La scorsa settimana abbiamo discusso di cosa voglia dire Hot Hatch e quali siano le caratteristiche che meglio definiscono le compatte sportive. Da oggi comincia invece un viaggio tra le migliori “piccole bombe” degli ultimi decenni, partendo dalle migliori hot hatch degli anni ’70. Bentornati ad Auto For Dummies, la rubrica che spiega il mondo dell’automobile in maniera semplice, e oggi si parla di emozioni… tascabili. Pronti?
Autobianchi A112 Abarth, la piccola arrabbiata “punta” dallo Scorpione
Non possiamo che cominciare il nostro viaggio da un’auto che viene spesso dimenticata dalla stampa internazionale: Autobianchi A112 Abarth. Se si parla di compatte sportive anni ’70 lei deve entrare di diritto nella lista. Anzi, da certi versi è lei la prima Hot Hatch di sempre. Il debutto della A112 Abarth è infatti datato 1970, con l’arrivo della prima vettura “punta” dallo Scorpione di Karl Abarth a trazione anteriore.
Basata sulla Autobianchi A112 del 1969 e prodotta fino al 1985, per quasi 20 anni è stata la risposta italiana alla Mini, a cui si ispirava tentando di migliorare ulteriormente la formula vincente della piccola inglese. Dedicata a giovani e al pubblico femminile, A112 puntò ad offrire un divertimento di guida pari se non superiore a Mini, lanciata 10 anni prima, con un confort, una qualità e uno spazio interno ancora superiore.
A112 convinse tutti con una guida spigliata e un’estetica ancora oggi splendida, ma è con le versioni Abarth che è diventata davvero un’icona. Nelle sette (!) serie che si son susseguite in 15 anni di carriera, il motore è rimasto sempre lo stesso FIAT Serie 100 4 cilindri, nato con la 600 del 1955 di cui abbiamo già parlato in una puntata di Auto for Dummies sui motori più longevi di sempre. Prima ci fu la versione da 982 cm3 e 58 CV, nota come 58 HP, e poi la più nota versione dotata del motore maggiorato a 1050 cm3 e 70 CV, la 70 HP.
Entrambe le versioni, in tutti i 15 anni di carriera, regalavano al guidatore un’agilità incredibile e dei cambi di direzione fulminei, grazie al peso ridotto a soli 690 kg a secco. Le prestazioni? Brillanti anche per gli standard odierni: la terza serie 70 HP del 1975 è in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in 12,5 secondi. Il telaio e le sospensioni molto più moderne di MINI la rendono ancora oggi incredibilmente al passo coi tempi dietro al volante, dando una sensazione di modernità per certi versi inaspettata. La sua agilità e frizzantezza era poi perfetta nei rally. Il Trofeo A112, disputato dal ’77 all’84, fu una palestra per i migliori piloti di rally degli anni ’70 e ’80, come Attilio Bettega o Gianfranco Cunico.
La prima Hot Hatch all’italiana, una delle prime Hot Hatch anni ’70, e il primo vero esempio di cosa una piccola auto leggera a trazione anteriore fosse capace di trasmettere alla guida. Una vera e propria pietra miliare dell’automobilismo italiano e non solo, e anche le quotazioni lo dimostrano. Ormai servono almeno 8-10 mila euro per un esemplare in buone condizioni, con le migliori 58 HP prima serie che arrivano a toccare i 20 mila euro.
VW Golf GTI, La Hot Hatch anni ’70 per eccellenza
Dalla A112 passiamo a un’icona mondiale, LA hot hatch anni ’70 per eccellenza, colei che ha portato al successo questo segmento e lo ha fatto conoscere al grande pubblico: Volkswagen Golf GTI. Parliamo ovviamente della prima serie, la Mk1, lanciata nel 1976 e nata con una genesi molto particolare.
Nel 1974 Volkswagen lanciò la prima vettura totalmente nuova e staccata dal Maggiolino, Golf. Il successo della nuova compatta a trazione anteriore fu straripante, e i tecnici a Wolfsburg, impressionati dalle doti dinamiche di Golf, cominciarono a lavorare ad un prototipo di versione sportiva. I vertici della Casa non erano convinti a pieno del progetto, ma deliberarono la realizzazione di un prototipo. Con limitate risorse economiche, realizzarono con il motore preso da un’Audi 80 1600 GTE e con modifiche alle sospensioni e alla meccanica un’auto divertente e prestazionale. L’estetica poi prese due dettagli rimasti ancora oggi: la mascherina bordata in rosso e i sedili in tartan.
Dopo un anno di messa a punto, a metà 1976 venne lanciata la versione di serie di Golf GTI, con una produzione limitata a 5000 esemplari, viste le basse aspettative della dirigenza. I 5000 esemplari però vennero esauriti in meno di due mesi, tale fu il successo con il pubblico, letteralmente in visibilio per la piccola tedesca. E ciò che viene dopo è storia.
Del resto, Golf GTI Mk1 con i suoi 110 CV e il peso di 810 kg era un vero spasso da guidare, e con prestazioni davvero brillanti anche per oggi. L’accelerazione 0-100 km/h viene coperta in 9,2 secondi, con una velocità massima di 180 km/h. Alla guida poi GTI è agile, giocherellona, pronta e divertente, ma è capace anche di essere usata tutti i giorni, come una normale Golf 1.3. La prima hot hatch pragmatica e poliedrica, nonchè una delle più divertenti di sempre. Un’icona che rimane il punto di riferimento anche oggi, quasi 45 anni dopo. Anche per lei le quotazioni sono volate: trovare un’esemplare in ottime condizioni di Golf GTI Mk1 è molto difficile, con richieste che non scendono sotto i 15/20 mila euro.
Renault 5 Alpine, la francese con un bel caratterino
Da un’icona ad un’altra, questa volta un po’ offuscata dall’ingombrante tedesca. Quando si pensa alle Hot Hatch anni ’70 però non può che venire in mente anche lei, Renault 5 Alpine. Nata negli stessi mesi di Golf GTI, nel 1976, la piccola francese puntò alla stessa fetta di mercato della rivale tedesca. Ovvero offrire una vettura divertente da guidare ma utilizzabile ogni giorno, basata su un’auto apprezzata e scelta da tantissimi clienti in giro per l’Europa come la Renault 5.
Per realizzare la versione vitaminizzata di Renault 5 però la Régie non ha “fatto da sola”. Bensì si è affidata alle esperte mani di una Casa della sua orbita, la mitica Alpine. Ora la Casa di Dieppe è tornata alla ribalta dopo il suo approdo in Formula 1 e per la splendida A110, ma all’epoca Apine era forse ancora più famosa di quanto non lo sia ora.
La A110 originale vinse decine di rally europei e mondiali, nonchè il Campionato del Mondo Rally Costruttori nel 1973, mentre le soddisfazioni arrivavano anche dalle gare di durata, con la A442 che avrebbe vinto la 24 Ore di Le Mans nel 1978. Il marchio Alpine era quindi conosciuto e amato, e garanzia di un’auto sportiva con i fiocchi. Ed è infatti il risultato che si ottenne con Renault 5 Alpine. La base dell’eclettica Renault 5 non venne stravolta, ma sotto al cofano si trovava un 4 cilindri da 1.4 litri aspirato capace di 95 CV. Un numero più basso rispetto a Golf GTI, ma grazie al cambio a 5 marce e al peso ridotto la 5 Alpine era persino più veloce della tedesca, con uno 0-100 km/h da soli 8,5 secondi.
Alla guida poi le già apprezzate doti di agilità e maneggevolezza di 5 standard vennero ulteriormente perfezionate da una taratura delle sospensioni e del telaio parecchio spinte. Questi accorgimenti regalarono a Renault 5 una caratteristica poi comune a tutte le piccole bombe francesi. Renault 5 Alpine infatti aveva una spiccata tendenza al sovrasterzo, con il posteriore che scartava in maniera molto veloce in rilascio del gas. Un comportamento dinamico molto divertente ma anche molto complesso da gestire se non si ha la giusta esperienza, col senno di poi diventato un vero e proprio trademark di ogni Hot Hatch alla francese.
Un comportamento nervoso ma molto gratificante che segnerà tutte le migliori Hot Hatch transalpine dopo di lei che vedremo nelle prossime settimane. Dopo qualche anno poi Renault 5 Alpine avrà un altro primato, ovvero diventando la prima piccola europea dotata di turbocompressore, diventando Renault 5 Alpine Turbo. Una caratteristica che la rese ancora più veloce ed estrema, arrivando poi fino al 1990 con l’erede su base Supercinque, la Renault 5 GT Turbo. La prima serie aspirata rimane comunque colei da cui è nata la stirpe, e per questo i prezzi sono tutt’altro che modici. Stiamo parlando infatti di quotazioni almeno a 4 zeri. Anche a causa della scarsa reperibilità di esemplari in buone condizioni, per una buona 5 Alpine aspirata servono ben più più di 10.000 euro.
Talbot Sunbeam Lotus, l’Hot Hatch a trazione posteriore e col motore di una vera sportiva
La quarta partecipante della nostra lista di Hot Hatch anni ’70 vola in Inghilterra, o meglio in America… o forse in Francia? Comunque, parliamo della travagliata Talbot Sunbeam.
Nata come Chrysler Sunbeam, la compatta americana altro non era che una versione accorciata e ammodernata della poco apprezzata inglese Hillman Avenger. Dalla media della ormai defunta Casa inglese, Sunbeam eredita una base meccanica molto antiquata, ma anche un pregio inestimabile: la trazione posteriore. Una vera rarità tra le piccole compatte.
La tentazione di lanciare una Hot Hatch è davvero troppo forte, contando la presenza della trazione posteriore. Chrysler allora cominciò a parlare con lo specialista Lotus, da sempre alla ricerca di fondi per le sue avventure in Formula 1 e disponibile a mettere a disposizione il suo know-how per la creazione di modelli di indubbio valore, come fu per l’eccellente Ford-Lotus Cortina. Nel 1978, però, prima che potesse concludersi la trattativa, Chrysler cedette la sua filiale europea a Peugeot. La Casa francese rinominò la Sunbeam sotto il suo rispolverato brand Talbot, e concluse le già avanzate trattative con Lotus. Nacque così la Talbot Sunbeam Lotus.
A livello interno, estetico e di caratteristiche riguardanti confort e qualità, Talbot Sunbeam era un passo o due indietro rispetto a Golf e ad altre rivali. Grazie alla sua trazione posteriore, però, e ad un telaio sorprendentemente rigido e preciso, i tecnici Lotus fecero un capolavoro. Sulla bella base meccanica di partenza, vero punto di forza di Sunbeam, Lotus modificò sospensioni, freni, sterzo e telaio. Anche il cambio era un manuale tedesco ZF a 5 marce con prima in basso, noto in inglese come dogleg gearbox. Dove però Lotus calò l’asso è sul motore. Al posto dei motori Hillman-Chrysler, sotto il lungo cofano di Sunbeam trova posto il 2.2 bialbero aspirato da 155 CV direttamente preso dalla sportiva Esprit.
Un motore potente e con tanta coppia, capace di rendere la Lotus Sunbeam una vera sportiva, in grado di esibirsi in derapate da urlo e di avere prestazioni da compatta sportiva odierna (0-100 km/h in 7,4 s, 195 km/h di velocità massima). La base di partenza poi fu perfetta per la versione da rally, capace di oltre 230 CV. Guidata dal compianto campionissimo Henri Toivonen, la Lotus Sunbeam riuscì a vincere il Campionato del Mondo Rally costruttori del 1981.
La sua rarità rende darle una valutazione molto complesso, e in ogni caso si parla dell’auto più costosa in lista. In Inghilterra, dove è più diffusa, per un esemplare perfetto servono più di 30 mila sterline. In Italia, a patto di trovarne una, il prezzo può oscillare tra i 30 e i 40 mila euro. L’esclusività e un palmares così si paga caro…
Lancia Beta HPE, l’outsider delle Hot Hatch anni ’70
Chiudiamo il nostro viaggio tra le Hot Hatch anni ’70 con una vera e propria outsider: Lancia Beta HPE. Si perchè Beta HPE è una “bestia” strana, un po’ coupè un po’ hatchback un po’ station wagon. Sono stato indeciso fino all’ultimo se inserire lei, la Simca 1100 TI o l’Alfa Romeo Alfasud Sprint, ma alla fine l’eclettica HPE ha vinto la sfida.
Perchè? Per prima cosa, perchè è un’auto particolare, audace e unica, in pieno stile Lancia dei tempi d’oro, e penso che per tutti quelli tra voi che associano Lancia solo agli ultimi anni di Ypsilon faccia bene sapere cosa significasse Lancia qualche decennio fa. Inoltre, Beta HPE è una vera e propria anticipatrice del concetto di crossover. Unisce infatti l’esperienza di guida di una coupé con le linee di una wagon ma con lo spazio e la praticità di una compatta a due volumi. La linea è davvero unica, con il tetto spiovente al posteriore, l’altezza risicata e l’amata-odiata veneziana sul lunotto posteriore. Fu scelta questa soluzione per evitare il surriscaldamento dell’abitacolo a causa dell’amplissima vetratura senza però rovinare la visibilità posteriore. Una scelta strana e insolita, tipica delle Lancia dell’epoca.
Basata sulla contemporanea Beta Coupè, la HPE offriva 5 posti, 4 effettivi, e un bagagliaio davvero capiente dotato persino di sedili ribaltabili separatamente, una chicca avanti con i tempi. Beta HPE riusciva ad unire praticità e spazio con un’esperienza di guida molto simile alla Beta Coupè. Quindi non si parla di assetto affilato, sterzo precisissimo o di handling da sportiva, bensì di una Gran Turismo.
Una guida quindi comoda e rilassante, ma capace di emozionare e tirare fuori le unghie quando richiesto. I motori disponibili infatti erano un 1600 da 100 CV, un 1800 da 109 CV e dal top di gamma 2000 da 120 CV. Tutti e tre i motori riuscivano grazie al peso ridottissimo a regalare un’esperienza di guida veloce e divertente, che con il 2.0 diventava quasi esuberante. Questo infatti era capace grazie anche al peso di soli 1060 kg di spingere Beta HPE oltre i 180 km/h.
La particolare coupé-wagon torinese venne prodotta dal 1975 fino al 1985, dal 1981 con il nome di HP Exectutive. Negli ultimi anni di produzione, infine, ricevette anche un 2.0 dotato di compressore volumetrico, la mitica Volumex, capace di 135 CV e di superare i 200 km/h. Ma qui sforiamo negli anni ’80: nonostante la sua stranezza, Beta HPE merita un posto tra le migliori Hot Hatch anni ’70.
Qual è la vostra Hot Hatch anni ’70 preferita? Alla prossima puntata per gli anni ’80!
Con la eclettica Lancia, chiudiamo il nostro viaggio tra le 5 migliori Hot Hatch anni ’70. Di certo ci sarebbero altre contendenti meritevoli di far parte della lista, e sicuramente non sarete d’accordo su tutte le nostre scelte. Queste però sono le nostre preferite: si sa, il mondo è bello perché è vario, no? Allora fateci sapere qui nei commenti o sui nostri canali social qual è la vostra Hot Hatch anni ’70 del cuore, siamo davvero curiosi di saperlo.
Anche per oggi, Auto for Dummies finisce qui. Ci vediamo venerdì prossimo per la puntata sulle migliori Hot Hatch degli anni ’80. Pronti a mettere il turbo? Ci vediamo sempre qui su techprincess la prossima settimana! Ciaoo!
- Regalo perfetto per fagottisti, fiati, doppi giunchi, fanatici della banda, fagottisti e musicisti d'orchestra.
- Ottima idea regalo per uno studente della band. Indossatela per le prove della banda, l'orchestra, i concerti, i...
- Leggera, taglio classico, maniche con doppia cucitura e orlo inferiore
- Earth, Wind & Fire- Greatest Hits, Vol. 1 (1978)
- Universal Music
- Musica
- CD o Vinile
Non perderti le ultime puntate di Auto for Dummies!
Lo sapevi? È nato il canale di Telegram di techprincess con le migliori offerte della giornata. Iscriviti qui!
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API