Uno su tre dei nostri ragazzi è diventato un vampiro.
Calma: non si tratta della sceneggiatura di un film horror di modeste ambizioni. Ma dell’esito di un’indagine condotta dalla professoressa Maria Serena e presentata dall’Ordine del medici di Venezia e dalla Fondazione Ars Medica.
Secondo questo studio, infatti, sempre più giovani patiscono una preoccupante inversione del ritmo sonno-veglia causato dall’abuso di device tecnologici. Fenomeno, nemmeno a dirlo, aggravatosi durante i mesi del lockdown e della didattica a distanza.
Prima di addentrarci nello studio che ha coinvolto un istituto scolastico di Conegliano, scopriamo meglio cos’è il vampirismo nei giovani, inclinazione più nota col termine inglese vamping.
Che cos’è il vamping
Il termine circola in realtà ormai da qualche anno, ed è facile capire da dove derivi: dalla ben nota tendenza dei vampiri, esseri mitologico-letterari che hanno l’abitudine di restare svegli nelle ore notturne, essendo vulnerabili alla luce del sole.
Il riferimento, come abbiamo detto, è alla tendenza di molti giovani a non dormire un sufficiente numero di ore, preferendo restare ben desti la notte per chattare, giocare o guardare serie televisive allo schermo del computer o dello smartphone.
Il fenomeno, analizzato per la prima volta dal New York Times nel 2014, è inevitabilmente andato aggravandosi negli anni, con la presenza sempre più massiccia dei dispositivi elettronici nella vita di giovani e giovanissimi.
Vamping e lockdown
Ma è stata la pandemia da Coronavirus (e le sue conseguenze: lockdown prima e didattica a distanza dopo) a costringere i ragazzi a passare più tempo tra le mura domestiche. E a rendere ancora più pressante il problema del vamping.
Un’indagine del febbraio del 2021, condotta dall’Osservatorio Nazionale sull’adolescenza, segnalava che su un campione di 8.500 ragazzi ben 6 adolescenti su 10 (e 4 preadolescenti su 10) rimanevano spesso in piedi sino all’alba a chattare con gli amici o a giocare in Rete.
La sovraesposizione ai device nelle ore notturne porta, come è facile intuire, a due dannose conseguenze: la dipendenza dai dispositivi e l’inversione del ritmo circadiano (il cosiddetto ritmo sonno-veglia).
Da lì, ecco l’effetto domino e le possibili successive complicazioni: cambiamenti e instabilità dell’umore, irritabilità, deficit di concentrazione e difficoltà nell’apprendimento. Che portano, nei peggiore dei casi, a danni allo sviluppo psicofisico.
Perché il vamping
Il problema del vamping è esploso durante il lockdown perché adolescenti e preadolescenti si sono sentiti più soli, annoiati e frustrati.
Anche loro, come noi adulti, si sono trovati a subire un inevitabile contraccolpo psicologico. A questo si aggiunga lo scarso o nullo controllo dei genitori (ricordiamo che gli adulti hanno la possibilità di supervisionare e calmierare l’accesso dei figli minorenni ai dispositivi). E, non da ultima, la voglia di trasgredire: non per caso, molti giovani che si collegano nelle ore notturne amano segnalarsi proprio con l’hasthag #vamping.
Lo studio recente: il caso di Conegliano
L’indagine è recentissima, e il merito va alla professoressa Maria Serena. Che ha preso come campione 367 studenti di una scuola superiore di Conegliano, in provincia di Treviso.
Il risultato dello studio è impietoso. “Più di un ragazzo su tre, il 35,7%, chatta, naviga sui social, guarda on line video o serie Tv dopo la mezzanotte. E lo fa per noia, solitudine, tristezza ma anche per semplice mancanza di stanchezza, spesso senza che la famiglia lo sappia e con conseguenze che potrebbero poi pesare sullo sviluppo psico-fisico”.
Il convegno
L’indagine della professoressa Maria Serena ha dato l’impulso all’Ordine dei medici di Venezia e alla Fondazione Ars Medica di organizzare, nella giornata di venerdì 24 settembre, un convegno dall’eloquente titolo Il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid.
Indicando così una delle vie da seguire per contenere il problema: costruire una rete sul territorio che coinvolga operatori, medici, insegnanti e famiglie. Per individuare i sintomi del problema sul nascere, ma prima ancora per conoscerlo e prevenirlo.
Cosa possono fare le famiglie
Tre sono gli ambiti di intervento dei genitori, per arginare il problema del vamping nei figli preadolescenti e adolescenti. Il primo è quello di fornire il giusto orientamento alla tecnologia fin da piccoli, dando regole su tempi e modi della fruizione della TV e dei dispositivi elettronici. Ma anche dando per primi il buon esempio di una fruizione non ossessiva dei device.
Poi, è importante educare i ragazzi alla socializzazione, alla condivisione non virtuale: attraverso per esempio le attività sportive, culturali, sociali, ricreative eccetera.
Infine, è indispensabile una presenza quantitativa ma soprattutto qualitativa nell’adolescenza dei figli: senza invaderli, ma rimanendo il solido punto di riferimento in caso di necessità.
Leggi anche: Dipendenza da smartphone: scoprila con un test
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