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Fake news e Covid. La bufala tech della settimana

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Per la nostra rubrica “La bufala tech della settimana” oggi presentiamo un importante rapporto Ital Communications-Censis. Il cui titolo eloquente è: “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”.

E proprio sul rapporto tra disinformazione e pandemia, scopriremo che nemmeno nei giorni scorsi siamo stati al riparo da una notizia infondata che ha riguardato la pandemia.

Fake news e Covid: l’ultima bugia riguarda la Regione Lazio

Anzi: partiamo proprio dalla bufala più recente, che testimonia come il rapporto tra fake news e Covid sia (purtroppo) ancora ben saldo.

L’assessorato alla Sanità del Lazio ha smentito con una nota sui social una notizia falsa circolata i giorni scorsi. Secondo la quale i pazienti tra i quaranta e i cinquant’anni sarebbero stati prossimi alla vaccinazione.

“Stanno girando informazioni sbagliate sulle date e le fasce d’età della campagna di vaccinazione anti Covid-19 del Lazio. Le fake news sono sempre dietro l’angolo”.

La bufala ne segue di pochi giorni un’altra girata su WhatsApp, che invitata la popolazione laziale a prenotare il vaccino tramite PEC.

Covid e fake news: un binomio solido

Quella che ha coinvolto la cittadinanza laziale è solo l’ultima di una fittissima serie di bufale sul Coronavirus, iniziate non appena la pandemia si è diffusa. E che si ripresentano ciclicamente: negli ultimi giorni è per esempio rispuntato il tormentone secondo cui il Covid sarebbe stato creato in laboratorio.

Senza soffermarci troppo sulle cause della diffusione delle bufale sul Coronavirus, possiamo dire che il ventaglio va da motivazioni più innocenti (cattivo giornalismo, volontà di emergere attraverso notizie sensazionalistiche) ad altre decisamente più interesssate (desiderio di manipolare gli utenti, inducendoli per esempio a sperimentare farmaci alternativi).

Il rapporto Ital Communications-Censis

Venerdì 23 aprile è stato pubblicato un imponente studio condotto da Ital Communications e Censis. Il cui titolo è “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”. Alle ore 10.00 della stessa giornata, il rapporto è stato presentato al Senato della Repubblica.

Ricordiamo che Ital Communications è un’azienda che progetta e sviluppa piani di comunicazione strategica integrata, mentre Censis è un istituto di ricerca socio-economica fondato nel 1964.

I dati del rapporto

Il titolo del rapporto è eloquente. La prima parte, “Disinformazione e fake news durante la pandemia”, fa riferimento a una serie di numeri che illustrano il legame tra il Covid e le fake news.

Nello studio si parla apertamente di “un sovraffollamento comunicativo fatto di tante notizie che nascono e muoiono velocemente, alcune delle quali non sono verificate o sono addirittura inventate. Con il rischio che, piuttosto che accrescere la conoscenza e la consapevolezza di un determinato accadimento, generino ansia, allarme sociale, visioni distorte della realtà e/o provochino orientamenti e comportamenti che possono avere conseguenze negative sui singoli o sull’intera comunità.”

E si individua che “i rischi di andare sul web ma di rimanere fuori dalla realtà vera sono tanto maggiori per le fasce più deboli della popolazione. Per quelle cioè che hanno minori strumenti per riconoscere e selezionare la veridicità delle notizie e che sono più esposte alle lusinghe di notizie parziali, fuorvianti e fake news.”

Qualche numero

I numeri impressionano: basti pensare che ben 50 milioni di italiani (pari al 99,4% della popolazione adulta) ha cercato notizie in Rete sul Coronavirus. E, a fronte di un 13,9% che ha ritenuto l’informazione sulla pandemia equilibrata, il 49,7% degli italiani l’ha reputata confusa, il 39,5% ansiogena e il 34,7% eccessiva.

29 milioni di italiani hanno trovato sul web notizie poi rivelatesi false o sbagliate su origini, modi di contagio, sintomi, misure di distanziamento o cure relativi al Coronavirus.

Certo, le modalità di reperire le notizie sul Covid cambiano a seconda dell’età e della scolarizzazione. Ma, prosegue il rapporto, il dato generale che si può trarre è quello di “un incastro perverso tra un eccesso di flussi informativi generali, contraddittori. E che in molti casi sono stati solo generatori di ansia, e una carenza di flussi specifici, di servizio, utili a guidare le persone sulle scelte da fare nelle situazioni di rischio, sui sintomi da valutare, sulle decisioni da prendere”.

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Covid e fake news: recuperare un’informazione di qualità

La seconda parte del titolo del rapporto recita: “Il ruolo delle agenzie di comunicazione”.

Ciò che lo studio propone è di investire le agenzie del ruolo di garanti della corretta informazione. Come dicono chiaramente i due capoversi conclusivi dello studio: “Vecchi e nuovi media hanno bisogno di figure esterne affidabili e competenti, che garantiscano sulla qualità delle notizie, anche su quelle che girano in rete.

I professionisti che lavorano nelle agenzie di comunicazione sono perciò necessari per mantenere un sistema dell’informazione libero, pluralista e di qualità, e insieme per garantire reputazione e valore al made in Italy, in Italia e all’estero”.

Non possiamo che concordare, aggiungendo che questa è solo una delle strade da battere per arrestare l’onda delle fake news legata al Covid. Altre due potrebbero essere un più rigido sistema sanzionatorio verso chi diffonde bufale, e una più capillare ed efficace campagna di sensibilizzazione e informazione da parte degli organi ufficiali del Governo e delle amministrazioni.

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