MILANO – Quando pensiamo ai rover lunari, l’immagine che si forma nella nostra testa è quella di una dune buggy. Perché in fondo l’ispirazione iniziale era questa, al punto che i primi Lunar Roving Vehicle (LVR), quelli delle missioni Apollo 15, 16 e 17, venivano chiamati “moon buggy”.
Non fatevi però ingannare dall’aspetto perché già all’epoca i rover erano frutto di anni di ricerca e innovazione tecnologica. Ogni loro aspetto era studiato nel dettaglio, dalla distanza che potevano percorrere (non troppa, così in caso di rottura gli astronauti potevano tornare a piedi) alle ruote, che non potevano essere pneumatici perché sulla Luna non c’è atmosfera.
Oggi i rover lunari stanno prendendo altre forme, molto più futuristiche, ma devono preoccuparsi più o meno delle stesse cose. Ruote incluse. Ed è su questo problema che si sta focalizzando Bridgestone.
La seconda generazione di ruote lunari
“Tutto è una sfida”, ci dice Narumi Kawada, Assistant Manager del Global Original Equipment Strategy & New Mobility Business Development Department di Bridgestone.
Creare una ruota che possa andare bene per l’ambiente lunare e per i diversi veicoli che potenzialmente avremo sulla Luna non è affatto facile.
Ci sono le radiazioni, la sabbia, la roccia, l’assenza di atmosfera, le temperature estreme…
“È davvero molto difficile – spiega Masahiro Katayama, Deputy General Manager dello stesso dipartimento – Devi considerare quello che avviene sulla Terra e immaginare quello che potrebbe invece accadere sulla Luna. È un buon allenamento per l’immaginazione.”
Eppure, nonostante le avversità, Bridgestone ha proposto già qualche anno fa un primo prototipo con una struttura a molla a spirale, ispirata ai cuscinetti plantari dei cammelli che attraversano i deserti. Posizionando un materiale morbido a base di metallo nell’area del battistrada che entra in contatto con la superficie lunare, Bridgestone ha migliorato la forza di attrito tra il pneumatico e la regolite, ottenendo così una trazione superiore.
Una soluzione brillante ma si poteva fare ancora meglio, e così è arrivata la seconda generazione di ruote lunari.
“La struttura è completamente diversa perché la seconda generazione è a raggi – racconta Kawada – Abbiamo scelto questa composizione perché i requisiti in termini di durabilità erano altissimi e per soddisfarli dovevamo cambiare tutto.”
La nuova struttura utilizza tecnologie accumulate durante lo sviluppo del pneumatico di prossima generazione “Air Free” e introduce raggi metallici sottili, la cui forma e il cui spessore sono stati ottimizzati per consentire ai raggi di flettersi riducendo al minimo lo stress localizzato proprio su di essi raggi metallici. Tutto questo ha permesso di migliorare la durabilità del pneumatico e incrementare la trazione e la capacità di attraversamento, grazie anche all’aumento dell’area di contatto e alla riduzione dell’affondamento.
E se si rompe? Beh, putroppo gli astronauti non potranno accostare e cambiare la gomma come facciamo qui sulla Terra ma Katayama e Kawada ci assicurano che le ruote sono pensate per resistere per anni senza problemi.
Tutto questo naturalmente ha un scopo molto concreto: prima di tutto fornire le ruote a Toyota per il suo rover lunare e poi avere un prodotto che possa sposarsi con mezzi molto diversi tra loro, dai più piccoli ai più grandi, anche perché “potremo personalizzare la ruota in base alle richieste dei clienti”, spiega Kawada.
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