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Social vietati fino ai 15 anni: la proposta di legge in Francia

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Periodicamente, uno o più social vengono presi di mira. Non ci riferiamo, per restare sulla stringente attualità, all’onda che sta travolgendo TikTok. Ricordiamo che il social di ByteDance, accusato di carpire illegalmente i dati degli utenti europei e statunitensi (e di girarli al governo di Pechino), è stato messo al bando dai governi di Usa e Canada, oltre che dalla Commissione europea.

Qui intendiamo le prese di posizioni nei confronti dell’uso delle piattaforme social da parte di giovani e giovanissimi.

Ultimo in ordine di tempo a far sentire la propria voce in questo senso è il governo francese. Scopriamo cosa dice la proposta, commentata anche dal nostro Garante per l’infanzia e l’adolescenza.

La proposta di legge in Francia: niente social fino ai 15 anni

La proposta di legge che arriva all’Asemblée Nationale porta la firma del deputato centrista Laurent Marcangeli, del gruppo Horizons.

L’idea è semplice: vietare l’accesso ai social fino ai 15 anni. I vari Paesi dell’Ue hanno fissato un’età minima che oscilla dai 13 ai 16 anni, ma il grosso problema sta nella facilità con cui la regola può essere aggirata.

Regolamentare il caos

Laurent Marcangeli parte dalla propria esperienza personale, di padre di due bambine di 8 e 10 anni.

La sua proposta di legge è riassumibile in una sua secca dichiarazione: “Vogliamo provare a regolare un mondo che non ha regole.” L’idea, insomma, è di tutelare le fasce più giovani dagli effetti nocivi dell’esposizione (e soprattutto della sovraesposizione) ai social media.

Consideriamo che in Francia la prima registrazione ai social avviene mediamente a 8 anni e mezzo. E la metà dei giovanissimi dai 10 ai 14 anni ha un proprio account su una o più piattaforme.

Cosa potrebbe cambiare

I principi su cui si fonda la proposta di legge sono due.

Il primo è un’autorizzazione formale da parte dei genitori, che si renderà necessaria per chi – raggiunti i 15 anni di età – vorrà creare un proprio profilo sui social.

C’è poi il meccanismo dei controlli e delle multe. Come inibire la possibilità di dichiarare un’età falsa in fase di iscrizione? Dovranno essere le stesse piattaforme a effettuare i controlli, con le tecniche di verifica certificate dall’Arcom, l’Autorità di regolamento della comunicazione audiovisiva e digitale francese, attiva dal gennaio del 2022.

Le multe per le aziende proprietarie dei social che non effettuassero adeguati controlli non potranno superare l’1% del loro volume di affari. Ciò ha già innescato le prime polemiche. Perché ci si domanda come agiranno i colossi del tech.

In Francia, ad esempio, se Meta non vigilasse su eventuali accessi ai social dei minori di 15 anni, pagherebbe al massimo 1 miliardo di euro di sanzione. Quindi, per la società sarebbe preferibile pagare la multa o investire negli strumenti di controllo?

Il commento del Garante italiano

Sulla proposta di legge francese è intervenuta Chiara Garlatti, titolare dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza nel nostro Paese.

Garlatti si è espressa in una nota apparsa sul sito ufficiale del Garante. Dove leggiamo: “È un’idea che va nella giusta direzione, in quanto responsabilizza i provider e li obbliga a verifiche più efficaci.

È opportuno che il legislatore o il governo italiano trovino lo stesso coraggio, presentando una proposta di legge per alzare l’età per il consenso digitale al trattamento dei dati dei minorenni senza l’intervento dei genitori.” Anche se per Chiara Garlatti sarebbe auspicabile innalzare l’età minima da 15 a 16 anni.

Uno Spid per i giovani?

C’è poi il problema dell’aggiramento delle norme. Ecco la proposta di Garlatti: “Modificare il limite minimo per l’accesso ai social però non basta perché, lo sappiamo tutti, esso può essere facilmente aggirato.

Per questo, al termine di un tavolo di lavoro coordinato dal Ministero della giustizia, insieme ad Agcom e Garante privacy abbiamo proposto l’introduzione di una sorta di Spid.

Si tratta in pratica di istituire un nuovo sistema per la verifica dell’età dei minorenni che accedono ai servizi digitali, basato sulla certificazione dell’identità da parte di terzi, così da mantenere pienamente tutelato il diritto alla privacy.”

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Leggi e buon senso

Al di là degli interventi da parte dello Stato, in questo ambito ci sembra centrale il ruolo della famiglia.

Infatti i genitori hanno il compito di vigilare sulla qualità e quantità dell’uso dei social da parte dei ragazzi. Ma soprattutto, anziché partire per crociate ideologiche e troppo sommarie contro il social di turno, dovrebbero dialogare con i figli, spiegare loro l’importanza di un utilizzo ragionevole dei device. Certo, è assai più semplice vietare, o additare le piattaforme social a male assoluto. Oppure non fare nulla e lamentarsi di quanto tempo i propri figli trascorrano a postare e chattare.

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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