensen, oltre ad aver collaborato allo sviluppo dei set LEGO dedicati a Sonic the Hedgehog.

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Come diventare designer e altre curiosità da soddisfare

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La nostra intervista con Erik Jensen è stata in realtà una splendida chiacchierata tra appassionati, partita dal mondo LEGO e dal percorso per entrare in questa azienda così iconica, per poi arrivare ai videogiochi e ai sogni futuri. La trovate qui di seguito, buona lettura!

Partiamo dall’inizio: come sei diventato un designer per LEGO? Quali step hai dovuto seguire per arrivare a questa posizione?

OK, vuoi la risposta lunga o quella corta? [ride] Di base, ho fatto come tutti, sono andato su LinkedIN e mi sono candidato. Dopodiché hanno un processo ampio in cui hai sia dei colloqui che dei “compiti a casa”. Per esempio per il mio gruppo – cambia ogni anno – ci hanno mandato a casa tre set LEGO. E usando quei pezzi dovevamo creare dei nuovi set di gioco, più o meno in una settimana.

Poi c’è un colloquio dove devi spiegare il set in questione, il tema, la storia, i personaggi, i modelli, tutte queste cose. Poi se hai superato questa fase ti fanno volare fino in Danimarca per un workshop di due giorni, dove un gruppo di noi ha dovuto fare tre diversi progetti e altri colloqui. E poi, qualche settimana dopo, è arrivata la chiamata dove mi hanno detto che ero stato scelto per lavorare al team gaming.

Per la maggior parte delle persone comunque ci sono due vie principali per entrare in LEGO. C’è la strada del college o università, studiando o progettazione industriale o toy design, che è quella che ho fatto io più o meno. Avevo già anche un po’ di esperienza nel giocattolo prima di lavorare in LEGO, cosa che ha aiutato.

E poi c’è il gruppo degli AFOL, i cosiddetti Adult Fans of LEGO. Queste sono persone che sono davvero appassionati di LEGO che creano questi edifici e strutture e modelli e altre cose straordinarie. E si fanno un portfolio che mostri tutto questo. Quindi o metti in mostra la tua abilità nel costruire questi modelli grandi, impressionanti e belli da vedere o ti fai un bel po’ di esperienza in design e progettazione.

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Quando è iniziata la tua passione per LEGO?

Per me è partito tutto al mio sesto compleanno. I miei genitori mi hanno regalato tutta la linea di LEGO Star Wars, quando era appena uscita nel 1999. Quindi avevo l’X-Wing originale, l’Y-Wing, il TIE Advance e poi da quell’anno in poi, ogni anno, ero tipo: “Mamma, papà, posso avere altri LEGO Star Wars?”. E quello mi ha fatto davvero innamorare.

Poi ho iniziato ad allargarmi ad altri temi, come Johnny Thunder e Dino Island e altri simili. Quindi sì, mi piaceva giocare con i LEGO fin da quando ero piccolo. Poi come molti ho avuto un periodo in cui mi sono allontanato quando sono diventato adolescente e altri hobby hanno iniziato a comparire e poi ovviamente mi ci sono rituffato quando ho iniziato a lavorare qui.

A proposito di passioni, molti dei set che hai creato sono legati al mondo dei videogiochi. Ti definiresti un gamer o è un interesse che hai sviluppato lavorando a questi progetti?

No, no, sono sempre stato un grande videogiocatore fin da quando ero piccolo. I miei genitori avevano preso a me a mia sorella un NES. Lei aveva sei anni all’epoca, io ne avevo tre, ma un po’ ci giocavo anche io e da lì è stato una “discesa” ininterrotta. Sempre videgiochi, tutto il tempo. Probabilmente le ho avute tutte le console, dal Game Boy alla Wii alla 360 alla Serie X. Grande appassionato di videogiochi.

Quindi hai iniziato con il NES, ma poi ti sei trovato a disegnare set dedicati a uno dei più grandi “concorrenti” di Nintendo, ovvero Sonic the Hedgehog. È stata una sfida approcciarsi a questo personaggio o già lo conoscevi?

Dunque, Sonic non lo conoscevo effettivamente così bene, quindi ho dovuto fare un po’ di ricerca, che sostanzialmente è giocare con i vari titoli. Quando mi è stato detto che avrei dovuto lavorare su quello ho scaricato Sonic Mania sulla mia console domestica e ho iniziato semplicemente a giocarci e prendere familiarità con quel mondo.

Nella nostra area di lavoro poi in realtà abbiamo una enciclopedia dedicata a Sonic e la usiamo per prendere tutti i riferimenti. Nel caso poi ci manchi un certo videogioco, passiamo semplicemente un paio d’ore su YouTube a guardare dei gameplay finché non abbiamo un’idea generale delle ambientazioni e simili.

Quando ho lavorato a LEGO Fortnite è stata più o meno la stessa cosa. Ho iniziato a giocare molto di più a Fortnite quando ho saputo che sarei stato su quel progetto ed è stato uno strumento molto utile per ottenere l’ispirazione e i riferimenti e capire gran parte del loro design language e simili.

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Quindi il primo passo è fare moltissima ricerca sui giochi. E poi quali sono gli step successivi? Hai del margine per decidere i dettagli precisi del set, al di là del tema generale?

Quando lavoriamo con un qualsiasi partner c’è una fase iniziale dove sviluppiamo una serie di concept e schizzi di ciò che pensiamo possano essere delle esperienze di gioco divertenti e belle. Dopodiché ci mettiamo a parlare con il partner dell’IP raccontandogli come la vediamo e cosa ne pensiamo. E loro ci daranno il loro feedback a loro volta.

Dopo questo processo di collaborazione, arriviamo a una decisione, per cui i set saranno basati sulla tale location, con i tali personaggi e i tali mostri, veicoli o altro. Dopo questa fase iniziale di concept e una volta che abbiamo davvero compreso il brief e quindi ciò su cui lavoreremo, entriamo in quella che potremmo definire fase di produzione, in cui sviluppiamo il set per la fabbricazione, assicurandoci che i set siano divertenti da costruire e i migliori possibili. E più o meno questo è tutto il processo.

Ci vuole grossomodo un anno, con una divisione piuttosto netta a metà. Nella prima parte sviluppiamo tutti i concept e nella seconda li rifiniamo e concretizziamo fino ad arrivare ai set che poi vedi sugli scaffali.

Come cambierebbe questo processo se lavorassi su un concept originale, invece che un IP esistente?

Come Ninjago per esempio? Non posso dirlo con precisione, perché ho lavorato sempre su marchi esistenti, ma è un processo comunque molto simile. Anche in quel caso c’è una fase di concept e una di fabbricazione. Direi che la differenza principale sta nel fatto che invece di lavorare con un partner a cui mandare i modelli per approvazione e feedback, per assicurarsi che tutto sia aderente ai loro standard, sia tutto interno al gruppo LEGO.

Con Ninjago immagino lavorino internamente per assicurarsi che i design e le storie siano quelli che vogliono. E poi probabilmente lavorano anche con il team TV che realizza gli show aggiornandoli sui vari sviluppi, tipo “Ehi, questa è la direzione in cui stiamo portando la linea prodotto quest’anno, nel caso vogliate adattarlo nella serie”.

Quale diresti sia stata la sfida principale che hai affrontato nei set su cui hai lavorato?

Penso che l’aspetto più impegnativo, per esempio con LEGO Fortnite, è stato che fosse un’esperienza di gioco totalmente nuova, che stavano ancora sviluppando mentre noi stavamo realizzando i prodotti. Hanno iniziato a sviluppare il gioco nell’estate del 2022 e nello stesso periodo noi abbiamo iniziato a creare i concept. Quindi era una sfida cercare di capire come sarebbe stato il gioco alla fine, quale sarebbe stato il suo aspetto?

Nei primi giorni c’erano tantissime idee e concept e simili, di ciò che potenzialmente poteva essere LEGO Fortnite. Per cui abbiamo passato molto tempo a creare dei design e lavorare insieme al team che stava sviluppando il gioco. Abbiamo fatto diversi workshop insieme, quando li abbiamo invitati al campus LEGO.

Abbiamo fatto dei laboratori ad esempio sull’aspetto dei mostri. Per un paio di giorni ci siamo messi semplicemente ad abbozzare un 50-60 creature differenti che avrebbero potuto comparire in LEGO Fortnite e cose simili. Prendi a esempio il Battle Bus, su cui ho lavorato. Nei primi tempi non sapevamo al 100% come sarebbe stato nel gioco. E quindi c’erano tante idee di tipo diverso che proponevamo al team di Epic, che a loro volta le proponevano a noi.

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Per cui pensavamo che potesse essere un raccoglitore per le risorse e quindi facevamo qualche sketch in quel senso. Poi però ci immaginavamo che potesse diventare una sorta di base di comando mobile e allora facevamo qualche altro schizzo simile. Alla fine Epic ha scelto di usarlo come uno strumento per il fast travel, cosa che è molto utile in LEGO Fortnite. Per cui lo abbiamo più o meno tenuto con lo stesso look che ha in Fortnite.

Da lì la sfida è semplicemente ritrovare tutti gli aspetti estetici che combacino al meglio per rappresentare il Battle Bus che tutti amano. Ed è stato particolarmente divertente con quello, perché mi sono messo nella modalità Party Royale dove c’è il Battle Bus fisso. Ed è una di quelle modalità in cui puoi tranquillamente restare lì per quanto tempo vuoi, semplicemente in compagnia degli amici. Quindi su uno schermo avevo il mio personaggio seduto davanti al bus, per usarlo come riferimento e sull’altro lo stavo ricostruendo in digitale in versione LEGO.

Un’ultima domanda. Qual è il gioco dei sogni, che vorresti trasformare in un set LEGO? Sempre se puoi dircelo…

No, non posso dirlo! [ride] Però sono un grande amante dei videogiochi, quindi quando ho un po’ di tempo libero sono sempre lì a fare dei concept. Un po’ alla “Uuuh, chissà come sarebbe questa IP gaming se fosse un set LEGO? E come verrebbe questa?”.

E a volte porto anche qualche pitch al team e ai superiori: “Perché non proviamo a sentire questa IP e proviamo a fare questo? Qui ho qualche modello di come potrebbe venire fuori”. Quindi ho buone speranze per il futuro e tengo le dita incrociate.

Su questa nota, ringraziamo Erik Jensen per il tempo che ci ha concesso, ma soprattutto per l’opportunità di “dare uno sguardo sotto il cofano” e scoprire tutto il mondo che si nasconde dietro i mattoncini LEGO. E voi, non avete una gran voglia di costruire adesso?

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Autore

  • Mattia Chiappani

    Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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