Il primo grande amore non si dimentica mai, e il rischio di restare legati per troppo tempo al primo grande successo nel mondo del cinema. Questo non sembra essere accaduto a Millie Bobby Brown, che ha esordito quasi dieci anni fa con la prima stagione di uno dei grandi successi seriali di Netflix, Stranger Things, e che da allora ha racimolato altro successo (anche se per nulla equiparabile) con altre produzioni, a partire da Enola Holmes, altro prodotto della piattaforma dello streaming. Il colosso ci ritenta ora con una nuova produzione, il lungometraggio fantasy Damsel che ha fatto capolino nella libreria Netflix da qualche giorno. Ma qual è il valore aggiunto di un ennesimo fantasy, che prende una fanciulla e ne ribalta facilmente il ruolo stereotipato di “damsel in distress”? Lo raccontiamo nella nostra recensione.
Damsel, la damigella e il drago
Scritto da Dan Mazeau (autore di Fast X), Damsel racconta la vicenda della principessa Elodie (Millie Bobby Brown), che dopo aver sposato il principe Henry (Nick Robinson), si ritrova al centro di un’oscura faccenda. La famiglia del neosposo la sacrifica nel giro di poco tempo per ripagare un antico debito, gettandola in una caverna, dimora di un pericoloso drago. E fin qui, niente di nuovo sotto il sole.
A questo punto, Elodie deve necessariamente cercare di sopravvivere, scoprendo però che dietro il debito accumulato dalla famiglia dello sposo si cela ben altro… Proprio nella caverna, e nelle scelte di Elodie, si costruisce man mano la figura della damigella che si salva da sola, ma con un percorso che riflette in toto l’archetipo del personaggio in questione. Si ritrovano senza indugio elementi quali crescita, coraggio, emancipazione, ma il tutto con un ritmo buono e una rilettura pop dei contenuti.
E di nuovo, oseremmo dire, nulla di nuovo sotto il sole. Neanche stavolta. No, perché la trama e la sua morale sono fin da subito fin troppo prevedibili, dove il tema della diffidenza dalle apparenze e del “chi fa da sé, fa per tre” è fin troppo evidente e scontato. Ma allora c’è qualcosa di buono?
Sempre il solito stereotipo al contrario
Il personaggio di Elodie non è tanto diverso da quello che Brown ha impersonato finora. Una giovane che se la cava da sola fin da piccola, indipendente, intelligente, nonché premurosa per coloro che la circondano e che ama. Alla fine, i personaggi che ha interpretato a oggi l’hanno sempre vista come la ragazza (più o meno adulta nel corso del tempo) che sa stare in piedi in autonomia.
Un buon messaggio da passare sullo schermo, ma ancor più utile se amalgamato in una chiave diversa, meno scontata e prevedibile fin dagli esordi. Non che la narrazione non sia buona, ma comunque non c’è in questo lungometraggio quel quid che avremmo desiderato. Il problema è anche il pastiche di racconti da cui deriva questa storia, che sembra davvero prendere come un collage diversi pezzi di trame già note e messi insieme per formare un quadro nuovo, ma per nulla inedito.
Chi ha visto il film su Disney+ intitolato Princess non potrà che avere forti richiami alla memoria in questa storia. E non solo; al netto di altri prodotti della casa del topo più famoso dell’entertainment, come le sorelle Elsa e Anna in Frozen che si salvano ancora una volta da sole, qui c’era tutta la materia necessaria per proporre un film duro, con tensione e diversi climax ascendenti, anche di un certo spessore. Ma la regia di Fresadillo si è limitata a riprendere qualche spunto nelle ambientazioni e nel design del drago, ad esempio, da Il trono di spade. Cosa c’è allora di nuovo sotto il sole?
Damsel: la nostra recensione del film Netflix
La risposta è: praticamente nulla. Ormai si stanno riempiendo le librerie dei cataloghi streaming di storie di donne più o meno giovani che lottano per la propria autonomia e salvezza, ma c’è modo e modo di scriverne la trama e imbastirne la regia. E non è in Damsel che troviamo la soluzione migliore. Anzi. I personaggi sono abbastanza piatti, al netto della protagonista, che però non è appunto concepita in maniera originale o piuttosto coinvolgente. L’intera vicenda poteva essere raccontata con qualche spunto di azione e tensione in più, rendendolo anche un fantasy dark in pieno titolo. Poteva essere l’occasione per dare spessore a un’attrice che era nata con un lavoro seriale decisamente coinvolgente, ma che si sta dando ultimamente a storielle più leggere delle sue potenzialità. Un film che non sa salvarsi da solo, in fin dei conti.
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