OpenAI, nata nel 2016 come organizzazione no-profit, è oggi uno dei principali protagonisti del settore dell’intelligenza artificiale, con una valutazione di 157 miliardi di dollari. Questa incredibile evoluzione, che ha visto l’organizzazione evolversi da progetto scientifico a gigante commerciale, riflette un cambiamento profondo nelle sue strategie e obiettivi.
Dalla ricerca gratuita ai prodotti commerciali
Quando OpenAI venne fondata, dichiarò al fisco statunitense (IRS) che il suo obiettivo principale era promuovere l’intelligenza artificiale per il beneficio dell’umanità, senza cercare ritorni economici. Tuttavia, negli anni successivi, l’organizzazione ha intrapreso partnership commerciali e sviluppato prodotti di successo come il chatbot ChatGPT e generatori di immagini da testo come DALL-E, ampliando il raggio d’azione delle sue tecnologie.
In origine, OpenAI non prevedeva di creare prodotti commerciali. Infatti, nella sua richiesta al fisco, l’organizzazione affermava di non voler entrare in joint venture con aziende a scopo di lucro. Al contrario, oggi collabora con grandi imprese e sviluppa tecnologie in grado di risolvere problemi complessi attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale.
Le origini no-profit di OpenAI
Un altro aspetto rilevante è la struttura organizzativa. OpenAI è nata come no-profit, ma ha poi creato una sussidiaria a scopo di lucro per supportare il rapido sviluppo delle sue tecnologie. Liz Bourgeois, portavoce di OpenAI, ha dichiarato (via Japan Today) che, nonostante questa evoluzione, la missione dell’organizzazione rimane la stessa: sviluppare strumenti per aiutare le persone e condividere parte delle ricerche con il pubblico.
Gli esperti del settore legale, però, si interrogano su come queste trasformazioni rispettino i limiti imposti alle organizzazioni no-profit. Uno dei temi più delicati riguarda la gestione della proprietà intellettuale. In passato, OpenAI aveva promesso di rendere pubbliche le sue scoperte, ma oggi parte della sua tecnologia è di proprietà della sussidiaria a scopo di lucro. Questo cambio di rotta ha sollevato questioni etiche e legali.
Dal 2016, OpenAI ha superato di gran lunga le aspettative iniziali. Se all’inizio il focus era su algoritmi di gioco e robot per compiti domestici, oggi sviluppa sistemi di intelligenza artificiale avanzati capaci di interpretare emozioni, scrivere codice e creare contenuti testuali e visivi.
Il valore della proprietà intellettuale sviluppata da OpenAI è un punto cruciale per il futuro dell’organizzazione. Il CEO, Sam Altman, ha confermato a settembre che la struttura aziendale potrebbe essere modificata ulteriormente, segno che l’azienda sta valutando nuove strategie per gestire la crescita e l’evoluzione delle sue tecnologie. Parole, quelle di Altman, che arrivano proprio all’indomani di importanti dimissioni all’interno della società madre (ma anche padre) di ChatGPT.
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