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Come è cambiato: la privacy

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Come è cambiata la privacy nella storia?

Quando si è iniziato a fare attenzione alla riservatezza delle persone? E come il concetto stesso di privacy è mutato nel corso del tempo?

La privacy: una definizione (e la sua evoluzione)

Prima di scoprire come la privacy sia cambiata, è necessario definirla.

Ormai si adotta quasi esclusivamente il termine inglese, ma i due ineccepibili equivalenti in lingua italiana – riservatezza e (ancor meglio) privatezza – ci aiutano a capire di cosa si tratta.

La privacy è l’ambito della vita personale, privata, di un individuo, che costituisce un diritto e va quindi rispettata e tutelata.

Ma il concetto stesso di privacy è cambiato. Se un tempo era riferito solo alla sfera privata della persona, con l’evoluzione tecnologica sempre più rapida di questi ultimi decenni va oggi riferita anche al diritto al controllo sui propri dati personali.

Attualmente il termine privacy è quasi esclusivamente adoperato per indicare il diritto di ciascuno di controllare che le informazioni riguardanti la propria persona siano trattate solo in caso di necessità.

Essendo una definizione di ambito giuridico, ricordiamo (senza soffermarci sull’argomento) che in realtà il diritto alla privacy non è esattamente sovrapponibile al diritto alla protezione dei dati personali, né va confuso col diritto al segreto.

L’origine della privacy

Più che parlare di origine della privacy, che probabilmente è nata assieme all’uomo, è corretto individuare dove si sia iniziato a trattare l’argomento.

Si deve allora risalire sino all’antica Grecia, dove diversi trattati filosofici fanno riferimento al diritto alla riservatezza.

È di Aristotele una prima importantissima divisione: quella tra Polis e Oikos, ovvero città e casa. Ma non solo: con Polis si intende anche la sfera pubblica d’azione, la partecipazione alla comunità in veste di cittadino, mentre con Oikos tutto ciò che riguarda l’ambito domestico.

La nascita della moderna privacy

Bisogna però attendere l’età feudale per trovare un concetto di privacy simile a quello attuale.

È allora, infatti, che nasce la classe borghese, è con lei un bisogno di intimità che prima non era avvertito come così impellente. Scrive Stefano Rodotà in Tecnologie e diritti: “La possibilità di godere pienamente della propria intimità è un connotato differenziale della borghesia rispetto alle altre classi: e la forte componente individualistica fa sì che quella operazione si traduca, poi, in uno strumento di isolamento del singolo borghese all’interno della sua stessa classe”.

Con il feudalesimo e la formazione degli stati assoluti cresce l’attenzione alla sfera del privato, ma la privacy avrà la sua consacrazione (anche giuridica) dopo la fine del feudalesimo e con l’affermazione della borghesia.

Come è cambiata la privacy: una data cardine

Nel 1890 due avvocati statunitensi, Warren e Brandeis, pubblicano sulla rivista Harvard Law Review il primo articolo sul diritto alla privacy. Il testo si intitola The right o privacy e parla del “the right to be let alone”, cioè il “diritto a essere lasciato da solo”.

Quella dei due avvocati è una reazione alla diffusione piuttosto indiscriminata nei giornali dell’epoca di articoli, e soprattutto di fotografie, che riguardano (o ritraggono) singoli cittadini.

Inizia così la tutela giuridica di quello spazio di autonomia inviolabile che prende il nome di vita privata. E si rimarca anche la distinzione tra difesa della propria privatezza (la privacy, di origine statunitense) e la protezione dei dati personali, di matrice europea.

Verso il presente

In Europa, dicevamo, per buona parte del Novecento si parla ancora di protezione dei dati personali. Da chi? Dallo Stato.

È quanto emerge dall’articolo 2 della Costituzione italiana, del 1947. La cui prima parte recita: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

Gli fa eco l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 1950, sul “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”.

Prima di Internet

Nella seconda metà del Novecento si moltiplicano le norme sui dati personali.

La prima data da ricordare è il 1975, quando anche la nostra Corte di cassazione si adegua all’Europa affermando l’esistenza di un diritto alla riservatezza.

Nel 1978 la Germania Federale emana la prima legge nazionale per la protezione dei dati personali. E nel 1981 il Consiglio d’Europa adotta la Convenzione 108, uno dei più importanti strumenti legali per la protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati personali.

Siamo all’inizio degli anni Ottanta, e i computer stanno cominciando a entrare nelle nostre case.

L’Unione Europea e la svolta digitale

Nel 1992 si firma il Trattato di Maastricht e prende il via l’Unione Europea. Nasce inoltre l’area Schengen, ossia il sistema di libera circolazione delle persone e delle merci. 

Ecco quindi l’esigenza di una normativa quadro a livello europeo sulla protezione dei dati personali. Si adotta così la Direttiva 46 del 1995, sostituita nel 2007 dal trattato di Lisbona.

Verso il GDPR

Nel frattempo, è il 1996, l’Italia istituisce la figura del garante per la protezione dei dati personali, estesa poi nel 2000 a tutta l’Ue con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Si giunge nel 2016 all’adozione del GDPR, il regolamento generale sulla protezione dei dati, che si prefigge un duplice obiettivo. Il primo è quello di rafforzare la protezione dei dati personali dei cittadini dell’UE e dei residenti, sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Unione. L’altro è quello di semplificare e uniformare la normativa privacy nell’Unione Europea.

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Come è cambiata la privacy oggi

Oggi la tecnologia corre, e la nostra privacy è sempre più assediata (e in modi sempre inediti). Si pensi all’esposizione quotidiana dei nostri dati personali a ogni accesso alla Rete, fosse anche solo per un pagamento contactless. Oppure al ruolo spesso invasivo dei social o dell’intelligenza artificiale.

Per questo l’Unione Europea sta cercando di introdurre regolamenti al passo con i tempi. Uno tra tutti, la proposta di regolamento sull’intelligenza artificiale che la Commissione Europea ha presentato lo scorso 26 aprile.

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