Più che parlare di come è cambiata la macchina fotografica dovremmo malinconicamente ricordare com’era, dal momento che oggi è stata sostituita dalla fotocamera degli smartphone. E ormai viene utilizzata quasi solo da professionisti, amatori appassionati o – in alcuni modelli vintage – dai romantici desiderosi di collezionare oggetti di modernariato.
Ma tracciamo il profilo storico di un oggetto capace di regalare ricordi di momenti lieti, di immortalare avvenimenti spesso con più chiarezza ed efficacia di pagine di saggi o reportage giornalistici, e negli esiti più alti di regalare opere d’arte immortali.
Fotocamera o macchina fotografica?
Come sempre, partiamo dalla definizione.
Dicono bene i produttori di smartphone, quando spiegano che quel determinato prodotto ha tra le altre funzionalità quella specifica fotocamera.
Perché è proprio fotocamera il nome più preciso per indicare lo strumento ottico per la ripresa fotografica. O, volendo, apparecchio fotografico. Ma da decenni ha fatto presa il più colloquiale macchina fotografica, e anche noi la chiameremo così: ci sono problemi peggiori.
Gli antenati della macchina fotografica
Se è vero che risalgono ad Aristotele i primi ragionamenti sui materiali fotosensibili, e dobbiamo a Leonardo la definizione di camera oscura, è all’inizio dell’Ottocento che cominciano gli esperimenti col nitrato d’argento e ci si avvia di gran carriera alla creazione della fotocamera.
Per capire come è cambiata la macchina fotografica, due date che ne precedono l’invenzione sono fondamentali.
Una è il 1657, quando il gesuita Kaspar Schott inventa la camera oscura dotata di messa a fuoco, utilizzando due scatole, di cui una scorre dentro la prima. Muovendola avanti ed indietro, era possibile modificare la messa a fuoco dell’immagine.
L’altra è il 1685, quando il tedesco Johann Zahn concretizza in un certo senso l’idea della macchina fotografica Reflex. In pratica, aveva collocato all’interno di una camera oscura uno specchio a 45° che raddrizzava l’immagine proveniente dall’obiettivo e la proiettava dritta su un vetro smerigliato, su cui i pittori poggiavano la tela e disegnavano il paesaggio.
È a lui che, forse un po’ forzatamente, alcuni fanno risalire l’invenzione della macchina fotografica.
Il dagherrotipo
Per capire come è cambiata la macchina fotografica moderna occorre partire dal dagherrotipo. Si tratta del primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini, che però non sono ancora riproducibili. Lo ha realizzato il francese Louis Jacques Mandé Daguerre, sviluppando un’intuizione di Joseph Nicéphore Niépce, e lo ha presentato al pubblico lo scienziato François Arago nel 1839, all’Académie des Sciences e l’Académie des Beaux Arts.
La prima fotografia fissata in maniera permanente va però fatta risalire a 13 anni prima. Era il 1826 e l’autore è stato proprio Joseph Nicéphore Niépce. Si chiama Vista dalla finestra a Le Gras e tecnicamente è un’eliografia. Per realizzarla è stato utilizzato il nitrato d’argento, e c’è stato bisogno di un’esposizione al sole di 8 ore.
Lo sviluppo della dagherrotipia
Il dagherrotipo prevede invece una lastra di rame su cui si applica uno strato di argento reso sensibile alla luce con vapori di iodio. L’esposizione varia tra i 10 e i 15 minuti e lo sviluppo avviene tramite vapori di mercurio a 60 °C. Il fissaggio si ottiene infine con una soluzione di tiosolfato di sodio.
I tempi relativamente brevi di realizzazione del dagherrotipo daranno il via alla fotografia commerciale.
Verso la macchina fotografica moderna
L’Ottocento è un secolo ricco di invenzioni che ci spiegano come è cambiata la macchina fotografica sino ad arrivare alla moderna fotocamera.
Nel 1835 William Henry Fox Talbot crea il metodo chiamato calotipia, basato sull’uso di un negativo di carta: ecco la possibilità di creare svariate copie partendo da una matrice. Nasce così la fotografia digitale.
Invenzioni più o meno riuscite caratterizzano i decenni successivi, e si iniziano a teorizzare anche le fotografie a colori. Ma è il 1888 l’anno della svolta.
Tra Otto e Novecento
Per capire come è cambiata la macchina fotografica dobbiamo spostarci a Rochester, stato di New York, nel 1888. Lì nasce la Eastman Kodak Company, più nota come Kodak. E si presenta subito con un oggetto rivoluzionario: un apparecchio fotografico con una pellicola che permetteva di scattare sino a 100 immagini.
Da qui in avanti si va di corsa: nel 1891 il fisico francese Gabriel Jonas realizza la prima vera fotografia a colori da singolo scatto. Quattro anni dopo, con l’invenzione del cinema, si opera con pellicole da 35mm, che diventeranno la misura standard per la fotografia.
Tra il 1900 e il 1902 Kodak e Zeiss propongono i primi apparecchi per così dire entry level, accessibili anche economicamente al grande pubblico.
È del 1904 l’autocromia, per la produzione di foto a colori, e del 1912 l’otturatore Compur, che equipaggerà la maggior parte delle macchine fotografiche sino agli anni Cinquanta del Novecento.
Le Polaroid
Nascono intanto Nikon, Leica, Fuji, Canon, Minolta e altri grandi marchi.
Nel 1939 è la volta della Polaroid. Ma quella che identifichiamo col nome dell’azienda è in realtà la macchina fotografica istantanea, prodotta dal 1948. E tornata di grande attualità oggi, con modelli per adulti e per ragazzi dal sapore vintage.
Dalla fotocamera allo smartphone
Per esigenze di sintesi, ricordiamo solo alcune delle tappe fondamentali che mostrano come è cambiata la macchina fotografica nel secondo Novecento.
Nel 1959 irrompe sul mercato la Nikon F, reflex con mirini e ottiche intercambiabili, mentre nel 1963 Canon crea un prototipo di fotocamera in grado di mettere a fuoco da sola.
Kodak nel 1975 si aggiudica la prima foto digitale della storia. Ma la nascita della fotografia digitale è stata fissata al 1981, quando Sony produce la prima fotocamera digitale capace di memorizzare le immagini su un floppy disk.
Altro anno importante è il 2002: Nokia presenta il primo telefono cellulare con fotocamera integrato, il 7650.
Il resto è presente, o meglio futuro. Rappresentato da smartphone con fotocamere sempre più potenti e con strumenti di fotoritocco (un tempo si diceva post-produzione) sempre più raffinati.
Poi ci sono i perversi, che ogni tanto si possono incrociare per strada. Portano a tracolla una curiosa cassetta dotata di un cilindro che fuoriesce e si ritrae. Se si fermano all’angolo della via e guardano dentro la cassetta, non preoccupatevi: sono esseri innocui.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API