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Ma che pubblicità è? E perché mi è comparsa?

Ci sono esperienze di tutti i giorni che diventano comuni a chiunque, facendo la fortuna dei comici di stand-up. Una volta si parlava dei problemi con la programmazione del videoregistratore o della matita per riavvolgere le audiocassette o del leggendario cibo terribile servito a bordo degli aerei. Oggi, tante di queste esperienze comuni avvengono sul web dove passiamo gran parte della nostra vita. E fra queste spiccano sicuramente le bizzarre pubblicità di Wish e compagni. A cosa ci riferiamo? Scopriamolo insieme.

Perché mi è comparsa questa pubblicità di Wish?

Stai scorrendo Facebook. Ti passano davanti gli amici che condividono le foto della vacanza in Grecia con l’hashtag #memories, i meme di quella pagina che segui, il cugino ‘strano’ che rilancia l’ennesima teoria del complotto e intanto – puf! – l’algoritmo ti butta fuori una inserzione. Nulla di strano in teoria, è proprio di questo che campano i social network, ma qui c’è qualcosa che cattura la tua attenzione.

Già, perché quei prodotti sponsorizzati sono davvero curiosi. Intanto perché ci metti qualche secondo a realizzare esattamente che cosa sono e come si usano. Guardi per un po’ il telefono e lo rigiri a testa in giù (operazione decisamente più complessa se stavi scrollando dal laptop o peggio dal fisso) per cercare la soluzione e alla fine comprendi. Ma al di là di questo c’è qualcos’altro che ti lascia perplesso: “Ma queste cose possono stare su Facebook?“.

Già, perché non è infrequente che il contenuto delle pubblicità di Wish (che citiamo solo a titolo di esempio, non essendo certo l’unica azienda ad attuare queste pratiche) abbiano un contenuto piuttosto ‘spinto’. Nulla che violi effettivamente le politiche dei social, ma sufficientemente audace da lasciare stupiti. E ai più sgamati sul mondo del web viene anche da farsi una domanda: “Cos’ho fatto per far pensare all’algoritmo che io sia interessato a questi contenuti?“.

Fermiamo subito i sensi di colpa e chiariamo una cosa: i cookies in questo caso non c’entrano. O meglio, non sono fondamentali. Proprio il fatto che sia un’esperienza comune e trasversale (confermabile con una rapida ricerca su Google), come dicevamo in apertura, è la testimonianza di ciò. Ed è proprio qui la chiave del mistero.

Il trucco più vecchio del mondo

Rileggendo il report dell’esperienza che abbiamo fatto qui sopra, salta all’occhio rapidamente il punto. “Cattura la tua attenzione“, “ci metti qualche secondo“, “guardi per un po’ il telefono“… Insomma, quello che le pubblicità di Wish e compagnia vogliono fare è attirarti, convincerti a fermarti a guardarle e, perché no?, magari spingerti a commentarle con gli amici.

E per fare tutto questo, sfruttano uno dei catalizzatori più potenti e di ampio appeal che esistano: il sesso. L’asso nella manica di qualsiasi autore pubblicitario, della cui presenza sono consapevoli tutti i giocatori al tavolo e che tuttavia riesce comunque a fornire la mano vincente quando necessario.

Il trucco più vecchio del mondo (un esempio dal passato? L’intimo Roberta), che funziona sempre anche se non è la soluzione migliore. Ci sono campagne pubblicitarie memorabili, che hanno fatto la storia di questo settore, che nulla hanno a che fare con questo tema. Dal 1984 di Apple alla recente rivisitazione di Epic Games fino ai toccanti spot natalizi di Coca-Cola o ai chiacchieratissimi asteroidi del Buondì nostrano, è l’idea giusta quella che davvero premia una pubblicità.

Ma la pubblicità di Wish è come una grande rete da pesca

Tuttavia, in un’ottica di minimo sforzo e massima resa, il sesso resta una scelta funzionale ad attirare l’attenzione del pubblico. Posso impegnarmi per creare uno storytelling raffinato e curato, che diventi poi un case study nei libri di comunicazione e faccia numeri da record. Oppure posso mettere una figura al limite del nudo e ottenere risultati leggermente meno impressionanti, ma facendo un millesimo della fatica.

È un approccio perfettamente coerente con la filosofia di questo tipo di compagnie. L’idea alla base non è creare prodotti specializzati da vendere a un prezzo premium a un numero ridotto di clienti, ma anzi posizionarsi con cifre bassissime a un mercato il più ampio possibile. Per questo cercherò di catturare l’attenzione di un pubblico larghissimo giocando la carta più classica.

Insomma, per proseguire con le metafore, spostiamoci dal tavolo da poker al mare. C’è chi si apposta sul molo con la canna da pesca da professionista e le esche d’allevamento (esistono davvero!) per catturare un gigantesco marlin e chi porta il peschereccio in mare, getta una rete gigantesca e tira su tutto quello che rimane impigliato.

Dove porterà la lotta per la nostra attenzione?

Quello che diventa interessante chiedersi ora è dove andremo a finire ̶s̶i̶g̶n̶o̶r̶a̶ ̶m̶i̶a̶ ? La nostra società si fa sempre di più bombardata di pubblicità, che siano di Wish o meno, e questo sta avendo l’ovvia conseguenza di desensibilizzarci a esse. Le inserzioni ci scorrono addosso come acqua, con molto meno potere (prese singolarmente) di influenzare le nostre azioni rispetto al passato.

Di conseguenza si stanno sviluppando nuovi sistemi di promozione, più raffinati. Strumenti come il native advertising o il product placement esistono da tantissimo tempo, ma negli ultimi anni stanno guadagnando importanza. A questo si accompagna il fenomeno dell’influencer marketing, che porta a un nuovo livello i cari vecchi testimonial pubblicitari.

Parallelamente a queste soluzioni più elaborate, si trovano invece pubblicità come quelle di Wish, che puntano sulla sorpresa, sul cosiddetto shock value. Però il problema è che alla lunga il pubblico non si sorprende più ed è necessario alzare ancora l’asticella.

Forse è proprio quello che sta succedendo con le pubblicità che in molti riportano di aver visto su YouTube, dai contenuti che farebbero arrossire quelle di Wish. Chi scrive non le ha mai viste, ma a giudicare dai report sembrano proprio il passo successivo in questa direzione. E il fatto che apparentemente compaiano più frequentemente una volta disattivata la profilazione degli annunci non fa altro che confermare l’idea della rete da pesca.

E allora chissà, forse la profezia di Bill Hicks (una leggenda della stand-up, giusto per chiudere il cerchio con la riflessione in apertura) sullo spot definitivo si avvererà fra qualche anno. Se non sapete di cosa stiamo parlando, vi lasciamo qui il link, sperando che prima della visione non esca proprio una delle pubblicità in questione. Sarebbe troppo ironico, anche per i tempi in cui viviamo.

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Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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