Il revenge porn è un problema. E la sua sottovalutazione è dimostrata dal fatto che la locuzione stessa adoperata per illustrare la questione – revenge porn, appunto – è imprecisa.
Spieghiamo perché è importante iniziare da qui, e poi mostriamo i dati di un recente report di Permesso Negato, che spiega come ben 2 milioni di italiani siano stati vittime di condivisione non consensuale di materiale intimo.
Una (non oziosa) precisazione linguistica
Quando i termini sono usati in maniera imprecisa, significa che un argomento è conosciuto in modo vago.
Gli pseudospiritosi che, ad esempio, adoperano la locuzione fare outing come metafora per dire di aver confessato qualcosa, vorrebbero forse riferirsi all’azione di chi dichiara pubblicamente il proprio orientamento sessuale.
Peccato però che la locuzione adatta sarebbe fare coming out. Essendo invece l’outing l’esposizione pubblica di un altrui orientamento sessuale, senza il consenso di quest’ultimo.
Allo stesso modo, si adopera l’espressione revenge porn (letteralmente vendetta porno) forse per brevità, ma per indicare qualcosa che non necessariamente implica una vendetta. Con la locuzione ci si riferisce infatti, più genericamente, alla condivisione non consensuale di materiale intimo. Andrebbe già meglio, come indicato da Permesso Negato, la locuzione pornografia non consensuale.
Premessa lunga ma non oziosa: adoperare il giusto linguaggio serve per inquadrare bene, e pure per non sottostimare, un determinato argomento.
Il report di Permesso Negato
A proposito di pornografia non consensuale, dunque, Permesso Negato ha condotto – tra il 27 aprile e il 5 maggio scorsi – un’indagine campionaria su come gli italiani percepiscono il problema.
Il questionario è stato condotto su un campione eterogeneo di 2.000 nostri connazionali dai 16 anni in su, facendo in modo che gli intervistati rappresentassero il più possibile la popolazione italiana per sesso, fasce d’età, Regione e ampiezza del Comune di residenza.
Al campione sono state fatte alcune domande per saggiare atteggiamenti e comportamenti degli italiani sul tema della condivisione non consensuale di materiale intimo.
I risultati (in sintesi) del sondaggio
Dal questionario di Permesso Negato emerge che il 4,1% degli italiani (circa 2 milioni di persone) è stato vittima di pornografia non consensuale. E che quasi il 9% (8,9, per la precisione) conosce almeno una vittima. L’età media delle vittime è di circa 27 anni, per il 70% donne e il 30% uomini, mentre il 13% appartiene alla comunità LGBQT+.
Il fenomeno è abbastanza noto alla maggioranza degli italiani: il 75% ne ha almeno sentito parlare, mentre il 42% del campione dichiara di conoscerlo bene.
Tuttavia, il 17% è convinto che il fenomeno non costituisca un reato in Italia. Percentuale che sale addirittura al 35% tra le vittime, metà delle quali dichiara di non aver fatto denuncia. Perché? Nel 10% dei casi, per paura di ripercussioni. Il 42% delle vittime, comunque, si rivolge direttamente alla persona che ha compiuto il gesto, chiedendo di rimuovere i contenuti.
Inoltre, le conseguenze psicologiche di chi è vittima di pornografia non consensuale sono vaste e profonde. Tra le più diffuse, attacchi di panico, depressione, ansia e stress.
La condivisione dei contenuti
Tra i molti e interessantissimi dati dell’indagine, balzano all’occhio quelli che riguardano chi condivide i contenuti intimi senza il consenso.
E per evitare una troppo semplicistica divisione tra vittime e carnefici, va subito detto che ben il 62% di chi è stato vittima di pornografia non consensuale ha a sua volta condiviso materiale non autorizzato riguardante altre persone.
Il motivo della leggerezza? Spesso la sensazione che il destinatario del materiale fosse qualcuno di cui potersi fidare. Sempre tra le vittime, il 37% ha condiviso materiale altrui senza consenso più di una volta.
In generale, quasi un italiano su 6 ha prodotto almeno una volta video o immagini intimi o con contenuti sessuali privati. E nella metà dei casi lo ha condiviso almeno una volta.
Un italiano su 4 ha visto almeno una volta materiale intimo di altri, e nel 5% dei casi lo ha condiviso. Peraltro, ben l’84% di chi ha condiviso il materiale lo rifarebbe, reputando l’azione divertente o non offensivo.
- Editore: Alpes Italia
- Autore: Alessandra Paladino
- Collana: Psiche e dintorni
Permesso Negato
Permesso Negato è un’associazione no-profit di promozione sociale che si occupa del supporto alle vittime di pornografia non consensuale, di violenza online e discorsi di odio.
Il team di Permesso Negato si occupa di identificare, segnalare e rimuovere contenuti di pornografia non consensuale dalle principali piattaforme online.
Oltre a fornire supporto strategico ed educativo a chi promuove politiche e leggi per proteggere dalla diffusione non autorizzata di materiale intimo, e da altre forme di violenza e odio online.
Dal 2020, come vi abbiamo segnalato in un altro articolo, Permesso Negato è il partner italiano di Facebook nel programma pilota che tutela gli utenti per quanto riguarda le immagini intime, tutelandoli dalla diffusione non consensuale.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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