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La sonda degli Emirati Arabi nell’orbita di Marte

La sonda degli Emirati Arabi ha raggiunto l’orbita di Marte. Lo ha annunciato Omran Sharaf, il responsabile della missione spaziale. Il vettore al-Amal, più noto come Hope o Hope Mars (in arabo speranza) ha toccato il pianeta rosso alle 16.15 di martedì 9 febbraio. Gli Emirati Arabi Uniti sono così il primo Paese arabo a raggiungere Marte, e il quinto dopo Stati Uniti, Unione Sovietica, Unione Europea e India.

La missione, organizzata in collaborazione con l’Università del Colorado a Boulder, è costata circa 200 milioni di dollari.

La sonda degli Emirati Arabi su Marte: il viaggio di Hope

La Sonda Hope è entrata nell’orbita di Marte dopo un viaggio durato quasi sette mesi. Per collocarsi nella giusta posizione, operazione perfettamente riuscita, Hope ha dovuto ridurre la sua velocità da centoventunomila a diciottomila chilometri orari in poco meno di mezz’ora.

Il lancio della sonda è avvenuto il 20 luglio 2020 dal centro spaziale giapponese di Tanegashima, col razzo H-II A. Nella sua traiettoria interplanetaria, la sonda degli Emirati Arabi ha percorso cica 493 milioni di chilometri. E ha già iniziato il programma di rilevazioni.

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La missione di Hope

La sonda, che orbiterà intorno a Marte con un’altitudine variabile tra i 20.000 e i 43.000 chilometri, avrà il compito di effettuare rilevazioni atmosferiche, con una particolare attenzione alle variazioni giornaliere e stagionali. Altri obiettivi sono quello di studiare le differenti dinamiche climatiche a seconda delle diverse zone del pianeta, e approfondire la conoscenza del fenomeno di dispersione di idrogeno e ossigeno.

Hope resterà nell’orbita marziana per 687 giorni, equivalenti a un periodo orbitale del pianeta rosso.

Omran Sharaf si è soffermato sui dettagli della missione, spiegando che la sonda degli Emirati Arabi analizzerà l’idrogeno attorno a Marte con uno spettrometro, ed esaminerà la polvere interplanetaria che incontrerà durante il volo. I dati, congiunti con quelli rilevati dallo spettrometro a bordo della missione congiunta ESA–JAXA BepiColombo (in viaggio verso Mercurio) permetteranno di capire meglio la distribuzione dell’idrogeno tra i pianeti del sistema solare.

I numeri di Hope

La sonda Hope ha una forma cubica appena allungata, misura 2,3×2,9 metri e ha una massa di 1350 chilogrammi, di cui 800 costituiti da propellente. I suoi due pannelli fotovoltaici sono capaci di generare 1800 watt, collegati a un sistema di accumulazione a batterie. Una serie di antenne, la maggiore delle quale ha un diametro di 1,5 metri, assicura i contatti con la Terra. Il sistema di guida utilizza due sistemi di razzi di manovra, uno con sei motori e l’altro con otto, per le manovre di precisione.

La sonda è dotata di tre strumenti scientifici: uno spettrometro a infrarossi per la misurazione della temperatura e l’eventuale presenza di vapore acqueo o ghiaccio nell’atmosfera; uno spettrometro a raggi ultravioletti che misurerà le caratteristiche della termosfera e la presenza di ossigeno e idrogeno nella parte alta dell’atmosfera; e uno strumento per analizzare le proprietà chimico-fisiche degli elementi presenti nell’atmosfera, e per acquisire immagini ad altissima risoluzione.

L’orgoglio degli Emirati Arabi Uniti per la sonda Hope

Lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, ha dichiarato che il successo della missione rappresenta un messaggio di speranza e ottimismo nei confronti di tutta la comunità scientifica del Paese. Lo sceicco ha così commentato: “L’ingresso della sonda Hope nell’orbita di Marte è un risultato significativo nella storia della nostra nazione. Questo risultato è stato reso possibile dai pionieri degli Emirati il cui lavoro ispirerà futuri scienziati e ingegneri per generazioni. Siamo immensamente orgogliosi di loro”.

La sonda degli Emirati Arabi entrata nell’orbita di Marte conclude un periodo intensissimo per la nazione dal punto di vista tecnologico: basti pensare che in appena sei anni è stata creata dal nulla un’agenzia spaziale, e oggi Hope sta gravitando attorno al pianeta rosso.

Mohammed bin Rashid Al Maktoum ha aggiunto che la missione Hope “segna l’inizio di altri cinquant’anni di storia che porteranno a grandi risultati nell’ambito della scienza, della conoscenza e dell’innovazione”.

La sonda Hope non sarà sola su Marte

Per oggi, mercoledì 10 febbraio, è previsto l’arrivo nell’orbita marziana della sonda cinese Tianwen-1 che, al contrario da quella emiratina, dovrebbe scendere sul pianeta rosso. Il 18 febbraio sarà poi la volta della sonda della Nasa Mars2020, il cui rover Perseverance dovrà riportare sulla Terra campioni del suolo del pianeta rosso.

Insomma: i sogni di Elon Musk di un futuro su Marte sono in buona compagnia.

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