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Tradire il Grande Fratello. Un libro ci racconta il femminismo in Cina

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Negli ultimi giorni ci siamo trovati a parlare indirettamente di Cina in due occasioni, entrambe le volte riferendoci a TikTok, il controverso social visto di malocchio in Occidente, perché tacciato di spiare i profili e di passare informazioni al governo di Pechino.

E così, è arrivato l’ok della Camera dei Rappresentanti  USA a una legge che mette le corde ByteDance, proprietaria del social (obbligata, se la legge dovesse diventare operativa, a vendere la piattaforma a una società statunitense, pena il ban dall’intero territorio degli Stati Uniti).

E a distanza di poche ore, la nostra AGCM ha multato la piattaforma social per pratica commerciale scorretta.

Della Cina e delle sue contraddittorietà torniamo a parlare ora, con una breve recensione di Tradire il Grande Fratello. Il risveglio femminista in Cina. Il volume, scritto da Leta Hong Fincher, è uscito per add editore nel marzo del 2024 (traduzione di Margherita Emo e Piernicola D’Ortona).

L’autrice

Leta Hong Fincher è una giornalista e studiosa sino-americana.

È stata la prima cittadina degli Stati Uniti a ricevere un dottorato in sociologia all’Università Tsinghua di Pechino. Ha scritto per il New York Times, il Washington Post, il Guardian, Ms. Magazine, la BBC e la CNN.

Alla questione femminile in Cina ha dedicato anche il saggio Leftover Women. The Resurgence of Gender Inequality in China (2016).

Tradire il Grande Fratello

Tradire il Grande Fratello è una retrospettiva sul femminismo in Cina in questi ultimi anni. Il volume fa perno sulla vicenda dell’arresto di quelle che sono state chiamate, per antonomasia, le Cinque femministe, avvenuto alla vigilia dell’8 marzo 2015.

Repressione e consapevolezza

L’arresto delle Cinque femministe, scrive l’autrice, “segnò uno spartiacque nella storia dei diritti delle donne in Cina, mostrando al mondo che un gruppo relativamente piccolo di giovani femministe era in grado di mettere in grave difficoltà il Partito comunista cinese” (p. 19).

Forse parlare di “grave difficoltà” è eccessivo, ma di certo in quel giro di mesi il governo ha mostrato tutto il suo autoritarismo, adottando contro le giovani attiviste un piano repressivo davvero spietato (di cui Tradire il Grande Fratello si occupa in un capitolo). Tuttavia la repressione non ha fatto altro che acuire la consapevolezza e permettere “l’emergere di un più ampio risveglio femminista, che comincia a trasformare le donne delle città cinesi” (p. 20).

Si assiste così alla nascita e allo sviluppo di importanti iniziative e associazioni, come Voci femministe, diffusasi attraverso Internet e poi soppressa dal governo. Ma capace di preparare il movimento #MeToo, che arriverà in Cina nel 2018.

Cina e maschilismo

Leggendo Tradire il Grande Fratello si ha la sensazione che il femminismo in Cina abbia valenze quasi eroiche, visto non solo l’atteggiamento intimidatorio e repressivo già citato, ma anche il ruolo fortemente subordinato che, per esplicita ammissione di Xi Jinping, il governo di Pechino vorrebbe riservare alle donne.

Scrive l’autrice: “Il governo cinese pretende che le donne siano strumenti riproduttivi dello Stato, mogli e madri obbedienti in casa, che aiutino a mantenere la stabilità politica, facciano figli e allevino la forza lavoro del futuro” (p. 215).

Il maschilismo imperante in Cina non riguarda solo spionaggi, intimidazioni e violenze perpetrate dalle forze dell’ordine più o meno in incognito nei confronti delle femministe (e di cui il libro dà diverse testimonianze). Ma addirittura, ed è questo il termometro della misoginia diffusa nel Paese, si è declinato anche in vere e proprie molestie da parte di uomini impegnati come attivisti del movimento per i diritti umani.

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Tradire il Grande Fratello: quale femminismo nella Cina di domani?

Il volume, arrivando al presente, evidenzia un altro rischio da non sottovalutare. Il fatto che, in un certo senso, il femminismo cinese rischia di diventare un fenomeno pop, siccome diverse grandi aziende stanno iniziando “a riconoscere il potere commerciale del femminismo consumistico e attingano a un mercato potenzialmente enorme per marchi che rappresentano l’accresciuto senso di potere delle donne” (p. 245).

Per cui il femminismo della Cina di domani è chiamato a un doppio impegno. Non solo quello di resistere a un regime maschilista e liberticida, ma anche quello di mantenere la lotta autonoma da ogni richiamo commerciale. Che, se da una parte aiuterebbe ad amplificarne la notorietà, dall’altra – va da sé – la depotenzierebbe e snaturerebbe.

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