La crisi dei chip non è (purtroppo) un dramma recente. L’approvviggionamento dei semiconduttori è difficoltoso da circa due anni, con conseguenze visibili, persino per chi non segue con attenzione e passione il mondo della tecnologia.
Pensate a quanto sia difficoltoso trovare PlayStation 5.
O a quanto si sia dilatati i tempi di consegna di un notebook.
Oppure ancora, a come sia cambiato il mercato della telefonia, con prodotti che prima erano disponibili a partire dall’annuncio ufficiale mentre ora passano settimane prima di poterli effettivamente acquistare ed usare.
Tutto questo lo dobbiamo alla crisi dei chip. E ora le cose andranno peggio.
La guerra Russia-Ucraina e la crisi dei chip
Un chip è composto da una marea di componenti e materiali diversi, tra cui il neon. Peccato che due dei maggiori fornitori di neon al mondo – Ingas e Cryoin – si trovino in Ucraina e abbiano dovuto interrompere la produzione a causa dell’invasione russa, riducendo quindi le scorte e facendo lievitare i prezzi del neon.
Tutto questo potrebbe portare i produttori chip ad affrontare un nuovo problema e a ridurre ulteriormente la produzione: “Se le scorte vengono esaurite entro aprile e i produttori di chip non hanno altri ordini provenienti da altre regioni del mondo, probabilmente dovremo affrontare nuovi vincoli legati alla catena di approvvigionamento e l’impossibilità di produrre i chip necessari a molti clienti chiave”, ha spiegato Angelo Zino, analista di CFRA
Pensate che la sola Ingas produce 15.000 – 20.000 metri cubi di neon al mese per aziende che si trovano a Taiwan, in Corea, in Cina, negli Stati Uniti e in Germania, alimentando quindi buona parte del settore. La società ucraina però ha sede Mariupol, città che da giorni si trova sotto assedio. Le forze russe stanno facendo tutto ciò che possono per prendere possesso di questo importante centro urbano, con conseguenze a dir poco disastrose. Mercoledì infatti è stato distrutto un ospedale, un’azione che Kiev e il resto del mondo hanno definito “crimine di guerra”. Mosca, dal canto suo, si è giustificata dicendo che la struttura non era funzionante ed era occupata da combattenti ucraini ma le immagini sembrano testimoniare tutta un’altra verità.
Cryoin invece produce 10.000 – 15.000 metri cubi di neon al mese, si trova a Odessa e ha dovuto interrompere la produzione il 24 febbraio, quando è iniziata l’invasione. Larissa Bondarenko, business development director, ha affermato che la società non sarà in grado di consegnare i 13.000 metri cubi di neon ordinati dai propri clienti; inoltre, la Bondarenko ha spiegato che Cryoin potrà permettersi al massimo tre mesi di stop, senza contare che, qualora l’equipaggiamento venisse danneggiato, i costi e i tempi per la ripartenza diventeranno altissimi e riprendere la produzione sarebbe piuttosto complesso.
Capite bene come questa situazione possa rendere davvero difficile la produzione dei chip. Non tanto per i colossi del settore, che hanno più potere d’acquisto e maggiori scorte, quanto per le aziende più piccole.
E’ anche vero che, in questo panorama, qualche nuova azienda potrebbe affacciarsi su questo mercato, con l’intenzione di sostituire i due fornitori ucraini ma a quali costi? E con che prospettive? Ci vogliono dai 9 mesi ai 2 anni per riuscire a raggiungere risultati soddisfacenti in questo settore, senza però la certezza di diventerne uno dei leader. Insomma, cosa succederebbe se tra qualche settimana la guerra si fermasse e Ingas e Cryoin tornassero in pista? Per i nuovi arrivati gli introiti andrebbero a ridursi, rischiando di non riuscire a bilanciare quanto investito all’inizio.
E’ quindi difficile che qualcuno faccia questa scelta, abbandonando magari produzioni più sicure e stabili, il che lascia i produttori di chip a corto di neon, senza alcun tipo di certezza per il futuro.
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