Sembra proprio che ultimamente ChatGPT stia prendendo il posto di Elon Musk.
Sì: se fino a qualche tempo fa era il vulcanico neoproprietario di Twitter a far parlare quotidianamente di sé con i suoi tweet spesso incomprensibili e le sue decisioni quasi sempre impopolari, da qualche settimana a questa parte a tenere banco è il più sofisticato chatbot conversazionale prodotto da OpenAI.
E come sempre capita per le eclatanti novità, dopo una fase iniziale di giubilo incondizionato, si è passati poco per volta a scoprire gli aspetti meno luminosi del bot.
Al di là del divieto imposto da alcune scuole americane, ora il chatbot è al centro di un caso reso pubblico dal Time. I lavoratori kenioti che con turni anche di 9 ore al giorno avevano il compito di “ripulire” i contenuti con cui il bot sarebbe stato addestrato, sono stati pagati meno di due dollari l’ora.
Ma ciò non toglie che l’intelligenza artificiale in questioni stia mostrando eccezionali potenzialità. Tutto il mondo se ne sta accorgendo, e qualcuno ne ha paura.
Adesso è Google che guarda a ChatGPT con preoccupazione, e pensa a come correre ai ripari. Vediamo perché.
ChatGPT “minaccia” Google
Con buona pace dei competitor, quando pressoché qualunque utente della rete deve fare una ricerca, cosa consulta? Il motore di ricerca di Google. Che in questo senso opera sul web in un regime di quasi monopolio.
Il problema per Google oggi si chiama ChatGPT. Ne avevamo già accennato in un articolo dello scorso dicembre: il chatbot, in fondo, ha una funzione simile a quella del motore di ricerca di Mountain View, con la differenza – o meglio l’aggiunta – di poter intrattenere conversazioni a un buon grado di plausibilità con un interlocutore umano.
Le cose, poi, si sono complicate per via di alcune recenti notizie.
Microsoft e ChatGPT
Nei primi giorni del 2023, in effetti, è girata la voce secondo cui Microsoft sarebbe prossima a integrare ChatGPT nel motore di ricerca Bing.
Inutile aggiungere quanto l’eventuale upgrade lancerebbe Bing e lo eleggerebbe a serio antagonista del motore di ricerca di Google.
Per ora, i cabotaggi dei due motori non sono confrontabili: un report ci dice che nel 2022 poco meno del 90% degli utenti della Rete si affida a Google per le ricerche, contro il 6% che preferisce Bing.
OpenAI e Microsoft
Ma quelle di una possibile liaison tra OpenAi e Microsoft non sono solo voci.
Nei giorni scorsi l’ad di Microsoft, Satya Nadella, è intervenuto al World Economic Forum in corso a Davos. E ha confermato che Microsoft inserirà le tecnologie di OpenAI (tra cui ChatGPT) in tutti i servizi Azure, il sistema cloud dell’azienda.
Per Nadella, l’obiettivo è quello di rendere Azure “Il posto migliore per coloro che guardano all’intelligenza artificiale”.
Ricordiamo inoltre che Microsoft, nel 2019, ha investito un miliardo di dollari in OpenAI.
Sarebbe un durissimo colpo per il motore di ricerca di Google. Che da solo, grazie agli introiti pubblicitari, garantisce all’azienda di Mountain View il 60% degli introiti.
I fondatori di Google richiamati in sede
I timori di Google verso ChatGPT non sembrano affatto generici.
A dirlo è il New York Times in un articolo di venerdì 20 gennaio. Secondo il quotidiano statunitense, addirittura, l’attuale Ceo dell’azienda, Sundar Pichai, avrebbe richiamato in sede i due fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin.
Page e Brin avrebbero preso parte a una serie di riunioni d’emergenza nelle quali si è discussa la strategia più proficua per contrastare ChatGPT. Che nel futuro prossimo potrebbe davvero erodere lo strapotere di Google tra i motori di ricerca.
Cosa accadrà?
Ma in concreto come reagirà, Google, a ChatGPT e alla possibilità di una sua integrazione nei servizi Microsoft?
Secondo il New York Times, già nel corso del 2023 l’azienda di Pichai lancerà una versione del motore di ricerca con funzionalità di chatbot. Inoltre, sempre durante l’anno svelerà almeno 20 progetti legati all’intelligenza artificiale.
- Pulina, Luca (Autore)
I 12.000 licenziamenti di Google
Suscita una certa perplessità questa ipotetica gara al motore di ricerca dalle prestazioni più smaglianti, in una congiuntura terribile per i lavoratori del comparto tech.
Quasi tutti i colossi del settore stanno operando tagli drammatici nei numeri e nelle percentuali. È toccato a Meta, Microsoft e Amazon. E da ultimo è stata proprio la volta di Google, che nelle scorse ore ha lasciato a casa qualcosa come 12.000 dipendenti.
I chatbot conversazionali saranno capaci di prestazioni mirabolanti, ma non sarebbe male ricordarsi anche delle potenzialità – oltre che delle necessità – dei lavoratori in carne e ossa.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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