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Autismo e VR, l’unione fa la forza: intervista a Elio Salvadori, co-fondatore di Meeva

Il mondo della tecnologia è sempre più avvincente e fluido, con novità sempre pronte a essere proposte e sfornate, ma soprattutto in grado di stupirci per il loro grado di interazione con la realtà. E niente più della VR appunto può darci questa soddisfazione, considerando le recenti applicazioni sempre più numerose di questo campo della tecnologia con il settore healthcare. Lo sa bene Elio Salvadori e il suo team in Meeva, startup fondata con l’intento di aiutare nello specifico le persone autistiche, proponendo soluzioni di interazione in VR. Per capire meglio di cosa si tratta, abbiamo intervistato Elio, co-fondatore e membro del board team, scoprendo tutti i dettagli di questo progetto tutto italiano.

Quando la VR reinterpreta la realtà: l’intervista a Elio Salvadori, co-founder di Meeva

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Come nasce Meeva?

L’idea di Meeva nasce proprio durante i recenti periodi di lock-down legati alla pandemia. In un momento storico specifico in cui l’accesso ai servizi era di fatto impossibile per tutti i ragazzi e le loro famiglie, la sfida era trovare un sistema innovativo in grado di garantire la continuità di questi percorsi ai ragazzi, permettendo loro di usufruirne anche da remoto. Numerosi studi scientifici riportavano come l’utilizzo della realtà virtuale (RV) e di videogiochi 3D collaborativi si fossero dimostrati efficaci nel miglioramento delle competenze sociali di individui autistici.

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Sul mercato però non esistevano ancora prodotti maturi che facessero leva su questa combinazione di tecnologie. Meeva ha realizzato un videogioco in RV con fini terapeutici il cui obiettivo di permettere ai Centri di scalare meglio il numero di ragazzi raggiunti a livello geografico, riducendo al contempo i costi da parte delle famiglie, che si rivolgono solitamente a dei Centri specialistici con percorsi psico-educativi in presenza, individuali o di gruppo, per migliorare le loro competenze sociali ed emotive.

Spesso però a causa della ridotta densità dei Centri, l’accesso a questi servizi è complesso e questi ragazzi e le loro famiglie devono sobbarcarsi lunghi spostamenti con notevoli costi in termini di tempo e trasporto per raggiungere i Centri. Inoltre sono particolarmente sensibile al tema in quanto padre di un giovane ragazzo diagnosticato nello spettro autistico nel 2019, oltre che ricercatore senior presso Fondazione Bruno Kessler a Trento.

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Infine un finanziamento da parte di EIT Digital ci ha permesso di realizzare un primo prototipo funzionale su cui abbiamo effettuato una serie di trial pre-clinici tra fine 2022 e inizio 2023; con altri due soci co-fondatori, Marco Dianti (sviluppatore e mio collega in FBK) e Melanie Cristofolini (psicologa clinica e assegnista di ricerca in Università di Trento) abbiamo poi registrato Meeva Srl Società Benefit (spinoff di FBK) con l’obiettivo di commercializzare questa soluzione sul mercato.

Hai sostenuto che alcuni giochi multiplayer sono stati di ispirazione per il vostro progetto: a quali ti riferisci in particolare?

Minecraft ha stimolato la nostra immaginazione di sicuro, in particolare un progetto chiamato Autcraft realizzato da Stuart Duncan, uno sviluppatore web genitore di un figlio autistico. Autcraft è un server Minecraft privato gestito da volontari autistici e genitori di ragazzi autistici che presenta un sistema di whitelisting. Il server è stato concepito per permettere a questi ragazzi di giocare con gli altri al loro gioco preferito senza dover affrontare rischi di bullismo e discriminazione in cui si imbattono sui server pubblici analogamente a quanto avviene nella loro vita quotidiana.

Dalle evidenze scientifiche relative al miglioramento delle competenze sociali tramite giochi multiplayer collaborativi e ai vantaggi della realtà virtuale abbiamo concepito il nostro videogioco. L’esperienza che proponiamo ha l’ambizione di collocarsi all’interno delle cosiddette “terapie digitali”, ovvero applicazioni con finalità terapeutiche eseguite su dispositivi intelligenti quali smartphone, tablet o visori RV.

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Nella prima avventura, un gruppo di ragazzi svolge il ruolo di un team di esploratori spaziali, che devono salvare il pianeta Terra dall’estinzione, recuperando un materiale prezioso su un pianeta remoto, sotto la costante supervisione di un terapista. Siamo ancora in fase di test, ma abbiamo intenzione di realizzare ulteriori avventure, per lavorare anche su obiettivi terapeutici diversificati che il terapista potrà scegliere sulla base delle caratteristiche del gruppo di ragazzi coinvolti.

Dobbiamo anche tenere conto del fatto che le persone autistiche presentano alcuni deficit nella comunicazione sociale e sono spesso caratterizzate dalla presenza di interessi ristretti e alcuni comportamenti ripetitivi.

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A causa della loro difficoltà a gestire le relazioni sociali, questa condizione le rende inclini a soffrire di isolamento sociale; in giovane età, essi sono a maggiore rischio di bullismo, depressione e abbandono scolastico, fattori che ne possono limitare l’autonomia da adulti (secondo alcune statistiche solo il 20% di loro ha un’occupazione). Nonostante si stimino circa 600.000 persone in Italia (una ogni 100 in Europa), l’autismo rimane una realtà poco conosciuta.

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Perché è stato scelto questo nome?

In realtà all’interno di alcuni dei programmi di pre-accelerazione a cui abbiamo partecipato, ci è stato fatto notare che il nome necessiterebbe di un rebranding (ride, ndr) per facilitare la comprensione della nostra missione come startup. Meeva nasce da un acronimo per identificare in modo univoco un progetto, come succede spesso all’interno del mondo della ricerca. Il termine deriva da MEasurable Enhanced Virtual reality for Autism, una combinazione che potesse far capire la volontà di creare un’esperienza in realtà virtuale, ma misurabile e specifica per il dominio.

Uno degli aspetti più interessanti legati all’utilizzo della RV in questo ambito è relativo alla sensorialità; spesso gli autistici soffrono disequilibri sensoriali dettati dall’impatto di suoni o luci percepiti come fonte di disturbo e che possono impattare sul loro funzionamento cognitivo e sul loro stato di ansia. Nonostante le tecnologie di realtà virtuale non riescono attualmente a riprodurre tutti e cinque i sensi, è altresì possibile agire sulla parte visiva e acustica esponendo in maniera graduale i ragazzi a questi stimoli sensoriali, al fine di facilitarne l’acquisizione di strategie che li aiutino ad affrontare meglio certe situazioni anche nella loro realtà quotidiana.

Ad esempio, nella nostra avventura abbiamo un episodio di acquisto di un biglietto di viaggio all’interno di una stazione spaziale, dove non solo è prevista l’interazione con un bigliettaio. Il terapista può modulare opportunamente i rumori di fondo di una stazione o la densità di passeggeri (tramite personaggi non giocanti) tipici di questo tipo di luoghi, al fine di preparare i ragazzi a gestire al meglio queste situazioni nella realtà.

Quali milestone raggiunte finora e quali i prossimi obiettivi che vi ponete?

Abbiamo già testato la nostra soluzione con circa 50 ragazzi in Italia e in Grecia e siamo in procinto di pubblicare i risultati preliminari, molto incoraggianti in termini di miglioramento dell’interazione sociale nei ragazzi coinvolti. Stiamo inoltre collaborando con altri tre Centri privati che stanno testando la piattaforma con un gruppo di ragazzi da loro seguiti. In questo momento, ci stiamo occupando del miglioramento del prototipo grazie al supporto dei terapisti sulla base dei risultati preliminari ottenuti nelle recenti sperimentazioni. In un’ottica di co-creazione siamo anche molto interessati al feedback dei ragazzi, soprattutto quelli più grandicelli e con esperienza nei videogiochi. Per noi è importante che possano influire sullo sviluppo delle nuove avventure attraverso la loro esperienza.

Nel prossimo futuro intendiamo ottenere la certificazione come “dispositivo medico”. Purtroppo, rispetto ad altri paesi europei l’Italia è in ritardo nel riconoscimento delle terapie digitali ma sono stati fatti recentemente dei passi in avanti al fine di arrivare a un riconoscimento di questi approcci che aprano la strada a meccanismi di rimborsabilità da parte del sistema sanitario nazionale. Infine, come molte startup in questo stadio di sviluppo, ci stiamo occupando di fund-raising.

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Idealmente ci piacerebbe poter lavorare con fondi che si occupano di early stage ad impatto sociale. Ci piacerebbe anche collaborare con Business Angel sensibili alle tematiche di cui ci occupiamo, magari coinvolti in prima persona con l’autismo da genitori o parenti di ragazzi con queste difficoltà.

Cerchiamo di spiegare ai nostri lettori quali sono i benefici concreti che la tecnologia può dare alle persone autistiche e più in generale con disturbi del neurosviluppo.

I disturbi del neurosviluppo sono un gruppo di disturbi neurologici che colpiscono lo sviluppo del sistema nervoso. Determinano un funzionamento anomalo del cervello che può influenzare le emozioni, la capacità di apprendimento, l’autocontrollo e la memoria. Tra i disturbi più noti ci sono l’autismo, il disturbo di iperattenzione e deficit dell’attenzione (ADHD), i disturbi dell’apprendimento (come dislessia, discalculia, etc), alcuni disturbi motori come la sindrome di Tourette.

In generale l’ambizione delle terapie digitali è quella di “prevenire, gestire o trattare un ampio spettro di condizioni fisiche, mentali e comportamentali” (def. da Digital Therapeutics Alliance). Questo per ridurre l’utilizzo di terapie farmacologiche. Ad esempio in Germania esistono applicazioni su smartphone che consentono di gestire meglio l’ansia favorendo la diminuzione di ansiolitici.

In USA è stato già approvato dalla FDA un videogioco su tablet (EndeavorRX). Serve ad alleviare i disturbi legati all’ADHD, un “exergame” che lavora principalmente sugli aspetti cognitivi e sulla memoria a breve termine. Nel nostro caso siamo interessati a fornire uno strumento ai professionisti che si occupano di autismo che complementi le attività svolte in presenza. L’obiettivo è migliorare le competenze sociali di questi ragazzi, con il vantaggio di poter essere efficace anche in modalità “da remoto”.

La pandemia di covid-19 ha effettivamente sdoganato modalità di coinvolgimento da remoto, o avreste ideato un progetto di questo tipo anche se non avessimo vissuto questo grande cambiamento?

Come anticipato in precedenza, i periodi di lockdown forzato durante la pandemia di covid-19 ha sollevato un grandissimo interesse nelle tecnologie per la tele-medicina nel settore della salute. Si riscontra quindi una maggiore apertura verso le tecnologie digitali da parte degli operatori della salute. In particolare riguardo alla possibilità di svolgere dei percorsi terapeutici avvalendosi di strumenti informatici.

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Nel nostro caso specifico, ci avvaliamo della VR che riscuote grande interesse e curiosità ma che viene percepita da molti ancora come “futuristica”. Questo nonostante esistano già diversi casi di aziende di successo che ne propongono l’utilizzo a fini terapeutici (tra esse citiamo MindMaze in Svizzera, AppliedVR e XRHealth in USA). Confidiamo però che una maggiore diffusione commerciale dei visori RV favorisca un cambiamento di atteggiamento anche in Italia ed in Europa e faciliti l’adozione di soluzioni come quella proposta da Meeva.

Cosa rappresenta per te questo progetto?

Sono chiaramente molto coinvolto personalmente, e mi piacerebbe dare il mio piccolo contributo affinché tutti i ragazzi autistici e i loro genitori possano migliorare la loro qualità di vita grazie a questo progetto. La speranza è che grazie ad un accesso facilitato e pervasivo a questi percorsi psicoeducativi, tutti i ragazzi possano avere l’opportunità di realizzarsi come individui e avere una vita autonoma.

Parteciperete anche a eventi e fiere per promuovere il vostro progetto?

Siamo stati recentemente al We Make Future di Rimini, dove siamo stati selezionati per un pitch all’interno della sessione su “Future of Health”. Abbiamo già partecipato anche ad altre fiere e convegni di settore. Ci interessa sia trovare potenziali clienti ma anche investitori tramite la partecipazione ad eventi dedicati alle startup. A maggio abbiamo partecipato alla conferenza organizzata da INSAR (la piú grande organizzazione internazionale che si occupa di ricerca nel settore dell’autismo), quest’anno svoltasi in Svezia. Vi abbiamo portato una demo della nostra soluzione. A novembre parteciperemo anche all’edizione italiana.

Siamo stati selezionati recentemente da EIT Health Innostar Award, un programma per startup europee che si occupano di innovazione nel settore della salute. Tramite questo, parteciperemo all’evento “Startup Olé” in Spagna, mentre a novembre parteciperemo alla sessione su “Health Metaverse” durante il MEDICA Connected Healthcare Forum di Düsseldorf in Germania.

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Autore

  • Francesca Sirtori

    Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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