Il 22 febbraio si sono sciolti ufficialmente i Daft Punk e l’hanno fatto con un video che ha fatto il giro del mondo. Tuttavia, al contrario di quanto inizialmente riportato da molti, quel filmato non è un prodotto originale, realizzato per l’occasione. Si tratta anzi di un estratto da Electroma, film che il duo portò al Festival di Cannes nel 2006. Un’opera complessa che è tempo di riscoprire, anche alla luce di questo annuncio. E allora, facciamolo insieme.
Daft Punk, un addio che era già raccontato da tempo
Partiamo dal video del 22 febbraio 2021, intitolato esplicitamente Daft Punk – Epilogue e in cima alle tendenze di YouTube al momento della scrittura di questo pezzo. Qui vediamo una sequenza muta e piena di pathos. I due membri del gruppo stanno camminando nel deserto, quando uno dei robot si ferma e si toglie la giacca. Si gira e rivela al suo compagno di avventure un pulsante sulla schiena.
Una volta premuto, si avvia un timer. L’androide a questo punto avanza, lentamente ma costantemente, in maniera quasi solenne, allontanandosi dal proprio compagno. Si interpone una distanza di sicurezza tra i due, che in qualche modo preannuncia quello che sta per accadere, accompagnato dall’incedere dei bip del timer che scandiscono i secondi del countdown.
È bene però ricordare che, per quanto emozionante, questo video non è originale. Al di là di alcuni dettagli, come il brano che ne accompagna la conclusione, si tratta di una sequenza presa direttamente dal film curato dai Daft Punk, Electroma. Ed è importante fare questo collegamento perché in quella pellicola è in qualche modo contenuta la spinta che ha portato allo scioglimento del duo. Oltre che una parte rilevante della loro poetica.
I Daft Punk e la ricerca dell’umanità
Il film ci porta a seguire le avventure di Hero Robot #1 e Hero Robot #2, ovvero gli alter ego dei Daft Punk stessi. I due viaggiano a bordo di una macchina, fino a ritrovarsi in una città dove è pieno di loro simili. Un mondo pieno di robot grandi e piccoli, maschi e femmine, impegnati in ogni genere di attività. Ma i nostri protagonisti, come spesso capita agli automi nella narrativa, vogliono cambiare, trasformarsi. Insomma, diventare umani.
Per raggiungere il proprio scopo, si rivolgono a degli esseri misteriosi. Figure apparentemente fatte di luce che sembrano essere le uniche nel mondo di Electroma a non avere l’aspetto di robot, a giudicare dalle silhouette. Sono loro che fanno colare sul duo delle maschere raffazzonate che replicano dei volti umani. Caricature al limite dell’inquietante, condite da protesi e parrucche, che il duo utilizza per camuffarsi.
Ne nasce così un gioco di molteplici livelli e chiavi di lettura. Perché i volti che i Daft Punk indossano sono riproduzioni bizzarre del vero volto degli artisti. Quello che hanno sempre tenuto nascosto al mondo nella propria esperienza artistica, coprendolo con un casco. I due robot proseguono ossessionati nel loro cammino per raggiungere (o ritrovare?) la propria umanità, arrivando addirittura a ricoprire il proprio metallo di una pelle sintetica. Un artificio grottesco, che si scioglie una volta colpito dal Sole.
Il robot che cerca la vita, ma pecca di superbia
È interessante peraltro notare come il contatto tra uomo e tecnologia sia anche parte del percorso artistico di un altro grande compositore. Stiamo parlando di Giorgio Moroder, figura di grande importanza per la storia della musica, nonché amico e profonda influenza per i Daft Punk che lo hanno addirittura messo al centro di una loro nota canzone. Non a caso peraltro, tra le opere di questo autore si trova una riedizione con nuova colonna sonora di Metropolis, il film del 1927 che portò già allora al centro della scena gli androidi, anticipando gran parte della fantascienza successiva.
Anche i due robot dei Daft Punk comunque sono alla ricerca di quella umanità, che in Electroma si traduce in un volersi anche distinguere, forse elevare dal resto del mondo. Un peccato di superbia, che viene immediatamente punito con il terrore degli abitanti del luogo che si avvicinano minacciosi, come la più classica folla inferocita. Prima ancora però che qualcosa possa accadere è il Sole a intervenire e a riportare alla realtà i due androidi. Un destino non dissimile da quello del superbo per eccellenza, Icaro.
Ve l’avevamo detto, i due non ci vanno leggeri con il simbolismo. E stiamo solamente grattando la superficie.
Il secondo sceglie di continuare a camminare, fino a quando capisce che non può più andare avanti. Ma a questo punto non può più premere il pulsante sulla schiena, irraggiungibile. E così in un gesto ancora più estremo, sfascia il proprio casco e utilizza uno dei vetri per darsi fuoco con l’aiuto del Sole.
Addio ai Daft Punk? Arrivederci? Qual è la domanda? Qual è la risposta?
Perché al di là dell’interpretazione più evidente, ci sono tante cose che restano aperte. È un addio alla musica dei due artisti? Perché c’è solo la scena del suicidio di uno dei due robot? È un fermarsi prima di rendersi conto dell’inevitabile? O l’inevitabile è già arrivato come in Electroma? Come va letta la camminata verso una nuova alba del secondo? Quale delle tante maschere è stata distrutta? È davvero la fine dei Daft Punk? O forse è ‘solo’ un altro atto di trasformazione?
Perché non è sicuramente un caso che il filmato si concluda con un estratto da Touch, una delle più complesse e analizzate canzoni dell'(attualmente) ultimo album dei Daft Punk Random Access Memories. Un pezzo che sembra riprendere il tema del robot che si risveglia e che “si è quasi convinto di essere reale“. Ma soprattutto un brano che, proprio nell’estratto del video, ripete quasi ossessivamente una frase:
“Hold on, if love is the answer, you’re home“
E in fondo, questo è tutto quello che dobbiamo sapere.
- DAFT PUNK
- MUSICA ELECTRONICA
- INTERNATIONAL