Le piazze italiane riempite da ragazzi che eseguono rigorose coreografie con un forzato sorriso stampato in faccia, i vestiti oltremodo eleganti indossati per proclamare il proprio status sociale e non destare sospetti, la sensazione di essere costantemente osservati, analizzati e giudicati. Un ristorante in cui il titolare Luciano, veterano della prima guerra mondiale, può nascondersi dai fantasmi del suo passato e osservare dalle vetrate la vita e la storia che scorrono davanti a lui, con sfumature sempre più sinistre. Ci troviamo nella Ascoli Piceno del 1938, in piena era fascista e a un passo dall’approvazione delle leggi razziali. Ambientazione scelta da Giuseppe Piccioni per la sua ultima fatica L’ombra del giorno, film con protagonisti Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli in programmazione nelle sale italiane dal 24 febbraio, grazie a 01 Distribution.
La vita del protagonista Luciano e del suo ristorante, scelto come ritrovo da diversi funzionari fascisti, cambia nel momento in cui fuori dalla porta si presenta la giovane Anna, alla disperata ricerca di un lavoro. Seppur riluttante, Luciano concede alla donna una possibilità, immediatamente ripagata dalla sua professionalità e dal suo impegno. Con il passare delle giornate, i due entrano sempre più in confidenza. Parlando con Anna della situazione politica italiana, Luciano intuisce che la donna cela un doloroso segreto, che deflagra proprio nel momento più inaspettato. Mentre il clima sociale si inasprisce sempre di più, anche a causa dell’alleanza fra Italia fascista e Germania nazista, Luciano è costretto a rivedere tutte le sue convinzioni per via dell’esperienza di Anna, a cui è legato da un rapporto sempre più forte.
L’amore ai tempi del fascismo
Il maggior pregio de L’ombra del giorno è la capacità di ricostruire, senza retorica e sentimentalismo, la rarefatta atmosfera di un’epoca nera della nostra storia, governata da un clima di diffidenza e sospetto volto a inquadrare come nemico del regime chiunque non fosse in linea con i dettami del fascismo. Un’abilità che Giuseppe Piccioni mette in luce fin dai tempi del suo esordio Il grande Blek, anch’esso girato nella sua Ascoli Piceno, e che attraversa tutta la sua filmografia. All’interno di questa cornice si sviluppa una storia d’amore che, grazie anche alla buona prova degli interpreti, riesce a tenersi lontana dagli stereotipi e a diventare parte integrante della descrizione dell’Italia del periodo, in cui era difficile per chiunque, e in particolare per una donna non allineata al regime, fare sentire la propria voce.
Nonostante il taglio di circa un’ora di girato dal primo montaggio, la narrazione de L’ombra del giorno è però decisamente ipertrofica e tende a disperdere molti buoni spunti di partenza, soprattutto per quanto riguarda i personaggi secondari. In particolare, dal momento in cui il passato di Anna torna prepotentemente a bussare alla sua porta, si perde di vista il cuore del racconto, cioè il rapporto fatto di silenzi e imbarazzi dei due protagonisti, e ci si concentra soprattutto sui travagli interiori di Luciano, in bilico fra la sua personale ammirazione per il regime (a cui attribuisce il logoro adagio della realizzazione di grandi opere pubbliche “dove prima c’erano solo malaria e miseria”) e gli effetti del fascismo sulle categorie oppresse, sempre più evidenti ai suoi occhi.
L’ombra del giorno: disobbedire a una legge sbagliata a volte è un obbligo
L’ombra del giorno finisce cosi per sfilacciarsi lungo più di 2 ore di durata (un’ulteriore sforbiciata avrebbe probabilmente giovato) e per poggiarsi solamente su alcuni notevoli picchi emotivi, come l’esecuzione di Parlami d’amore Mariù da parte di un’angosciata Anna, le raggelanti apparizioni dell’Osvaldo di Lino Musella, in cui a tratti riecheggia l’Hans Landa di Bastardi senza gloria, e le scene più concitate dello scantinato del ristorante, dove si celano e riaffiorano segreti. Anche dopo l’epilogo, toccante e sfumato, resta però la sensazione di avere toccato con mano, dal punto di vista comunque privilegiato del ristorante di Luciano, il potere disumano e annichilente del fascismo, insieme ai tanti piccoli gesti di eroismo che hanno aiutato molte persone a resistere ed esistere.
Insieme alla storia spezzata di Anna e Luciano si insinua così nell’animo dello spettatore la frase chiave de L’ombra del giorno, pronunciata dal compianto Antonio Salines, a cui è dedicata l’opera: disobbedire a una legge sbagliata a volte è un obbligo. Un insegnamento di vita che, soprattutto in un momento in cui le vere privazioni della libertà stanno purtroppo occupando le pagine di tutti i giornali del mondo, ci ricorda quali siano le reali priorità della società e le giuste ribellioni di cui rendersi protagonisti.
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