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FaceBit, il sensore smart dentro la mascherina

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Un’università americana sta sviluppando un prototipo di un sensore da mascherina, capace di rilevare il battito cardiaco e molto altro: FaceBit. E la parte migliore è che potrebbe alimentarsi da solo, sfruttando il calore, il movimento e il nostro stesso respiro per ricaricare le batterie.

Facebit è il sensore smart da inserire dentro la mascherina

L’ultimo anno e mezzo ha portato a coprirci il volto più spesso di quanto avessimo mai fatto. Uno sforzo doveroso. Nessuno di noi è entusiasta di dover indossare la mascherina, ma ci sono alcune professioni che sono abituate a tenere il viso coperto da molto tempo. Chi lavora in ambienti sanitari o chi utilizza prodotti chimici particolari, convive con le mascherine da tempo.

I ricercatori della Northwestern University hanno brevettato un sensore chiamato FaceBit. Che può aiutarli a monitorare il battito cardiaco, le condizioni del respiro, il livello di stress (combinando i due dati precedenti) e anche valutare se la mascherina è applicata correttamente sul volto.

Il sensore, sviluppato da un gruppo di ricerca che comprende anche Josiah Hester (che ha creato un Game Boy senza batteria) si attacca magneticamente alla mascherina N95 (la versione americana della nostra FFP2). Lì può misurare i movimenti minuscoli della nostra testa al passare del sangue, oltre che l’adesione al volto. Qualcosa che potrebbe essere molto utile per chi lavora in ambienti dove la mascherina resterà obbligatoria, pandemia o no.

La ciliegina sulla torta è che non avremo nemmeno bisogno di ricaricarla. Infatti il sensore dovrebbe utilizzare la forza del nostro respiro, il calore, il movimento e il sole per poter ricaricarsi. Durerà fino a 11 giorni e Hester ha dichiarato che punta a rendere la mascherina indipendente dalla batteria.

FaceBit dovrà passare per rigidi trial clinici prima di poter essere usata negli ambienti sanitari e sui luoghi di lavoro. Con ogni probabilità, non utilizzeremo mai un modello così sofisticato di mascherina se non lavoriamo in un ambiente dove effettivamente serve. Ma il fatto che il team abbia già pubblicato online il software e l’hardware necessari per ricreare i sensori, fa pensare che possa diventare più comune in futuro. E magari trovare altre applicazioni per rendere più smart le mascherine di ogni tipo.

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