Hey, it’s Pam.
I’m fifteen.
Trying to lose my virginity. Anyway, here’s My Year of Dicks.
Non c’è spazio per l’ironia né per il sarcasmo. My Year of Dicks è un capolavoro: esilarante, intelligente, amaro, poetico, e molto personale. Dopo aver ricevuto numerosi riconoscimenti in diversi festival cinematografici internazionali, è stato nominato agli Oscar 2023 nella categoria Miglior cortometraggio d’animazione.
Tratto dal memoir di Pamela Ribon, Notes to Boys: And Other Things I Shouldn’t Share in Public (“Appunti sui ragazzi e altre cose che non dovrei condividere in pubblico”), il film è diviso in cinque capitoli, ognuno con il suo tono, il suo registro e un’impronta visiva differente. Veniamo traghettati nella vita di Pam, quindicenne che abita la periferia di Houston nel 1991: il film descrive nel dettaglio il viaggio di una ragazza per perdere la verginità, attraverso le esperienze che ha vissuto con cinque ragazzi, cinque momenti a volte grotteschi a volte tragici, a volte solo imbarazzanti.
My Year of Dicks si può guardare gratuitamente online su Vimeo.
Abbiamo avuto l’occasione di parlare del film con la regista Sara Gunnarsdóttir (Diario di una teenager, “The Case Against Adnan Syed”), artista islandese che ha creato animazioni, video musicali e opere d’arte originali per il cinema e la televisione. Nata e cresciuta a Reykjavik, in Islanda, dove ha conseguito il BFA presso l’Accademia islandese delle arti, mentre si esibiva con la sua band electro punk Donna Mess.
Com’è nata questa collaborazione con Pamela Ribon?
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Pamela Ribon ha pubblicato un libro nel 2014 intitolato Notes to Boys: And Other Things I Shouldn’t Share in Public (“Appunti sui ragazzi e altre cose che non dovrei condividere in pubblico”). Megan Reid di FX Network ha letto il libro e l’ha adorato e in seguito ha contattato Pam per adattarne una parte per l’animazione. Avevano un elenco di artisti o studi di animazione che forse potevano farlo con lei. Quando si è presentata l’opportunità di unirmi a Pamela Ribon nel ricreare le sue esperienze da adolescente nel Texas del 1991 l’ho colta al volo.
Qual è stata la sua considerazione iniziale quando ha pensato a come poter adattare il testo di Pamela Ribon?
Negli ultimi anni mi sono dedicata principalmente all’animazione con live action, soprattutto negli ultimi 10 anni. Ho lavorato tanto nel live action, sviluppando questo modo di lavorare in cui giro dei video in autonomia e mi auto riprendo, per guidare la recitazione e realizzare movimenti realistici.
Mi piace davvero lavorare in questo modo. E così è stato fatto in modo che l’animazione non contrastasse troppo con il progetto live action. Quindi ha questo tipo di tono molto naturale. Volevo costruire un mondo invitante e pittorico che riflettesse la sensazione di guardare indietro alla nostra adolescenza, pur rimanendo molto presente con la giovane Pam.
Con una base di animazione che ha un tono più naturale, abbiamo avuto molto spazio per spingere il linguaggio visivo, creando un netto contrasto tra il modo in cui vediamo l’evento e il modo in cui vediamo la reazione interiore di Pam. L’animazione ci permette di fonderci con la sua prospettiva e di metterci letteralmente nei suoi panni. E poi ho anche scoperto che quando fai questo l’animazione fa davvero il suo lavoro e l’impatto diventa più potente, quando la struttura è più naturale. Amo quei momenti di magia e poesia che l’animazione può creare e raccontare.
Quando ho letto la sceneggiatura di Pam ho pensato: “È come se potessi continuare a fare quello che ho sempre fatto. È perfetto!”. Perché il progetto è personale. È come se dovessimo fare in modo che Pam fosse Pam. Quindi ho avuto accesso al suo viso, certo al suo viso con qualche anno in più ma è proprio li. E poi, anche grazie al modo in cui sono abituata a lavorare, ho pensato: “Ok, faremo il casting e voglio chiedere agli attori di poter usare il loro look”. Volevo solo che li sentissimo come se fossero reali, e non personaggi. Le persone e i personaggi così non sarebbero stati la rappresentazione di una persona. Pur non essendo persone reali.
My Year of Dicks: la nostra intervista alla regista Sara Gunnarsdóttir
Pensi che l’animazione sia un prodotto che dia più libertà, più spazio alla propria creatività?
Sì, certamente. Penso che nel mondo del cinema l’animazione rappresenti la poesia. Quindi sì, lo penso davvero, ma sono anche una persona che non si dà limiti. Puoi essere solo un artista di animazione o puoi essere solo un’artista di live action. Penso che tutto questo possa convivere. E puoi usare il meglio di tutti i media.
Noi non vediamo solo la sua vita da adolescente ma è una finestra sulla sua interiorità e anche sul suo desiderio.
SÌ, questo perché l’animazione è molto viscerale. È la magia di quel mezzo che ti rende più facile da mostrare Pam e vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Il mio approccio all’animazione è sempre stato incentrato sulle emozioni delle persone e la scrittura di Pam ha aperto una porta per lavorare con la sua coscienza adolescenziale da una prospettiva profondamente personale.
Quel che si evince nel film è come l’animazione amplifichi l’immaginazione della protagonista con elementi fantastici e un mix di generi e stili sorprendenti. Come ad esempio i riferimenti al cinema horror, o in costume, o all’anime giapponese. Il film ha un’estetica abbagliante che non è affatto seconda ai temi. Come hai fatto a dare un senso a tutto e a lavorare per renderlo una struttura unica?
La struttura e il gioco con i generi erano ben presenti a livello di sceneggiatura. Quindi penso che Pam stesse giocando con questa idea, ovvero come gli adolescenti a volte abitino e vestano diversi personaggi e amano, cercano, combattono. La rappresentazione di Pamela di se stessa mentre vive l’amore e il sesso da adolescente è immediatamente riconoscibile. Abbiamo provato cose diverse e penso che il risultato sia stato brillante. Quando ho letto la sceneggiatura e stavo leggendo di questa diversa estetica per ogni capitolo l’ho trovato meraviglioso, con questo gruppo di animatori indipendenti che hanno uno stile meraviglioso tutto loro. E ho subito cercato di abbinare le persone giuste al tema e al capitolo.
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Quali sono i riferimenti e le ispirazioni che hanno condotto il film?
Per il capitolo The Vampire ci siamo ispirati al film svedese Lasciami Entrare, ma anche un sacco di classici come Intervista col vampiro, Carrie. Poi per il capitolo che ha un tema anime l’idea principale era Sailor Moon. E poi, naturalmente, nel secondo capitolo, Un Gros Penis, il film che viene proiettato in sala è Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (The Cook, the Thief, His Wife & Her Lover). Quel film è stilisticamente, visivamente forte, quindi sono stata molto felice di poterlo inserire. Quando c’è la scena in cui i personaggi entrano nel cinema è come se entriamo in quel film; e in quel film c’è la sala da pranzo rossa, il bagno bianco, la cucina verde, e poi una specie di blu fuori. Abbiamo giocato con i colori usando gli spazi, e reinterpretando a nostro modo il film.
Considerato il tema e l’importanza del film mi piacerebbe sapere da te come artista se percepisci un cambiamento nel mondo dell’intrattenimento, e secondo te come sta cambiando la considerazione della donna nell’industria del cinema?
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È una domanda importante. Penso che ci sia un cambiamento nell’industria dell’animazione. E penso che stiamo attivamente cercando di essere accettate di più come parte dell’industria cinematografica e non come una cosa separata. E poi l’animazione non è nuova, ha circa cento anni, ma gran parte della tecnologia che usiamo oggi per fare animazione è nuova. Quindi, in un certo senso, è come un nuovo media; sta attraversando una fase di rinascita e non ha più bisogno delle grandi macchine aziendali come la Disney per fare un bel lavoro. Ad esempio, ora ci sono artisti che definirei degli ottimi artisti che lavorano nell’animazione, e hanno solo un allestimento a casa loro e possono realizzare opere d’arte straordinarie nell’animazione da soli. E penso che questo sia abbastanza nuovo. E penso che tutti gli artisti che hanno realizzato questo film con me, tutti gli artisti dell’animazione siano quegli artisti.
Stiamo ancora cercando di capire a quale posto apparteniamo. Non apparteniamo alle belle arti. Non apparteniamo al cinema. E non ci sono molte piattaforme per noi; finiamo per fare belle opere d’arte, e poi vanno su Internet gratuitamente. Puoi trovarle se le cerchi davvero, ma non è nel mainstream. Ci stiamo lavorando. Penso che vedremo molti più lavori animati che non provengono dai grandi studi e sembrano molto simili a un’animazione affrontata in un modo diverso.
Quel che emerge dal film è quanto abbiamo bisogno di educazione al consenso ed educazione sessuale. Pensi che questo film possa provocare una discussione in tal senso? Ci speri?
Sì. Questo film è ambientato negli anni ’90, e quello di cui abbiamo parlato anche con Pam è come questa idea di parlare di consenso fosse piuttosto nuova allora, e come nessuno ne parlava. Ed è fonte di confusione non solo per le ragazze, ma anche per i ragazzi. Quindi quando eravamo adolescenti, eravamo così confusi e cercavamo di capire le cose e porci le giuste domande. Quindi penso a tutte le discussioni sul sesso, sull’educazione sessuale; penso che a volte dimentichiamo che dobbiamo imparare a comunicare gli uni con gli altri. Dobbiamo capire come comportarci l’uno con l’altro.
Pensi che le sfide che la protagonista vive nella sua adolescenza siano le stesse sfide che le donne di oggi e le ragazze di oggi si ritrovano ad affrontare nel loro quotidiano?
Spero che dimostri alle giovani donne che ci siamo passate tutte. Può essere difficile da capire, da vivere, anche solo spiegare come voglio essere considerata, e dire a qualcuno che non voglio essere trattata in un determinato modo. E solo vedendolo e forse rendendosi conto che compi la scelta di come vuoi essere trattata. Credo che la maggior parte delle donne guardi indietro alla propria adolescenza e veda le situazioni in cui si sono messe sotto una luce molto diversa. Sono felice di aprire il mondo delle ragazze adolescenti, e di condividere la loro umanità.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto iniziando un progetto con la regista di documentari Amy Berg, che sta girando un documentario su Jeff Buckley. Quindi farò un po’ di animazione con lei e con un paio di altri animatori. E poi io, Pamela e la nostra produttrice, Jeanette Jeanenne, stiamo cercando di trasformare My Year of Dicks in una serie. Quindi vedremo come va.
- Ribon, Pamela (Autore)
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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