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Case italiane scomparse: Iso Rivolta, dall’Isetta alle Granturismo | Auto for Dummies

Dopo le tre più grandi Case italiane scomparse di cui abbiamo parlato nelle ultime settimane, ovvero Innocenti, De Tomaso e Autobianchi, è il momento di conoscere anche quelle realtà un po’ più piccole ma che tanto hanno dato a questo mondo. Oggi è il turno della Iso Rivolta, una Casa lombarda piccola ma tosta. Partita da impianti di riscaldamento, è e finita a produrre delle Gran Turismo da oltre 300 CV, passando per la celeberrima Isetta. Bentornati ad Auto for Dummies, la rubrica di Techprincess che vi racconta la storia dell’auto italiana, e non solo. Pronti a scoprire un’azienda istrionica e coraggiosa?

La nascita di Iso Rivolta come… costruttore di caloriferi?!

Partiamo subito dalla genesi della Iso Rivolta, anzi, della Isothermos. Questo era infatti il nome della società alla sua genesi, negli anni ’30. Nata a Bolzaneto, nella Val Polcevera vicino a Genova, la Isothermos non produceva automobili né tantomeno altri mezzi di trasporto. Come fa intendere il nome, infatti, la Isothermos era attiva nel settore dei riscaldamenti e dei condizionatori, producendo caloriferi e refrigeratori elettrici.

Dopo un buon inizio commerciale, la Isothermos passa nel 1939 nelle mani di Renzo Rivolta, ingegnere milanese che decise di investire nel settore con un’azienda in buona salute nella vicina Genova. Nel 1940, però, la produzione civile si fermò bruscamente dopo l’entrata in guerra dell’Italia. In più, durante il secondo conflitto mondiale la fabbrica di Bolzaneto venne pesantemente danneggiata dai bombardamenti alleati.

In seguito al bombardamento subìto, Rivolta decise di spostare la Isothermos da Genova alla più vicina Bresso, alle porte di Milano. L’opificio della Isothermos di Bresso era però privo dei macchinari utilizzati per la produzione di sistemi di termoregolazione. Questo diede l’occasione a Rivolta di pensare al futuro della sua azienda. Nonostante il mercato di caloriferi e refrigeratori andasse bene prima della Guerra, infatti, in un’Italia devastata dai bombardamenti e dove bisognava ripartire quasi da zero i prodotti Isothermos non erano proprio i principali pensieri degli italiani. Per questo, Rivolta ebbe un‘illuminazione simile a quella di Innocenti che abbiamo conosciuto la volta scorsa: puntare sull’industria delle motociclette.

Dopo la guerra, i mezzi a motore: nascono l’Isoscooter e l’Isomoto

In un’Italia in ripartenza, infatti, la mobilità personale diventava finalmente fondamentale. Di conseguenza, le occasioni per gli imprenditori di prendere una fetta di un mercato in enorme crescita come quello dei motocicli. Proprio in quegli anni nascono infatti la Vespa di Piaggio, la Lambretta di Innocenti e altri scooter e moto capaci di motorizzare, ad un prezzo basso, le famiglie italiane.

In un clima del genere, anche Rivolta vuole una fetta di questo mercato in ascesa. La sua Isothermos quindi decise di lanciarsi nella produzione motociclistica. Al contrario di Innocenti, però, la Isothermos non aveva prodotto mezzi per l’industria bellica. Era perciò priva del know-how per progettare da zero una moto o uno scooter. Rivolta, così, acquisì nel 1948 i progetti e la piccola catena di montaggio della Officine Ottavio Quadrio di Milano, una piccola Casa indipendente che aveva appena progettato un innovativo scooter carenato, il Furetto. Venduto con lo stesso nome dalla Isothermos ma con i propri loghi, il Furetto fu il primo mezzo prodotto dall’azienda ora milanese. Con lui, l’Isothermos così iniziò ad acquisire esperienza e assumere ingegneri di livello.

Il Furetto, molto confortevole, facile da guidare e all’avanguardia per l’epoca, ma il suo motore 125 era fiacco. Il propulsore fu un tallone d’Achille determinante per lo scarso successo commerciale. Rivolta però non si diede per vinto, e capì il potenziale della sua azienda. Nel 1949, al fianco della ripartita produzione di caloriferi e frigoriferi, la Isothermos lanciò l’Isothermos Iso 125, conosciuto come Isoscooter. Questa moto leggera era dotata di un originale motore con cilindro sdoppiato, ovvero con due pistoni che condividevano la stessa camera di combustione, capace di comprimere in una piccola cilindrata un motore con due cilindri, e quindi più potenza.

Dalla base dell’Isoscooter la Isothermos propose anche una moto leggera, la Isomoto. Il successo di questi due modelli fu decisamente importante, e convinse la Isothermos a lanciare nuovi modelli. Nacquero così il motocarro Isocarro, la Iso GT e la Iso Sport, modelli più prestanti della Isomoto di base. Nel 1951, visto il successo della divisione moto, la Isothermos abbandonò la produzione di caloriferi e refrigeratori. Questo mise le basi per un cambiamento radicale dell’azienda, che passò anche per il nome, che da Isothermos passò semplicemente a Iso.

La rivoluzione… fatta da altri: Iso Isetta, flop in Italia e icona con BMW

La nuova Iso, quindi, si lanciò a capofitto sul mondo delle due ruote. Nacquero infatti l’Isomoto 200, una versione della Isomoto con un motore più potente da ben 9 CV. Sulla scia dei successi, ai motori a 2 tempi furono affiancati dei più moderni 4 tempi, e nacque anche un ciclomotore, l’Isociclo, che però ebbe scarso successo.

Nel 1957, la Iso presentò un nuovo modello, l’F/150, sviluppato inizialmente per conto di Maserati. Il successo di quest’altro modello mise a Renzo Rivolta un’idea per la sua Iso. Rivolta infatti voleva che Iso facesse un salto di qualità, riempiendo una nicchia che in Italia nessuno considerava. In Germania, infatti, divennero diffusissime le Bubblecar, automobili di piccolissime dimensioni e cilindrata che pagavano pochissimo di tasse e oneri, e permettevano ad un prezzo inferiore ad un’auto “vera” di avere un tetto, dei sedili e delle portiere.

Galvanizzato da quest’idea, Rivolta era deciso a creare una motocicletta con la carrozzeria di un’automobile. Un mezzo semplice e spartano, in grado di colmare il vuoto tra le moto e l’auto più economica d’Italia, la FIAT Topolino. La Topolino, che in sé incarnava questo spirito di ponte tra l’auto e la moto, era infatti ancora troppo costosa per la stragrande maggioranza degli italiani. Renzo Rivolta così si mise al lavoro per creare un’auto capace di costare come una moto ma offrire i confort di un’auto. Nel 1953, la Iso cambiò ragione sociale, diventando la Iso Autoveicoli, e Rivolta affidò il progetto a due ingegneri innovativi e fuori dagli schemi: Ermenegildo Preti e Luigi Raggi. Entrambi avevano le idee chiarissime sul progetto: bisognava partire dalla cellula abitativa. Attorno a questa, poi, avrebbero costruito la prima automobile Iso, la Isetta.

Per questo i due ingegneri optarono per una forma assurda, a uovo, larga in basso e stretta in alto. L’idea di Preti era infatti quella di realizzare una piccola bolla dove alloggiare due passeggeri, senza bagagliaio né portiere laterali. Il telaio era tubolare, le ruote posteriori quasi gemellate e il motore era il 193 cm3 a cilindro sdoppiato della Iso 200. La più grande particolarità della nuova vettura, però, era il frontale. L’intera parte anteriore era infatti il portellone d’accesso: occupava l’intero frontale includendo fari, parabrezza e persino la targa. Per permettere l’accesso ai passeggeri, poi, volante e piantone dello sterzo erano collassabili, e si spostavano solidali al portellone, mentre i pedali erano incernierati al pavimento, e il cambio era alla sinistra del conducente.

Da flop con Iso a successo con BMW

Nacque così la Iso Isetta, una delle automobili più strane e particolari della storia. Lanciata in pompa magna al Salone di Torino del 1953, la Isetta suscitò stupore. Un’auto che, in 2,2 metri, ospitava 2 persone comodamente, aveva il tetto in tela apribile e arrivava a ben 85 km/h. Il vero problema della Isetta era però il prezzo. La Topolino infatti, più adatta ai viaggi e più spaziosa, costava poco di più della Isetta, che non aveva un prezzo talmente basso da convincere la popolazione a sceglierla. Nonostante le versioni pick-up, cassonata e furgonata, la Isetta riscosse pochissimo successo in Italia. Nel primo anno, Iso produsse poco più di 1.000 esemplari. Un flop in patria per la microvettura milanese, che però cambiò il suo destino al Salone di Ginevra del 1954.

Durante la kermesse svizzera, infatti, la Isetta venne notata dai vertici della BMW. La Casa di Monaco in quell’edizione del Salone presentò la 502 V8, una vettura vetusta, zeppa di tecnologie degli anni ’30 e avente uno scarso successo commerciale. BMW sembrava ormai spacciata, incapace di vendere vetture come nel primo dopoguerra in una Germania distrutta. In un Paese in ginocchio, le auto di lusso non funzionavano, e BMW sprofondò in una enorme crisi economica. A farla da padrone infatti erano le microvetture, che grazie ad una speciale patente per le auto con cilindrata sotto i 250 cm3 erano accessibili anche ai lavoratori più umili. Visto questo progetto così innovativo e particolare, BMW cominciò le trattative con Iso e con Renzo Rivolta per produrre su licenza la Isetta. Rivolta, deluso per il flop della sua vetturetta, vide questa collaborazione con grande ottimismo.

La cessione della licenza di una sua creazione ad un nome illustre come BMW era motivo d’orgoglio, per lui e per tutti coloro che giudicavano la Iso con sufficienza. Alla fine del 1954, Iso cedette i diritti a BMW, che lanciò così la BMW 250. Chiamata comunque Isetta da tutti i tedeschi, la 250 sfoggiava un motore monocilindrico boxer da circa 13 CV, e dettagli estetici differenti. La ricetta, però, era la stessa, e riuscì a risollevare BMW. Lanciata anche in versione con sole tre ruote, la BMW Isetta fu un successo. Prodotta su licenza anche in Francia, Argentina, Brasile e Regno Unito, la Isetta è ancora oggi l’automobile con un solo cilindro più venduta della storia, con oltre 160.000 unità vendute. Grazie alla Isetta, BMW riuscì a tornare in piedi, e a ricostruire la Casa forte e amata in tutto il mondo che conosciamo oggi.

Il cambio di rotta: nasce la Iso Rivolta, e con lei le Gran Turismo un po’ americane

Il flop della Isetta lasciò Iso e il suo presidente Renzo Rivolta ad un bivio. L’Isetta originale infatti totalizzò poco più di 1.500 esemplari prodotti. Rivolta quindi capì di non poter competere con FIAT e altri colossi tra le microvetture, e anche le moto Iso erano ormai poco gettonate, sovrastate dai colossi Innocenti e Piaggio. L’accordo con BMW e il prestigio ricevuto da questo accordo però convinsero Rivolta che la Iso aveva un potenziale inespresso.

Nel 1956, quindi, la Iso cessò la produzione dell’Isetta, e pochi mesi dopo anche le motociclette vennero accantonate. E ora, cosa avrebbe fatto la Iso? La risposta è stupefacente: tutt’altro. La Iso infatti cambia nuovamente faccia, per la terza volta in un solo decennio. Da Isothermos, a Iso, a Iso Rivolta. Il presidente di Iso inserisce il suo cognome per imprimere un cambiamento enorme, che si rivede nelle auto che produce. Addio microvetture e moto, benvenute auto sportive. Il sogno di Rivolta era infatti quello di produrre delle automobili Gran Turismo con il suo nome, capaci di dare del filo da torcere alle mitiche Maserati o Ferrari.

Per farlo, Rivolta inizierà una collaborazione con un gigante dell’auto italiana, l’ingegner Giotto Bizzarrini. Nonostante Bizzarrini fosse però celebre come motorista, Rivolta lo ingaggiò per lo sviluppo di telaio, sospensioni e guidabilità. per i propulsori Iso Rivolta scelse di non fare un motore in casa. La Casa milanese infatti scelse i carismatici e affidabilissimi V8 Chevrolet. Gli otto cilindri americani, seppur un po’ grezzi e decisamente pesanti, erano a prova di bomba, ed erogavano tanti cavalli. I motori Chevrolet Small Block, poi, erano più leggeri e prestanti dei coevi V8 Ford. Con queste premesse, nel 1962 arrivò la prima Iso Rivolta, la GT 300. Chiamata poi, dopo poco, IR 300, era dotata di una linea elegante e raffinata disegnata dall’allora giovanissimo Giorgetto Giugiaro, appena assunto da Bertone.

Pensata come rivale della FIAT 2300 Coupé, il motore V8 e le finiture di altissimo livello la posero un gradino più su, a sfidare Alfa Romeo e le mitiche Maserati e Ferrari. Il 300 nel nome indicava i CV erogati dal 5.4 V8 Chevy, di derivazione Corvette Stingray, così come il cambio. All’interno, invece, legno e pelle la facevano da padrona, insieme a finiture eccellenti, vetri elettrici di serie e climatizzatore e radio a richiesta. A livello telaistico la creatura di Bizzarrini era poi molto raffinata, con un avantreno a doppi bracci oscillanti e un retrotreno con Ponte de Dion e Parallelogramma di Watt. Il risultato? Un’automobile comoda, veloce e stabilissima anche alle alte velocità. Capace di superare i 220 km/h (235 nella versione IR 340 con ben 340 CV), Iso Rivolta produsse ben 800 esemplari della sua prima Gran Turismo.

I tentativi di diversificare: le Iso Rivolta Lele e Fidia

Dopo il timido successo della prima Iso Rivolta, la Casa di Bresso decise di ampliare la sua offerta. L’idea fu del figlio di Renzo Rivolta, Piero. Il fondatore, infatti, morì nel 1966, lasciando il timone della Casa al figlio. Piero decise di utilizzare l’ottima base della prima IR 300/340, prodotta fino al 1970, per dare vita a modelli più moderni e accattivanti. Nacquero così tre nuovi modelli, piuttosto diversi tra di loro. Andiamo in ordine di vendite, partendo dalla meno fortunata, la Iso Rivolta Fidia. Lanciata nel 1969, si tratta di una berlina a quattro porte sportiva e dinamica, una vera rivale della Maserati Quattroporte.

Sotto il cofano trovò posto il classico Chevrolet da 5.4 litri con carburatore quadricorpo, mentre il telaio era lo stesso della IR 300: scocca in acciaio, freni a disco sulle quattro ruote con i posteriori entrobordo, sospensioni raffinate e servosterzo di serie. La Fidia era un’auto potente e veloce, ma la predominanza della Quattroporte unito al disegno di Ghia fin troppo conservativo ne limitarono le vendite, ferme a meno di 200 esemplari. Chi la scelse, però, se ne innamorò perdutamente, finendo per acquistarne diversi esemplari durante la produzione fino al 1974. Uno tra i più grandi amanti della Iso Rivolta Fidia è il mitico cantante dei Beatles John Lennon, che amava così tanto la Fidia da averne acquistate ben 3.

Leggermente più fortunata fu la Lele, lanciata nel 1968 e sostituta naturale della IR 300 che andò ad affiancare. Dotata di un disegno più squadrato realizzato da Marcello Gandini, designer di punta di Bertone. La sua genesi fu interessante: un cliente statunitense di Iso Rivolta, infatti, in visita alla fabbrica di Bresso vide il prototipo di Gandini e impazzì per averne una identica. La Casa allora si sforzò per realizzare un esemplare su base IR 300. Il risultato fu così apprezzato che venne poi lanciata la Lele di serie. Il nome? Un omaggio alla moglie di Piero Rivolta, soprannominata appunto Lele.

Il capolavoro e canto del cigno, la Iso Rivolta Grifo

Il quarto modello prodotto dalla Iso Rivolta è però quello più conosciuto e amato, ed è anche il secondo in linea temporale: la Iso Rivolta Grifo. Nata nel 1965, la Grifo si affiancò alla più elegante e matura IR 300 per unire il confort e l’affidabilità americana con il piacere di guida e lo stile italiano. Per questo, infatti, sotto il cofano c’era l’ormai obbligatorio Small Block Chevrolet V8 da ben 350 CV, mentre il telaio era quello, accorciato e alleggerito, della IR 300. Lanciata nel 1963 al Salone di Torino come A3 L Grifo, in onore del simbolo dell’azienda, il Grifone.

La Casa milanese poi si affidò di nuovo a Giorgetto Giugiaro, che realizzò una linea stupenda. Aggressiva ma elegante, con un frontale minaccioso e una coda elegante e sfuggente, perfetta unione tra l’aggressività americana e lo stile italiano. L’auto, poi, grazie alla meccanica magistralmente realizzata da Bizzarrini, era eccellente da guidare, con una velocità massima di 260 km/h e una stabilità ottima sia alle basse che alle alte velocità. La Grifo è il capolavoro della Iso Rivolta: bella, veloce e di successo. Ma fu anche l’auto che convinse Bizzarrini a lasciare la Iso Rivolta per aprire la sua Casa nella natia Livorno.

Il progettista toscano realizzò infatti la Iso Rivolta Grifo A3 C, “Corsa”. Grazie alla posizione anteriore-centrale del motore, molto in anticipo sui tempi, la Grifo A3 C era in grado di combattere ad armi pare con la leggendaria Ferrari 250 GTO, il capolavoro realizzato proprio da Bizzarrini per Ferrari prima della sua burrascosa separazione da Maranello. Renzo Rivolta, però, vedeva le corse come un mero strumento di marketing, mettendoci poco impegno. Bizzarrini allora non ci stette, e così lasciò la società nel 1964 per creare la sua Casa, la Bizzarrini. Il suo capolavoro, la 5300, fu poi ispirata nelle linee e nelle soluzioni tecniche proprio alla ottima Grifo A3 C. La sua migliore creazione per la Iso Rivolta, però, arrivò fino al 1974, collezionando oltre 420 esemplari.

La separazione da Chevrolet e l’errore fatale: l’ingresso in Formula 1 con Marlboro

Dopo degli ottimi anni ’60, Iso Rivolta vedeva con ottimismo agli anni ’70, che però si rivelarono, col senno di poi, fatali per la Casa lombardo-ligure. Con le buone vendite della gamma, che contava ben 4 modelli nel 1969, Iso aprì gli anni ’70 con il pensionamento della vetusta IR 300, mentre nel 1972 ci fu una separazione inaspettata. General Motors infatti, Gruppo americano di cui Chevrolet faceva e fa ancora oggi parte, cambiò la sua politica di fornitura di motori alle piccole Case.

Al contrario dell’acquisto dei singoli motori e al pagamento alla consegna, come fatto fino a quel momento, dal 1972 GM decise che i suoi motori andassero comprati in blocco, e pagati prima della consegna. Questo rese i motori V8 Chevy costosi e molto rischiosi da aquistare, in quanto in caso di vendite sotto o sopra le attese si rischiava di rimanere senza motori o con eccessi inutili. Dal 1972, allora, Iso Rivolta passò ai Ford Cleveland V8, usati anche dalle De Tomaso in Italia. Questi V8, come abbiamo visto due settimane fa, erano però pesanti e molto caldi, e meno validi dei motori Chevy. Questo creò non pochi problemi alla Iso Rivolta, che dovette lavorare per adattare le sue auto ai voluminosi motori Ford. Questo creò ritardi nelle vendite e un calo di prestazioni e guidabilità che colpì in negativo lea reputazione della Casa.

La Casa subì la concorrenza di Maserati, Ferrari e Aston Martin, nonché della coetanea Lamborghini, e per dare nuova linfa alla Casa Piero Rivolta decise di quotare la società alla Borsa di New York. Il vero colpo di grazia fu però l’avventura in Formula 1 intrapresa nel 1973. Siglato un accordo con Philip Morris e con il giovane team principal Frank Williams, già collaboratore di De Tomaso nell’avventura della Casa italo-argentina in F1 del 1970. Nacque così la Iso-Marlboro. La realizzazione di una vettura di Formula 1 ex-novo con motore Ford-Cosworth DFV fu estremamente dispendiosa, e i risultati in pista furono deludenti. Philip Morris abbandonò il progetto alla fine del 1973, così come Iso, con la scuderia che ottenne due soli punti. Williams riprese la sua squadra, rinominando la Iso-Marlboro IR la Williams FW, iniziando la nomenclatura che prosegue ancora oggi con le Williams FW43B di questo campionato..

Dopo la F1, il fallimento: oggi ad Iso Rivolta manca persino un museo

L’avventura in F1 fu fatale per la Iso Rivolta. Alla fine del 1973, l’italo-americano Ivo Pera rastrellò tutte le azioni dalla famiglia Rivolta, che si lanciò nella produzione di motoslitte, cedendo nel 1974 l’intera azienda al finanziere americano, che la rinominò Iso Motors. Durante il 1974, i debiti contratti per la Formula 1, l’impossibilità di arrivare con forza nel mercato statunitense e le vendite sempre minori portarono ad un’inevitabile conclusione: il fallimento.

Il 31 dicembre 1974 la Iso Rivolta chiuse, e con lei finirono la carriera anche la Grifo, la Lele e la Fidia. La famiglia Rivolta si reinventò, oltre che con le motoslitte, nella ORSA, una piccola Casa che produsse per pochi anni la SIATA Spring su licenza, una spiaggina da vacanza su base FIAT 850. Le auto, invece, non ritornarono più. Oggi il marchio Iso Rivolta è sparito, e manca persino un museo. Il Comune di Bresso ha infatti in cantiere dal 2008 il progetto di un Museo Iso Rivolta all’interno dei vecchi capannoni della Casa. Ma ad oggi, 13 anni dopo, ancora è tutto fermo.

Nonostante la sua storia sia stata davvero breve, Iso Rivolta è una Casa che ha dimostrato grande forza d’animo e voglia di credere nei propri sogni. In più, grazie al lavoro di ingegneri di talento, i suoi prodotti furono davvero ottimi. Dalla geniale Isetta alle splendida IR 300 e Grifo, Iso Rivolta è una Casa che ebbe un gran potenziale, ma che semplicemente non seppe mai sfruttare a pieno. Speriamo che almeno il museo possa un giorno nascere, per raccontare anche alle giovani generazioni il mito della Iso Rivolta. Anche per oggi noi ci fermiamo qui. L’appuntamento è alla prossima puntata di Auto for Dummies, come sempre ogni venerdì mattina qui su Techprincess. Ciaoo!

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Autore

  • Giulio Verdiraimo

    Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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