Dopo la spinosa questione di Meta che vieta ai dipendenti di discutere dell’aborto, torniamo ancora una volta a parlare dell’argomento. Di recente, infatti, un gruppo di legislatori democratici statunitensi hanno chiesto a Google di fermare la raccolta dei dati relativi alla localizzazione degli smartphone appartenenti a donne che hanno scelto di abortire. Il motivo? I dati stessi permetterebbero di identificare queste persone, violandone di fatto il diritto alla privacy.
Google: i democratici chiedono di non raccogliere la posizione delle donne che scelgono di abortire
C’è grande subbuglio negli Stati Uniti sul tema dell’aborto. La Corte Suprema sta pensando di ribaltare la sentenza che garantisce l’accesso all’aborto a livello nazionale, generando preoccupazioni praticamente ovunque. In questa situazione, un gruppo di democratici ha chiesto a Google di fermare la raccolta di dati privati di donne che scelgono di abortire. “Siamo preoccupati che, in un mondo in cui l’aborto potrebbe essere reso illegale, l’attuale pratica di Google di raccogliere e conservare ampi archivi di dati sulla posizione dei telefoni cellulari consentirà di diventare uno strumento per gli estremisti di estrema destra che cercano di reprimere le persone che cercano assistenza sanitaria“.
Così si legge nella lettera scritta dai senatori Elizabeth Warren e Bernie Sanders insieme ad altri 40 legislatori statunitensi, che hanno deciso di spedirla a Sundar Pichai, CEO di Google. Con l’occasione, i democratici hanno anche fatto una netta distinzione tra l’atteggiamento di Google e quello di Apple. “Apple ha dimostrato che non è necessario che le aziende di smartphone conservino database di tracciamento invasivi delle posizioni dei loro clienti. La scelta intenzionale di Google in tal senso sta creando un nuovo divario digitale, in cui la privacy e la sicurezza sono diventate un lusso“. Insomma, la privacy degli utenti prima di tutto. Soprattutto in caso di aborto.