Sapete, cari lettori, quei film in cui un personaggio viene lasciato libero di partecipare a un evento per lui importante, ma le forze dell’ordine che lo tengono d’occhio sono già pronte a trarlo in arresto una volta che l’evento terminerà?
Con le dovute proporzioni, e considerando che non c’è alcun arresto né alcuna sanzione certa in vista, diciamo che Google si trova in una situazione per certi versi simile. Appena il tempo di festeggiare i suoi primi 25 anni, e dovrà affrontare un processo che si preannuncia storico.
Processo a Google che prenderà il via martedì 12 settembre, ma che ha origine da un’indagine avviata dall’antitrust americana addirittura nel 2019. E il cui esito potrebbe avere un enorme significato simbolico. Potrebbe cioè decidere che anche le big tech devono sottostare alle regolamentazioni anti monopolio.
Ripercorriamo cronologicamente il processo a Google, che sarà avviato il 12 settembre, e vediamo poi che conseguenze potrà avere.
Prima data da ricordare: 1890
Non è un errore di stampa: 1890. E sì, siamo consapevoli che allora non c’era ancora Internet.
Ma si tratta dell’anno in cui negli Usa viene varato lo Sherman Antitrust Act, una legge pensata per combattere monopoli e oligopoli commerciali. E se si chiama in ballo una normativa di oltre centoquaranta anni fa, è perché negli Stati Uniti ancora oggi manca una regolamentazione ad hoc per le aziende digitali.
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Seconda data da ricordare: 1998
Lo Sherman Act finora si è applicato una sola volta per le aziende tech.
Era il 1998 (anno della fondazione di Google, peraltro) e Microsoft è stata accusata di abuso di posizione dominante per avere imposto il suo browser Explorer ai clienti di Windows. E ha rischiato di essere smembrata in due aziende distinte, proprio per scongiurare rischi di monopolio futuri.
Terza data da ricordare: 2019
Ventuno anni dopo, nel 2019, eccoci alle prime mosse di quello che da martedì 12 settembre si concretizzerà come un imponente processo contro Google.
L’inchiesta è iniziata sotto la presidenza di Donald Trump, e nell’ottobre del 2020 – nell’imminenza dell’elezione di Joe Biden – si è tramutata in una denuncia formale.
Denuncia che vede tra gli accusatori 35 stati dell’Unione. I tre studi legali coinvolti hanno prodotto qualcosa come 5 milioni di pagine di documenti. Le persone da ascoltare saranno circa 150.
Le accuse
Il processo ai danni di Google muove da accuse simili a quelle del 1998 contro Microsoft.
A essere messo in discussione è il predominio assoluto dell’azienda sul mercato. Google detiene circa il 90% del mercato globale, ma come ha ottenuto questa posizione?
Secondo chi punta il dito contro l’azienda di Mountain View, non solo per merito. Ma anche per aver estromesso i suoi concorrenti (si pensi ad esempio a Bing di Microsoft) versando cifre astronomiche a Apple, Samsung, LG e Motorola. Si parla di 45 miliardi di dollari l’anno, in cambio dell’installazione di Google come motore di ricerca predefinito in tutti i loro device.
Il ministero della Giustizia Usa ha scritto nella querela: “Due decenni fa, Google diventò il cocco di Silicon Valley, una startup con un modo innovativo per fare ricerca sull’emergente Internet. Quella Google non c’è più da molto tempo.”
Le figure chiave del processo contro Google
Il processo contro Google è stato affidato al giudice cinquantaduenne Amit Metha, che dall’avvio delle indagini ha ridotto i capi di accusa a Google da sette a tre.
Altra figura fondamentale, e controversa, è il principale accusatore di Google, Jonathan Kanter, responsabile antitrust del ministero della Giustizia. La società di Sundar Pichai ha fatto notare una sorta di conflitto di interessi in Kanter, che in passato è stato avvocato di Microsoft.
Cosa potrà succedere (e cambiare)
Il processo a Google potrebbe segnare un importante precedente. Specie perché negli Usa le norme contro lo strapotere delle big tech sono decisamente blande. E finora si sono limitate (pensiamo all’affare Microsoft-Activision) a ostacolare le acquisizioni e le fusioni che avrebbero potuto portare a una posizione di egemonia sul mercato.
Ora invece l’attenzione si sposta sulle condotte monopolistiche, a tutela dei consumatori, e delle aziende alle quali viene impedito di emergere.
Il monopolio non è dunque più visto come dannoso per il consumatore solo nel senso di un aumento dei prezzi, ma anche come limitazione della sua libertà di scelta.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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