In svariati articoli abbiamo parlato dell’intelligenza artificiale. Sottolineando i molteplici ambiti in cui può essere applicata, ma anche i rischi di una sua diffusione incontrollata. Eccessivi meccanismi di sorveglianza tramite l’AI potrebbero ad esempio ledere la libertà dei cittadini. E un recente studio commissionato dal Parlamento Europeo mette in luce i limiti l’uso dell’intelligenza artificiale nello sviluppo urbano.
Non parliamo delle sottili implicazioni etiche: è ad esempio di pochi giorni fa la sentenza di un giudice Usa, secondo cui un’intelligenza artificiale non può brevettare le proprie invenzioni.
Benissimo, quindi, che sia posta la massima attenzione alle possibili distorsioni dell’utilizzo dell’AI.
Questo però non significa che bisogna demonizzarla senza distinguo. Come dimostra l’esito di una ricerca condotta dai ricercatori dell’Università di Glasgow e pubblicata martedì 28 settembre su Plos Biology.
Lo studio ci spiega come l’intelligenza artificiale potrà aiutarci a prevenire future pandemie.
Scopriamo più nel dettaglio il report appena pubblicato sul sito della rivista scientifica attiva dal 2003.
Lo studio pubblicato su Plos Biology
Lo studio secondo cui l’intelligenza artificiale potrà aiutarci a prevenire future pandemie di origine animale dà per scontato, ahinoi, che nel futuro prossimo altri virus potrebbero complicare la nostra esistenza.
Cerchiamo ora di spiegare in che modo l’AI potrebbe avere un ruolo preventivo in questo ambito.
Il ruolo preventivo dell’intelligenza artificiale nelle pandemie
Secondo il gruppo di ricercatori dell’Università di Glasgow l’intelligenza artificiale riuscirà a identificare i virus che potrebbero fare il salto di specie dall’animale all’uomo, esattamente come ha fatto il SarsCoV2.
In che modo? Grazie a un sistema di apprendimento automatico che valuta i genomi (cioè l’insieme dei geni) dei virus, intercettando quelli potenzialmente pericolosi per l’essere umano.
L’obiettivo è quello di individuare le zoonosi, cioè le malattie che dagli animali si trasmettono all’uomo. Compito davvero non semplice, siccome solo una minima percentuale degli oltre 1,6 milioni di virus circolanti nel mondo animale è in grado di infettare gli umani.
I virus analizzati
Nel loro studio i ricercatori dell’Università di Glasgow hanno realizzato un database con 861 specie di virus (con stato zootico noto) appartenenti a 36 famiglie. Che sono serviti per sviluppare proprio i modelli di apprendimento automatico a cui abbiamo accennato. Ai vari virus è stata assegnata una probabilità di infezione dell’uomo sulla base sia della loro classificazione tassonomica che della loro contiguità con altri virus patogeni per gli esseri umani.
Con il modello che ha mostrato le migliori performance si sono poi analizzati altri genomi di varie specie virali. E si è scoperto che i genomi potrebbero avere caratteristiche indipendenti dalla classificazione tassonomica, e che potrebbero predisporre i virus a infettare l’uomo.
I virus segnalati come sospetti dall’intelligenza artificiale saranno studiati più a fondo, anche per poter eventualmente iniziare in tempi utili lo sviluppo di vaccini.
Un metodo efficace ed economico
Nel report si legge che “evidenziando i virus con il maggior potenziale di diventare zoonotici, la classificazione basata sul genoma consente di mirare in modo più efficace a un’ulteriore caratterizzazione ecologica e virologica. In effetti, lo studio dei virus nell’ordine suggerito dalla classificazione basata sul genoma troverebbe molti virus zoonotici molto prima degli attuali approcci tassonomici o filogeneticamente informati”.
Inoltre, “le prestazioni dei nostri modelli mostrano come i dati di sequenza del genoma sempre più onnipresenti e a basso costo possano informare le decisioni sulla ricerca sui virus e le priorità di sorveglianza nella prima fase della scoperta del virus, praticamente senza ulteriori investimenti finanziari o di tempo.”
L’intelligenza artificiale virtuosa
Nel frattempo, in questi ultimi giorni si sono rincorse le notizie che smentiscono chi vedrebbe nell’AI solo una minaccia per l’umanità.
Oltre al meritorio studio sulla prevenzione delle pandemie, ad esempio, l’intelligenza artificiale si è rivelata utilissima alla National Gallery di Londra. Dove un algoritmo ha stabilito che il Sansone e Dalila attribuito a Rubens ha il 91% di possibilità di essere falso.
Due esempi italiani
Altrettanto recenti sono due esempi italiani di uso “amichevole” dell’intelligenza artificiale.
Uno è il progetto Contapasseggeri. Che in Emilia-Romagna dirà se gli utenti dei bus saranno o meno superiori all’80% della capienza massima (limite stabilito dall’ultimo decreto). Il Contapasseggeri funzionerà grazie a un sistema di reti neurali e una scheda video che riceve e analizza le immagini provenienti dalle videocamere.
L’altro esempio è rappresentato dalla startup Edugo, fondata a Hong Kong ma con un’ampia rappresentanza italiana, che aiuta ad apprendere le lingue straniere con estrema rapidità.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API