Un tempo, il sogno di molti (magari dei più giovani, o dei più narcisisti) era quello di essere una persona di successo. Di guadagnare, insomma, la più ampia visibilità possibile.
Oggi siamo costantemente connessi, e i nostri dati sono alla mercé quando va bene delle aziende (che ci profilano per sottoporci a campagne pubblicitarie mirate), e quando va male a criminali informatici desiderosi di entrare in possesso dei nostri dati, meglio se quelli della carta di credito. Per cui, ecco che la nostra massima aspirazione si è ribaltata, e ciò che sogniamo oggi è non solo l’anonimato, ma proprio l’invisibilità.
La domanda che ci poniamo tutti è se sia possibile, oggi, essere invisibili, almeno per quanto riguarda il nostro rapporto col mondo virtuale.
La stessa domanda se la pone il celebre hacker Kevin D. Mitnick, che assieme al giornalista ed esperto di cybersicurezza Robert Vamosi ha scritto L’arte dell’invisibilità, uscito in Italia nel giugno del 2023 per Apogeo (traduzione di Riccardo Ferrigato).
Chi è Kevin D. Mitnick
Come leggiamo nella bandella del libro, “Kevin D. Mitnick è stato a lungo l’hacker più famoso e ricercato al mondo, appellativo che si è guadagnato per via di una serie di violazioni ai sistemi informatici del governo degli Stati Uniti e di una caccia all’uomo che ha appassionato pubblico e media.
Arrestato nel 1995, è stato scarcerato nel 2000 ed è ora CEO dell’azienda di consulenza e sicurezza informatica Mitnick Security Consulting LLC. Tra i suoi clienti figurano numerose aziende Fortune 500 e diversi Stati. Autore di best seller, vive a Las Vegas e viaggia in tutto il mondo come relatore di spicco sulla sicurezza informatica.”
Insomma, l’autore de L’arte dell’invisibilità è decisamente autorevole in materia.
L’arte dell’invisibilità
Le duecentoquaranta pagine del libro affrontano svariati argomenti. Lo fanno da una prospettiva appassionata, ma con un linguaggio non sempre accessibilissimo.
Quello che però ci interessa è il senso generale dell’opera, ben espressa nel suo chilometrico sottotitolo. Che recita: “Il più famoso hacker del mondo insegna come sparire nell’era in cui social media e big data stanno uccidendo la privacy”.
Ma è davvero possibile, oggi, rendersi invisibili?
Gli errori da non commettere
Uno degli argomenti de L’arte dell’invisibilità che più colpisce è l’invito a non sottovalutare alcuni accorgimenti per tutelare i propri dati.
Non sarebbe nulla di nuovo, se non fosse che in questo caso ci vengono raccontate anche alcune clamorose ingenuità commesse da personaggi di primo piano del comparto tech.
Un esempio su tutti: sapete perché il profilo di Michael Lynton, amministratore delegato di Sony Entertainment, è stato violato? Perché la password del suo account era “sonyml3”.
Come rendersi invisibili?
Ne L’arte dell’invisibilità Kevin D. Mitnick ci mostra, con una nutrita serie di esempi che spesso lo riguardano personalmente, quanto i nostri dati siano implacabilmente esposti. Ogni volta che compiamo un’operazione online, e dunque svariate volte al giorno. Non solo, ad esempio, quando acquistiamo un biglietto aereo, ma anche quando ci colleghiamo a una stampante wireless.
Come sfuggire a questa silenziosa ma implacabile persecuzione?
Là dove possibile, Kevin D. Mitnick fornisce una serie di raffinatissime modalità per aggirare (almeno parzialmente) questo commercio di dati. Aggiungendo qualche consiglio un po’ bizzarro e al confine con l’illegalità (buon sangue di hacker non mente). Ma con due ostacoli: sono operazioni non di rado costose, e davvero non elementari per chi non abbia buone conoscenze informatiche.
Certo: tutto facile per un ex grande hacker. Sia per la sua grande abilità nella materia, sia perché nel suo caso era davvero necessario rendersi irreperibile alle aziende e soprattutto alle autorità.
Ma noi che… non siamo lui, siamo destinati a essere tracciati ogni volta che accediamo alla Rete?
E noi?
Ne L’arte dell’invisibilità, tutte le strategie per cercare di non far notare la propria presenza in rete si leggono più che altro col gusto con cui si sente narrare una storia avvincente.
Per noi, utenti medi, vale sempre l’intramontabile regola del buon senso. Espressa nelle righe finali del volume: “Possiamo pensarci prima di pubblicare quella foto con un indirizzo di casa visibile sullo sfondo. O prima di fornire una data di nascita reale e altre informazioni personali sui nostri profili nei social media. […] Possiamo pensare in modo proattivo alle nostre informazioni e renderci conto che, anche se ciò che stiamo facendo ci sembra una cosa positiva, condividere una fotografia, dimenticare di cambiare accessi e password predefiniti, utilizzare un telefono di lavoro per un messaggio personale o impostare Facebook senza tenere conto dei nostri figli, sono in realtà decisioni che comportano conseguenze che riguardano l’intera vita” (p. 235).
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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