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Il negozio di dischi che non c’è più

Da giovanissimo il negozio di dischi sotto casa è stato un punto di aggregazione che non dimenticherò mai.

I punti di riferimento, questo è quello di cui hanno bisogno le persone. Lo diceva sempre il mio professore di filosofia alle Superiori. Quale luogo migliore di un negozio di dischi per un appassionato di musica?

Il negozio di dischi dopo l’oratorio.

Dopo qualche anno di oratorio la passione per la musica diveniva sempre più viva. In maniera quasi istintiva il negozio di dischi divenne il mio punto di riferimento.

Erano i primi anni Novanta e mentre un grande Max Pezzali sbancava con la morte dell’uomo ragno, c’erano un paio di gruppetti niente male chiamati Nirvana e Alice In Chains che avevano tirato fuori un nuovo genere, proprio forte, che tutti chiamavano Grunge. Il Rock, per la miseria, non era morto, aveva solo cambiato nome!

I primi passi in un negozio di dischi

All’epoca non c’era Shazam e le radio avevano la manovella e, quando funzionava, ti indicava a malapena la frequenza di trasmissione.

C’era quella canzone che passavano di continuo e di cui non riuscivo mai a segnarmi il titolo. Tutti la cantavano ma nessuno ricordava come si chiamasse!

Così, armato di tanto coraggio, e con la faccia paonazza entro in quel negozio di dischi proprio dietro casa. Aspetto che non ci sia nessuno e timidamente dico, a quel che mi sembrava un signore di una certa età (non aveva neanche quarant’anni): “Senta, ho ascoltato una canzone che fa cosi”. Inizio a cantare il ritornello di Losing My Religion dei REM. Il signore, che poi scoprii chiamarsi Michele, mi guarda e mi dice: “Quanti anni hai?” io rispondo timidamente: “Guardi ne ho dodici“. Mi guarda sorridendo e mi risponde: “Sei forte, dodici anni i REM, senza considerare che sentendo come canti (da schifo) doveva piacerti proprio tanto questa canzone per metterti addirittura a cantarla!”

Prende l’album, mette su il CD nel suo impianto Pioneer con diffusori RCF (ancora me lo ricordo!) e ascoltiamo qualche brano. Lo compro, mi fa un po’ di sconto, probabilmente intenerito dalla mia giovane età e mi presta una copia della rivista Mucchio Selvaggio.

Eravamo quattro amici al bar, anzi no, al negozio di dischi.

Inutile dirvi che di lì a poco, quasi tutti i pomeriggi facevo tappa fissa in quel negozio.

Non ero un gran chiacchierone ma l’aria di serenità e la voglia di rilassarsi ascoltando musica e staccare la spina dal tram tram quotidiano faceva di quel posto la nostra isola felice.

Oltre a Michele, con i suoi orari “elastici”,(potevi trovarlo chiuso alle 10 del mattino e aperto alle tre di notte) la combriccola era formata da un gruppo a dir poco eterogeneo di persone.

C’era il gruppo dei “vecchietti”: Michele, Rocco e Sandro che avevano circa vent’anni più di me. Tre amici nati e cresciuti insieme, praticamente inseparabili.

Le nostre gemelle Kessler, due sorelle da circa 1,80 metri ciascuna, con un sorriso a 64 denti. C’era Paul, il saggio, che veniva a trovarci col suo cane Oblio.

Andrea, era il nostro critico musicale, una precisione chirurgica nell’analizzare ogni singola parola di ogni traccia. Mauro era invece la star del gruppo. Un giornalista abbastanza famoso nel panorama musicale oltre ad essere un grandissimo chitarrista. Ci raccontava delle sue serate con i grandi della musica mondiale e quando gli girava bene ci deliziava con qualche assolo di chitarra.

Persino la concorrenza era nostra amica! Eh si, perché a pochi metri di distanza sorgeva un altro negozio di dischi. Il titolare, Achille, detto Geronimo, era un altro membro della nostra comitiva. Ogni tanto chiudeva bottega e veniva a salutarci in compagnia degli occhi azzurri di Antonella. Tutto questo alla faccia delle regole spietate della concorrenza.

Sul calare della sera ci raggiungevano anche Roberto, Luca e Giulia. Mi sono dimenticato di Fabio che era probabilmente il primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. Quando eravamo tutti, aperitivo dal “Mazurka” e poi pronti per vedersi dopo cena. Tutti godevano della fiducia e del rispetto di tutti. Se Michele era impegnato e c’era un cliente in attesa, giravo dietro il bancone aprivo la cassa e mi improvvisavo cassiere. Insomma, un gruppo eterogeneo di persone che non aveva pregiudizi di età, opinioni politiche o altro. Il nostro unico scopo era condividere la musica. Che fosse su un CD o un concerto non importava. Ci fu poi chi, come Gianluca, della musica ne fece un vero e proprio lavoro.

Un luogo di aggregazione e condivisione.

Piano piano la crisi iniziò a sentirsi anche nel “nostro” negozio di dischi.

Inziarono a comparire i primi telefonini sugli scaffali. Si iniziava a capire che la musica come l’avevamo intesa fino a quel momento, avrebbe avuto di lì a poco un brusco cambiamento. Oggi realtà del genere sono difficili da trovare, anche se il mare magnum di internet offre tanti spunti interessanti.

I vari servizi di streaming come Tidal, Quobuz e Spotify ti danno la possibilità di accedere a milioni di brani. Quello che però manca a questa realtà è la critica di Andrea, che ascoltava per giorni ogni singolo brano di un nuovo album, offrendoti spunti di riflessione. O ancora l’opinione tecnica di Mauro che commentava le scelte dei musicisti facendoti capire il perché di tante cose. C’era poi Michele, che, quando eravamo lì pronti a denigrare gli artisti più commerciali, ci ricordava sempre che era grazie a loro che poteva permettersi il lusso di acquistare il CD di quel gruppo super figo che probabilmente avrebbe venduto dieci copie in tutto il mondo.

Vabbè ma la morale qual è?

La morale non c’è, sono troppo giovane per queste cose. Una cosa però voglio dirvela, ho imparato a comprendere la musica tramite gli altri. Per questo voglio consigliarvi di condividere i vostri brani preferiti con chi vi circonda. Genitori, figli, parenti e amici. Più il gruppo sarà eterogeneo e più gli spunti saranno interessanti.

A proposito, come è o come era il “vostro” negozio di dischi? Ditecelo.

Mai, come in questa occasione, buona musica a tutti.

https://techprincess.it/dirt-tapes-ed-il-ritorno-delle-musicassette/
High Fidelity
  • Hornby, Nick (Autore)

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Francesco Taddei

Appassionato di musica fin da bambino, con una grande passione per l'alta fedeltà. Adoro la tecnologia e tutto ciò che la circonda. Da sempre fautore della "casalinga di Voghera" cerco di dialogare con le persone parlando in maniera semplice. Su Instagram trovi le mie peripezie giornaliere tra elettroniche e qualche tentativo (molto maldestro) di DIY audio.

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