Dopo aver ripercorso a ritroso la storia di moltissimi degli oggetti che fanno parte della nostra vita quotidiana, oggi abbiamo scelto di concentrarci su una delle bevande più apprezzate in tutto il mondo, il caffè. In fondo, se pensiamo alla sua forma fisica, non è cambiato affatto. Ma ad essersi evoluto, invece, è il modo di bere caffè. Nel corso degli ultimi anni, infatti, la tecnologia ha modificato totalmente la nostra abitudine di preparare il caffè, rendendo la moka un oggetto quasi obsoleta. Ma vediamo più da vicino questa evoluzione che ci interessa così da vicino.
Bere caffè: l’origine di un’abitudine secolare
Vi siete mai chiesti quando davvero è cominciato la storia del caffè? Probabilmente prima di quanto immaginiate. Nel lontano 500 d.C., nell’antica provincia di Kaffa/Kefa – da cui la bevanda pare prenda il nome – dell’Etiopia sud-occidentale i semi e le bacche del caffè erano utilizzati per preparare alcune delle ricette locali tradizionali. Un utilizzo ben diverso da quello che conosciamo oggi, ma che mette in evidenza come le piante di caffè fossero tenute in considerazione già all’albori della storia. Già gli Etiopi, infatti, avevano notato le proprietà rinvigorenti di questi chicchi prodigiosi, tanto da convincere i guerrieri a portarli con sè anche nelle campagne militari. Siamo all’incirca attorno al XIII secolo, quando per la prima volta il caffè esce dall’Etiopia e raggiunge lo Yemen, La Mecca e poi Medina.
Ed effettivamente sono proprio gli Arabi a introdurre la pratica di bere caffè come la conosciamo ancora oggi. Non apprezzando particolarmente il modo di consumare il caffè degli Etiopi, gli Arabi cominciarono inizialmente ad utilizzarne i chicchi per preparare dei decotti. E poi qualcuno (di cui si è perso il nome) ebbe la brillante di abbrustolire i chicchi e tritarli prima di utilizzarli per prepararne una bevanda. Nacque così il caffè. E, allo stesso tempo, anche le caffetterie, che invasero rapidamente l’Arabia. Essendo vietate le bevande alcoliche, il caffè divenne rapidamente la bevanda dell’aggregazione. Ma come arrivò da La Mecca all’Europa? Ci vollero un po’ di secoli, ma pare che dopo la presa di Vienna furono trovati sacchi di chicchi di caffè negli accampamenti degli Ottomani. E da lì cominciò la rapida diffusione della bevanda. Bastò davvero poco per farla apprezzare a Londra, a Parigi e in Italia. E da quel momento non cambiò nulla, o quasi.
Dal caffè in chicchi alle capsule: l’evoluzione del caffè
Come potete ben immaginare, l’avvento delle capsule di caffè sul mercato è piuttosto recente. Nel 1975 Éric Favre, ingegnere specializzato in aerodinamica, comincia a lavorare nel reparto confezionamento della multinazionale Nestlé. Ed è in quest’occasione che la moglie Anna Maria comincia a prendersi gioco di lui, sostenendo che gli Svizzeri non sappiano davvero nulla del caffè. Ma Éric non ci sta, e decide di dimostrare alla moglie che non è affatto così. Decide allora di viaggiare verso Roma per scoprire i segreti di preparare e bere il caffè del Sant’Eustachio, uno dei bar più noti della Capitale. Analizzando attentamente i meccanismi delle macchine usate dai baristi romani, l’ingegnere mette a punto una macchina che garantisca la massima aerazione dell’acqua, destinata poi ad attraversare una capsula contenente polvere di caffè.
Non so a voi, ma a noi questo meccanismo ha subito ricordato qualcosa. D’altronde, la tanto amata macchina della Nespresso non fa altro che riproporre il principio di Favre. Solo che ci sono voluti almeno dieci anni prima che Nestlè riconoscesse l’effettiva potenzialità della capsula di caffè, e desse all’ingegnere la possibilità di fondare il marchio Nespresso. La prima capsula, infatti, viene lanciata sul mercato nel 1986. E destinata ad un pubblico selezionato di alberghi, bar ed uffici. Il successo, però, non è stato sin da subito esplosivo, tanto che la società si è vista costretta ad ampliare la disponibilità delle capsule anche ai clienti privati. Ed effettivamente ci vorrà qualche anno prima che si diffonda questa nuova abitudine di bere il caffè. E la pandemia in questo è stata davvero provvidenziale.
Home Bar, ossia l’abitudine di bere caffè a casa
Complice la pandemia e il lockdown, che hanno costretto alla chiusura bar e caffetteria, negli ultimi anni si è diffusa la tendenza dell’Home Bar, ossia l’abitudine di bere caffè a casa. D’altronde, c’era da aspettasserlo. Gli Italiani non rinuncerebbero alla pausa caffè per nulla al mondo, e così hanno cercato di reinventarla adattandola alle condizioni imposte dalla pandemia. Ossia ricorrendo sempre di più all’utilizzo di macchine automatiche e capsule di caffè, accantonando momentaneamente la moka – sempre presente in casa, sia chiaro! -. A confermarlo è un recente rapporto di Nielsen, che ha rivelato una crescita esponenziale del mercato di capsule e cialde, che ha raggiunto la quota di ben 551 milioni di Euro a Giugno 2021.
Nel primo semestre dell’anno, infatti, il volume del consumo di capsule è cresciuto del 22.6% rispetto al 2020. E quasi del 16% quanto a valore economico. Insomma, una crescita importante, che è andata chiaramente a discapito della moka, che ha perso circa il 3% del valore rispetto all’anno precedente. “Le capsule sono cresciute anno su anno rivitalizzando l’industria del caffè senza mai accusare un momento di stanca. In più, le capsule hanno aumentato il valore della categoria rispetto al caffè macinato“, così ha dichiarato Cristina Farina, Sales Manager di Nielsen. Questo significa che ci troviamo di fronte ad un fenomeno che è destinato a crescere ancora. Supportato dalla tecnologia e dalla diffusione dello smart working.
Quando il caffè diventa hi-tech: il caso Lavazza
Qualche tempo fa non ci saremmo mai immaginati di poter bere un caffè preparato ad arte da una macchina altamente tecnologica. La moka era il solo strumento utile per preparare la nostra bevanda preferita, e mai avremmo pensato di poterla sostituire con tanta facilità. Ma i tempi cambiano, ed anche molto velocemente. E lo dimostra bene Lavazza A Modo Mio Voicy, la prima macchina del caffè con Alexa integrato. Grazie all’applicazione “Piacere Lavazza” ira è possibile controllare lo stato della macchina, ordinare le capsule e preparare il proprio caffè espresso preferito tramite comandi vocali. Insomma, un gigantesco passo in avanti rispetto all’abitudine di doversi sedere per aspettare che il caffè venga fuori dalla moka.
“La tecnologia IoT è ormai diventata pervasiva, come testimonia la Lavazza a Modo Mio Voicy per il caffè espresso che ha la possibilità di interagire con altri dispositivi Echo migliorando la user experience del consumatore: il quale deve comunque alzarsi, mettere la capsula e la tazzina ma i comandi della macchina sono solo vocali“. Così ha spiegato Alessandro Cocco, Italy Training Center Manager di Lavazza. “La tecnologia, utilizzata oggi, permette di offrire il miglior prodotto possibile perché si avvale di sistemi che controllano la pressione e la temperatura dell’acqua, rendendo sempre più performanti le estrazioni in tazza. Questa tecnologia è solo il punto di partenza di ciò che accadrà in futuro quando arriveranno sul mercato macchine super automatizzate“. Cosa dovremmo aspettarci in futuro allora? Una macchina che ci porti il caffè a letto?
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