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Einstein e la bomba: com’è il docufilm Netflix

Einstein e la bomba è disponibile dal 16 febbraio su Netflix.

Ci sono opere in grado di rinnovare l’attenzione verso un tema o un personaggio, scolpendoli nuovamente nell’immaginario collettivo al punto da stimolare altri lavori affini. È questo il caso di Oppenheimer, film di Christopher Nolan dedicato al padre del Progetto Manhattan, fra i favoriti per gli Oscar 2024. Un’opera intensa e inquietante, che scandaglia non solo gli eventi storici che hanno portato allo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ma anche il senso di colpa di J. Robert Oppenheimer, evidente soprattutto nei suoi dialoghi con Albert Einstein, estraneo al progetto ma comunque decisivo in quanto primo fisico a teorizzare l’utilizzo dell’energia atomica. Ed è sull’onda emozionale suscitata da questo lavoro che si inserisce Einstein e la bomba, docufilm Netflix di Anthony Philipson.

Un’operazione tanto nobile quanto rischiosa, che si prefigge il non facile obiettivo di sintetizzare la vita di Einstein, e in particolare il suo legame con la bomba atomica, attraverso un mix di immagini di repertorio e ricostruzione scenica, sfruttando sia le reali parole del celebre fisico sia un racconto di stampo cinematografico, con Aidan McArdle nei panni del protagonista. Come spesso accade nei docufilm, questa seconda parte è di gran lunga l’aspetto più debole del progetto. Per lunghi tratti di un racconto lungo appena 76 minuti seguiamo infatti una ricostruzione decisamente scialba e svogliata, con Aidan McArdle più interessato ad assomigliare fisicamente ad Albert Einstein che a comunicare dubbi ed emozioni del suo personaggio.

Una scelta ancora più incomprensibile se si considera che il materiale narrato è intriso di fascino e forza storica e scientifica, al punto da non necessitare di nessuna ricostruzione per sottolineare concetti già abbondantemente chiari.

Einstein e la bomba: un mix poco riuscito

Einstein and the Bomb. Cr. Courtesy of Netflix © 2024
Cr. Courtesy of Netflix © 2024

La natura dell’operazione avrebbe potuto comunque essere sostenibile con un montaggio vigoroso e ispirato, volto a sottolineare i punti di contatto e i collegamenti fra le due diverse narrazioni. Anche in questo caso, purtroppo il risultato è scadente: per lunghi tratti di Einstein e la bomba assistiamo fondamentalmente a un lungo flusso di coscienza traballante dal punto di vista filologico, con lunghe parentesi su aspetti marginali e salti a piè pari su risvolti considerati poco interessanti o già noti allo spettatore.

A reggere la narrazione sono così fondamentalmente solo le parole di Einstein, queste sì meritevoli di attenzione. Dopo una lunga fase interlocutoria, Anthony Philipson trova un’affascinante chiave di lettura solo nell’ultimo segmento, che analogamente a quanto visto in Oppenheimer si concentra sul senso di colpa del fisico per la direzione barbara e tragica intrapresa dal mondo. Emerge quindi il conflitto interiore di Albert Einstein che pur non avendo direttamente a che fare con il Progetto Manhattan è considerato a tutti gli effetti il suo ispiratore.

Il docufilm si concentra così sulla sofferenza e sul dolore di un uomo che, pur innocente, sente sulle sue spalle il peso delle conseguenze delle sue idee. Il momento più convincente di un progetto che per lunghi tratti ottiene il risultato opposto a quello centrato da Oppenheimer, ovvero rendere poco coinvolgente e soporifera l’analisi di una fase storica fondamentale per il mondo in cui viviamo oggi.

Sulla scia di Oppenheimer

Einstein e la bomba 3
Cr. Courtesy of Netflix © 2024

Ciò che resta più impresso di Einstein e la bomba è dunque la notevole ricerca sul materiale di repertorio, talmente suggestivi e importanti da reggersi da soli, senza bisogno di artifici cinematografici o documentaristici. Filmati che aumentano la sensazione di essere di fronte a un’ottima occasione sprecata, che trasforma l’incubo atomico in sbadiglio.

Einstein e la bomba è disponibile su Netflix dal 16 febbraio.

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