Avviso: questo non è un articolo riservato ai calciofili. Ora, cari lettori di Tech Princess, potete proseguire con la lettura.
“Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!” Il compianto Nando Martellini, telecronista della finale dei Mondiali di calcio del 1982, ha raccontato l’aneddoto mille volte. Aveva, Martellini, scritto la traccia di due discorsi. Uno da pronunciare se l’Italia avesse vinto la finale del Campionato mondiale di calcio contro la Germania Ovest, uno se la nostra Nazionale avesse perso.
Poi, al fischio finale dell’arbitro, andò come tutti sappiamo: l’Italia trionfò, Martellini si disinteressò dei fogli e, travolto dall’entusiasmo, andò a braccio.
Iniziando con la triplice esclamazione che abbiamo citato, ormai universalmente nota.
Ecco, siamo partiti dal fondo per iniziare a raccontarvi quanto quella partita sia stata, ed è ancora, mitica.
Ne riparliamo volentieri oggi, giorno del quarantesimo compleanno di Italia-Germania Ovest, giocatasi l’11 luglio 1982 allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid.
Al di là degli aspetti sportivi
Già, perché la finale dei Mondiali di Spagna del 1982 (ma allora lo chiamavamo il Mundial) è entrata nell’immaginario collettivo al di là degli aspetti sportivi, che pure furono avvincenti.
La squadra, che superò a stento un modesto girone, riuscì nella duplice impresa di battere Argentina e Brasile, guadagnando l’accesso a semifinale e finale, e soprattutto (ri)guadagnando la stima della stampa italiana ed estera.
Ma a parte ciò, la finale dei Mondiali del 1982 è stata un evento mediatico che ha regalato al mondo alcune immagini indelebili. O iconiche, come si direbbe oggi, adoperando un aggettivo che in realtà ha tutt’altro significato.
Ci sono alcune scene che almeno una volta hanno visto tutti. Anche coloro che di calcio capiscono poco o nulla. E sono scene che a distanza di quarant’anni precisi commuovono ancora.
L’urlo di Tardelli
Oggi, quando un calciatore segna, elabora esultanze che durano quindici minuti, e che spesso coinvolgono i propri compagni di squadra in coreografie degne di un corpo di ballo.
Un tempo no, un tempo il goleador (neologismo, tra i tanti, inventato da Gianni Brera) alzava il pugno al cielo, al più faceva un salto, i compagni lo abbracciavano e finiva lì.
Ma, così come Domenico Modugno ha cambiato le esibizioni musicali dal vivo con Nel blu dipinto di blu, allo stesso modo Marco Tardelli in Spagna ha modificato il modo di gioire dopo una rete.
Sì, Modugno al festival di Sanremo del 1958 nel finale del brano (più noto come Volare) ha alzato di scatto le braccia al cielo, infrangendo la tradizione che voleva i cantanti immobili col naso sul microfono.
E nella finale dei Mondiali del 1982, esattamente al sessantanovesimo minuto, Tardelli ha segnato un bellissimo gol: 2-0 per l’Italia. Dopo di che ha iniziato a correre furiosamente verso chissà dove, urlando la sua felicità e muovendo testa e braccia in modo sempre più scomposto, prima di essere travolto dai compagni. Il video spiega meglio di mille parole che cosa sia un climax.
Pertini uno e due
In tribuna, accanto al re di Spagna Juan Carlos I e al cancelliere tedesco Schmidt, c’era Sandro Pertini, l’allora nostro presidente della Repubblica.
Che, dopo aver esultato sobriamente al primo gol, alla già citata rete di Tardelli ha reagito balzando in piedi e allargando le braccia, come un ragazzo.
Per non parlare del terzo gol, dopo il quale l’ottantaquattrenne Pertini – lo ha raccontato lui stesso pochi giorni dopo – ha fatto un salto tale da rischiare di cascare nel settore inferiore dello stadio.
Le immagini del nostro presidente, la pipa gelosamente custodita nella mano sinistra, che dice “Ora non ci riprendono più” incalza – per notorietà – l’esultanza di Tardelli.
C’è poi un breve filmato, meno noto ma forse ancora più struggente. Sull’aereo del ritorno dalla Spagna, con la coppa del mondo ben in evidenza, si è svolta una partita di scopa. I giocatori: la prima coppia era formata da Pertini e da Dino Zoff, l’altra dall’allenatore Enzo Bearzot e da Franco Causio (Zoff e Causio, per i meno avvezzi al calcio, erano due giocatori della Nazionale).
Per pochi secondi si vede Pertini che accusa, con tono aspro, Bearzot di aver giocato male una carta. E, a rendere ancor più meravigliosa la scena, Bearzot si difende dall’accusa rispondendo prima in dialetto friulano e poi traducendo in italiano.
Niente di più bello: in quella scena la provincia si è eternata in qualcosa di metafisico.
- Trellini, Piero (Autore)
Le altre immagini
La finale dei Mondiali del 1982 è, insomma, anche un corredo di immagini e filmati emblematici.
Che catturano una certa italianità ruspante, in cui si mescolano coraggio, spregiudicatezza e la capacità di trarre quasi più del massimo da ogni situazione.
Come dimenticare, ad esempio, la maschera di Dino Zoff, il nostro portiere, impassibile in ogni contesto? O il giovanissimo Beppe Bergomi che, schierato titolare a sorpresa, si era fatto crescere i baffi per sembrare più anziano? Oppure la zazzera pasoliniana di Bruno Conti, o ancora la figura allampanata di Alessandro “Spillo” Altobelli, che pareva quasi uscito da un fumetto di Andrea Pazienza? O lo sguardo poliziottesco del rude Claudio Gentile, capace di annullare (oltre che di riempire di botte) due campioni del calibro di Maradona e Zico?
Insomma: Italia-Germania è stato un trionfo sportivo e mediatico, che in qualche modo ha cambiato il modo di interpretare i grandi eventi sportivi.
Oh, nel corso dell’articolo non abbiamo nemmeno mai detto il risultato della partita. E continuiamo a non dirvelo, perché è la cosa meno importante di quell’11 luglio 1982.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API