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Come sono nati i Clicker di The Last of Us

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Brutti, forti e dannatamente infetti: i Clicker rappresentano la terza fase dell’infezione da Cordyceps nell’universo narrativo di The Last of Us. Nemici che, chi ha giocato ai due videogiochi del franchise, conosce bene, mentre chi sta seguendo la serie TV in onda su Sky sta imparando a conoscere, anche se ne avrebbe fatto sicuramente a meno.

A chiarirci maggiormente le idee ci vengono incontro gli sviluppatori di Naughty Dog e i produttori HBO della serie TV. Il tutto nel secondo episodio della serie chiamata Building The Last of Us, nel quale i creatori ci raccontano i segreti e le curiosità del popolarissimo videogame PlayStation.

Guarda tutti gli episodi di The Last of Us su Sky

Building The Last of Us: come nascono i Clicker

Nell’episodio, che trovate di seguito, gli sviluppatori raccontano l’origine, il concept e le animazioni dei mostri fungini, approfondendo dettagliatamente sia gli inquietanti suoni che i loro imprevedibili movimenti, e mostrando a tutto il mondo una concept art mai vista prima che li ritrae.

Oltre ai Clicker del videogioco, l’episodio ci svela alcuni concetti alla base  dell’adattamento televisivo live action. Intervengono infatti sia Neil Druckmann che Craig Mazin, con il primo che parla apertamente del suo debutto alla regia televisiva con il secondo episodio.

Grazie alla grande risonanza mediatica della serie TV, il remake di The Last of Us Part 1 ha beneficiato di un boom di vendite. Lo show televisivo ha anche riportato in auge il brano Never Let Me Down Again dei Depeche Mode, contenuta nel primo episodio della serie.

Nella sua recensione della serie TV di The Last of Us per TechPrincess il nostro Marco ha scritto:

“The Last of Us riesce a trovare un difficilissimo punto di incontro fra la fedeltà al materiale videoludico originale e un approccio autoriale alla serialità televisiva, evidenziato anche dalla scelta di affidare la regia di alcuni episodi a cineasti del calibro di Ali Abbasi (Border – Creature di confine, Holy Spider) e Jasmila Žbanić (Il segreto di Esma, Quo vadis, Aida?). Ci troviamo spesso di fronte a scene pressoché indistinguibili da quelle del videogame, anche dal punto di vista delle inquadrature, ma l’azione del gioco è compensata dalla volontà di incunearsi fra le pieghe del racconto ed esplorare le personalità dei personaggi, tradendo il materiale di partenza quando necessario“.

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