Avete mai pensato al fatto che esistono degli oggetti della nostra vita quotidiana che mutano forma senza che noi ce ne rendiamo davvero (troppo) conto? La caffettiera ne è un ottimo esempio. La utilizziamo ogni giorno, eppure non facciamo mai troppo caso a quanto sia cambiata, e continui a cambiare, la nostra amata macchina da caffè. Nel corso della sua evoluzione è passata da caffettiera napoletana a moka Bialetti fino a trasformarsi in Nespresso – o qualunque altra macchinetta automatica simile -. Nonostante questo, la sua funzionalità è rimasta invariata, in alcuni casi migliorata, ma lo stesso non vale per la sua forma e i suoi meccanismi di funzionamento. Vi siete mai chiesti come è nata la macchina per caffè? Quanto era grande, come funzionava o qualunque altra cosa? Noi sì, motivo per cui abbiamo scelto proprio la caffettiera come protagonista della nostra rubrica “Come è cambiato”.
- La caffettiera: invenzione napoletana o francese?
- O dovremmo dire…torinese?
- Dalla caffettiera alla moka Bialetti
- Le macchine da caffè automatiche e Nespresso
La caffettiera: invenzione napoletana o francese?
Chi ha inventato la caffettiera? A quanti di voi verrebbe da dire i napoletani? A molti di certo. Tuttavia, la risposta è che non è assolutamente facile dirlo. E non stiamo mettendo le mani avanti. È che l’origine della prima macchina da caffè risulta piuttosto confusiva.
Qualcuno sostiene che i primi a creare un dispositivo per la preparazione del caffè siano stati i Turchi, antichi estimatori di questa bevanda già dal 575 d.C. Altri invece ritengono che sia stata inventata a Napoli, considerata da sempre la patria del caffè. D’altronde, è qui che si è diffuso l’uso della cuccumella – o “caffettiera napoletana” -. Eppure la sua vera origine sembra sia da ricercare in Francia. L’avreste mai detto?
Nel 1814 Jean-Louis Morize, uno stagnino di Parigi, mise a punto la sua prima “caffettiera a doppio filtro senza evaporazione“. La forma era simile a quella di un bollitore, realizzato con materiali semplici come rame, latta stagnata o ceramica. Anche il funzionamento non era per nulla complesso. Il caffè macinato veniva posto in un filtro adagiato all’interno della macchinetta, dove veniva poi versata l’acqua già calda. In questo modo, al passaggio dell’acqua il caffè rilasciava lentamente tutti i suoi aromi, per essere così pronto in pochi minuti.
Ogni dettaglio di questa invenzione è chiaramente spiegato nel “Mémorial universel de l’industrie française des sciences et des arts”, un antico testo francese che risale al 1820. Qui, a proposito dell’invenzione di Morize si legge: “Nella caffettiera, per la quale questo produttore ha ottenuto un brevetto quinquennale, i filtri sono rimovibili, facili da pulire e non possono mai ostruirsi. Il caffè conserva la sua fragranza e la qualità che lo rende così necessario per gli uomini di lettere o di gabinetto e tutti coloro che lo usano regolarmente“. Un’invenzione pressoché perfetta, che però non riscosse alcun successo in Francia. Ma non si può certo dire lo stesso di Napoli, che non solo apprezzò l’idea dello stagnino parigino, ma addirittura la perfezionò fin tanto da renderla un pezzo della propria storia.
O dovremmo dire…torinese?
Non tutti riconoscono la paternità della macchina del caffè a Jean-Louis Morize. Qualcuno sostiene che l’invenzione sia stata di Angelo Moriondo, proprietario del Grand-Hotel Ligure e dell’American Bar di Torino. A quanto pare, sarebbero state proprio queste attività a fargli venire la geniale intuizione di una macchina per preparare il “caffè istantaneo”, al fine di soddisfare le numerose richieste dei suoi clienti. E così, in occasione dell’Expo Generale di Torino del 1884, Moriondo presentò il prototipo della sua caffettiera. In rame e bronzo, alta quasi un metro e con la caratteristica “forma di campana“, questa macchina fu esposta per garantire ai visitatori di degustarne il caffè.
“Caffettiera degna d’essere presa in seria considerazione è quella esposta in apposito chiosco vicino all’entrata della Galleria dell’Elettricità dall’inventore signor Moriondo, padrone del Caffè Ligure e da lui tenuta in esercizio. È una curiosissima macchina a spostamento con cui si fanno trecento tazze di caffè a vapore in un’ora (proprio a vapore)“. Così la macchina di Moriondo viene descritta da un cronista dell’epoca. “Si compone di un cilindro o caldaia verticale che contiene 150 litri d’acqua la quale vien messa in ebollizione da fiammelle di gas sotto il cilindro, e per mezzo del vapore con una complicazione curiosissima di congegni si fanno in pochi minuti 10 tazze di caffè in una volta o, una sola tazza se volete“. Da quanto possiamo leggere, fu davvero il torinese il vero papà della caffettiera. Soprattutto considerando che nel 1884 ottenne il brevetto per “Nuovi apparecchi a vapore per la confezione economica ed istantanea del caffè in bevanda“.
Dalla caffettiera alla moka Bialetti
Per quanto possa essere stata geniale l’intuizione di Moriondo, c’è da dire che una macchina del caffè alta 1 metro non è proprio comoda da tenere in casa. Come si arriva quindi dalla caffettiera dell’Expo di Torino alla moka che tutti abbiamo in casa? Con Alfonso Bialetti. Un uomo che, a suo modo, ha rivoluzionato il mondo del caffè. Per la prima volta, la sua invenzione cambiò totalmente il modo di preparare la bevanda. Ora l’acqua non passa più attraverso il caffè dall’alto verso il basso, ma viene spinta dal basso verso l’alto per via della pressione che si viene a creare nella macchinetta. Un’intuizione che Bialetti sembra aver avuto osservando la moglie fare il bucato con la lisciveuse, un’antenata della lavatrice. Si trattava di una sorta di vasca che presentava al centro un tubo da cui fuoriuscivano acqua calda e sapone.
Era il 1933, e Bialetti reinventò il sistema con cui veniva scaldata l’acqua nella lisciveuse per realizzare la sua prima moka. Questa si componeva di pochi elementi essenziali: una caldaia, un imbuto filtro, una piastrina filtro e un bricco. Il funzionamento lo conosciamo bene. L’acqua viene riscaldata nella caldaia che, per via della pressione, viene spinta verso l’imbuto filtro. Passando attraverso la polvere di caffè che si trova al suo interno, produce la bevanda per percolazione. E come tutti sapete, questa si raccoglie direttamente nel bricco. Un funzionamento semplice, che ha permesso a Bialetti di portare il caffè nelle case di tutti gli Italiani. Fino a questo momento, infatti, era possibile gustare questa bevanda quasi esclusivamente al bar, dove si erano già diffuse le prime macchine espresso. Ma questo imprenditore rivoluzionò ogni cosa e, al pari di Morize e Moriondo, si guadagnò una paternità. Quella della moka.
Le macchine da caffè automatiche e Nespresso
Il salto generazionale dalla moka alla macchina automatica è stato relativamente ovvio. Una volta capito il funzionamento di un oggetto, l’industria non ci impiega mai molto per semplificarlo. In appena 50 anni, il settore della caffetteria ha fatto davvero passi da gigante. Nel 1985, ad esempio, Saeco ha lanciato la sua prima macchina per caffè superautomatica. Il controllo dei tempi e della temperatura dell’acqua è diventato così appannaggio della tecnologia. E all’uomo non spettava altro che scegliere la giusta miscela da utilizzare.
Appena un anno più tardi, la Nespresso lanciò la sua prima caffettiera automatica, la C100. E vi stupirà sapere che non si trattò affatto di un’arguta idea di marketing, quanto piuttosto di una storia d’amore. Tornando da un viaggio in Italia, la moglie di un ingegnere svizzero – allora assunto da Nestlè – gli chiese di riprodurre il gusto del caffè italiano. Ci volle un po’, ma ne valse la pena. La vera innovazione fu quella del caffè porzionato in capsule: un modo pratico per mantenerne l’aroma. E fu soltanto l’inizio della rivoluzione di Nespresso.
Qualche anno fa la compagnia lanciò Vertuo, in grado addirittura di leggere il codice a barre e riconoscere la varietà di caffè della capsula. Ma non è tutto. La nuova macchina del caffè digitale permette anche di scegliere la “dimensione” della propria bevanda. In fondo, non a tutti piace il caffè ristretto, e ora le caffettiere sono in grado di accontentarci. Lasciateci dire che qualcosa è davvero cambiato.
Continuate a seguire la nostra rubrica, per continuare a riflettere insieme a noi su quanto stia cambiando il mondo, a partire dai pensili della nostra cucina e oltre.
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