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Un Raspberry Pi collegato al cervello, il computer del futuro?

Un progetto simile a Neuralink, ma con il mini-computer economico

I due ricercatori ldar Rakhmatulin e Sebastian Volkl hanno pubblicato uno progetto su una piattaforma per collegare i Raspberry Pi al cervello, creando una Brain-Computer Interface (BCI). Il progetto ricorda Neuralink, sviluppato dall’azienda di Elon Musk. Ma permette di abbassare i costi con il computer super-economico, facilitando la ricerca da parte di istituti e università.

Raspberry Pi si collegherà al nostro cervello

Già immaginata dalla fantascienza, la possibilità di controllare un computer solo con il cervello sta iniziando a diventare realtà. La tecnologia prende il nome di BCI: Brain-Computer Interface. Molti prototipi diversi sono in sviluppo, ma il concetto di base resta lo stesso. Una BCI decifra l’attività elettro-magnetica o metabolica del cervello per controllare un dispositivo computerizzato.

Le applicazioni di una tecnologia sono già attuali. Potrebbe servire per aiutare a comunicare e interagire con il mondo a persone con malattie degenerative, come la SLA. Oppure per chi ha subito traumi al midollo osseo e vuole uno strumento per controllare la sedia a rotelle. Ma le possibilità future sono ancora più enormi.

Nell’ultimo anno si è parlato molto di Neuralink, la società fondata da Elon Musk che ha iniziato la sperimentazione animale su questa tecnologia. Ma ldar Rakhmatulin e Sebastian Volkl hanno progettato una board chiamata PiEEG, basata su Raspberry Pi, che rende decisamente più economica la comunicazione fra cervello e computer.

raspberry pi bci cervello-min

Un progetto ambizioso, ma economico

La possibilità di sfruttare il computer più economico in circolazione per studiare le applicazioni di questa tecnologia potrebbe avere un impatto fondamentale sulla ricerca. Al momento, la BCI può essere studiata solo in centri di ricerca aziendali specializzati come quelli di Neuralink e poche altre aziende, oltre che nelle università che ricevono fondi da queste aziende. Progettare su Raspberry Pi invece permette di sviluppare applicazioni a qualsiasi università, che può poi presentare i propri risultati ai centri dove sperimentano le soluzioni con simulazioni, test animali e in futuro trial medici.

Rakhmatulin è noto nell’ambiente per aver sviluppato una torretta laser anti-zanzare con Raspberry Pi 3 B+ e una telecamera nella South Ural State University in Russia. Il tedesco Volkl lavora invece nel campo dell’intelligenza artificiale e reti neurali. Su arXiv spiegano che il progetto PiEEG utilizza C, C++ e Python per leggere segnali rilevati tramite un’elettroencefalografia.

Hanno testato la possibilità di leggere i segnali per muovere protesi ed esoscheletri, ma anche per controllare droni e robot. La scheda PiEEG può collegarsi facilmente a Raspberry Pi 3 o 4, ma i ricercatori spiegano che la parte complessa è isolare i segnali rilevati, tramite una schermatura elettrica.

I ricercatori hanno già annunciato il sito hackerBCI, dove venderanno le schede a un prezzo che promettono essere molto basso. L’idea è quella che la comunità di ricercatori mondiali, investendo poche decine o centinaia di dollari, può sostenere lo sviluppo di questa tecnologia futuristica.

raspberry pi bci collegamento al cervello neuralink-min

Un futuro dal grande potenziale

Il primo impatto di questa tecnologia sarà quello di aiutare le persone con difficoltà motorie e comunicative. Utilizzare gli impulsi del cervello invece che altre soluzioni, come il movimento degli occhi o delle labbra, permette di facilitare l’utilizzo di una serie di strumenti essenziali. Protesi, sedie a rotelle, e un domani anche sintetizzatori vocali e molto altro.

La possibilità di rendere queste tecnologie disponibili a un prezzo ridotto potrebbe facilitare lo studio di soluzioni da parte di istituti indipendenti e università, che potranno poi effettuare anche dei test con i pazienti.

Ma il futuro di questa tecnologia potrebbe non avere limiti. Al momento non possiamo che decifrare input elettromagnetici semplici. Un domani la nostra conoscenza dell’attività elettrochimica del cervello potrebbe arrivare a un punto in cui anche i segnali più complessi sono comprensibili. Il rilevamento potrebbe diventare meno invasivo e ingombrante. Le funzionalità della tecnologia aumentare fino a trasformarla nella modalità preferita per comunicare con le macchine.

Le incognite sono ancora moltissime e la strada da percorrere lunghissima. Ma se più studiosi hanno accesso alla BCI, potrebbe accorciarsi.

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Source
Tom's Hardware

Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, nerd da prima che andasse di moda.

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