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Gli spiriti dell’isola: com’è il film di Martin McDonagh

Cosa significa vivere su un’isola? Cosa significa abitare un microcosmo in cui non vigono le leggi della terraferma? L’isola ti costringe, o ti porta, a mettere tutto in discussione, percezioni, legami, anche il modo con cui si sta al mondo, la stessa legge, le istituzioni e le etichette sociali differiscono, come anche i rapporti e le amicizie vivono tempeste e terremoti diversi. Anche il concetto di spazio e di tempo sono diversi.

Martin McDonagh ci traghetta su un’isola al largo della costa occidentale dell’Irlanda. Siamo nel 1923, il periodo in cui in Irlanda infuria la Guerra Civile. Gli Spiriti dell’Isola segue due amici di lunga data, Padraic (Colin Farrell) e Colm (Brendan Gleeson), che si trovano in una situazione di stallo quando Colm decide bruscamente di porre fine alla loro amicizia.

Padraic, confuso, tenta di riaccendere il loro rapporto con il supporto di sua sorella Siobhan (Kerry Condon), che insieme a Dominic (Barry Keoghan), il figlio del poliziotto locale, ha le sue preoccupazioni all’interno della piccola comunità dell’isola. Ma quando Colm lancia un ultimatum scioccante per concretizzare le proprie intenzioni, gli eventi iniziano a degenerare.

Gli spiriti dell’isola: una toccante riflessione sull’amicizia

Gli spiriti dell'isola

Gli Spiriti dell’Isola, interpretato da Colin Farrell e Brendan Gleeson, in concorso durante Venezia 79, è un’opera grottesca, comica e triste allo stesso tempo, un film brillante e intelligente perché pensato e scritto dalla stessa penna intrisa di humor nero che ha composto Tre Manifesti a Ebbing, Missouri. Colin Farrell e Brendan Gleeson sono i protagonisti di questa commedia dell’assurdo: Colm non vuole più essere amico di Padraic perché Padraic è noioso e lui non ha più tempo da perdere; infatti ha deciso di dedicare tutto il tempo a comporre musica e a pensare.

Ma Padraic non ci sta: è infelice, è triste, è sconsolato e fa di tutto per ricucire un rapporto con l’amico ma più tenta di avvicinarsi più Colm si altera. E non solo. Colm minaccia di tagliarsi un dito ogni volta che Padraic cerca di parlare con lui.

Con questi presupposti Gli Spiriti dell’Isola si configura come una commedia oscura che evolve in una toccante riflessione sull’amicizia, e che parallelamente analizza l’eredità culturale della Guerra Civile Irlandese. Infatti, sull’isola di Inisherin si possono sentire in lontananza le esplosioni della guerra: è il 1923 e gli scontri vedono opporsi i sostenitori e gli oppositori del trattato anglo-irlandese che aveva dato origine due anni prima allo Stato Libero d’Irlanda.

Gli spiriti dell’isola: la recensione del film di Martin McDonagh

Anche se è lontana geograficamente dagli scontri, l’isola diventa la perfetta e speculare rappresentazione della storia dell’Irlanda, teatro degli dell’assurdo dove il litigio tra due amici diventa una favola sull’abbattimento delle differenze. Quello che accade a Inisherin, la divisione tra Padraic e Colm, rispecchia ciò che accade sul continente.

Martin McDonagh riesce a traslare lo spettatore in una realtà senza tempo e impreziosita da spazi e luoghi che tolgono il fiato, a partire dalle facciate rocciose della scogliera, il mare ghiacciato, i cieli nuvolosi, la nebbia imperitura e gelida: il luogo avvolge lo spettatore in ogni fotogramma. Il suo sguardo è gentile, tanto per tornare su uno dei temi cardine del film, è romantico, e sprigiona una luce, un fuoco che divampa in ogni scena: l’isola è lo spazio del conflitto, è il riverbero della guerra, ma è anche il modo attraverso cui il regista ci racconta le dinamiche di una micro-comunità, che vive con i suoi modi, i suoi tempi e con le sue tradizioni.

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Lucia Tedesco

Giornalista, femminista, critica cinematografica e soprattutto direttrice di TechPrincess, con passione ed entusiasmo. È la storia, non chi la racconta.

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