“Il bello è lasciarsi prendere dalla musica, ma solo se sei un tipo ‘soul’, che in italiano può sembrare significhi solo ma che in inglese vuol dire anima. E se nella musica non c’è anima allora non c’è niente.” – Lucio Dalla (4 marzo 1943 – 1 marzo 2012).
L’umanità dietro le canzoni di Lucio Dalla: perchè l’impresa eccezionale è quella di essere normale
“Adesso basta sangue, ma non vedi? Non stiamo nemmeno più in piedi, un po’ di pietà”. Parole che oggi più che mai rimbombano senza sosta, quelle di Henna del 1993. Lucio Dalla ci aveva abituato a tutto ciò, con la sua incredibile capacità di raccontare la disperazione e la sua dannata ossessione per il futuro. E poi le sue domande irrisolte, alle quali oggi sarebbe quasi ora di cercare una risposta: Cosa ci dobbiamo inventare per poterci ridere sopra? E per continuare a sperare? Dalla è stato un artista e un cantautore atipico, che metteva le parole al servizio della voce, quando generalmente i cantautori fanno l’opposto. Un cantante dalle forti influenze jazz e soul, amante dello scat vocale e musicista a tutto tondo. Un mix di contaminazioni artistiche racchiuse in 165 cm di puro talento.
Bisogna fare attenzione però, perchè quando si parla di Dalla si corre sempre il rischio di banalizzare, di piazzarlo sul piedistallo dei grandi della musica senza raccontare l’umanità del personaggio. Non basterebbero ore per parlare delle sue canzoni e dei suoi aneddoti. Verrebbe quasi voglia di inventarla questa benedetta macchina del tempo di cui parliamo da anni, per tornare indietro e suonare al campanello di casa sua. Attenzione però, anche in quel caso potrete girare tutta Bologna, ma il cognome di Dalla non lo troverete sui citofoni. Altra storia che ce la dice lunga sul personaggio: il cantante, sul citofono di casa sua, preferì farsi conoscere con l’appellativo di Domenico Sputo (ripreso anche in un suo brano). Dopotutto “l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale.”
Non a caso gran parte dei suoi capolavori nascono da eventi quotidiani o storici, da momenti di “normalità”. Spesso sono condizioni di puro squallore, ai quali l’artista riesce a dare dignità artistica, raccontandoli con poesia e umanità. Disperato erotico stomp, per esempio, nasce da un incontro con una prostituta (non una qualsiasi però, una prostituta ottimista e di sinistra). Un brano che riesce a raccontare in modo poetico un atto universale ma decisamente poco romantico: l’onanismo (la cui parola – ammettiamolo – fa molto ridere). E poi Nuvolari, canzone che descrive in modo quasi mitologico l’omonimo pilota di corse Tazio Nuvolari. Anche in quel brano quanta umanità. La descrizione di un uomo basso con caratteristiche da supereroe (“il suo sguardo è quello di un falco per i figli”). Un supereroe scaramantico però, che infatti ha sempre con sé un “talismano contro i mali” e che quando scende in pista incanta tutti.
Futura: la paura di una guerra atomica e la speranza di un futuro migliore
L’incertezza del domani, il progresso che avanza imperioso, la tragedia della guerra. Temi estremamente attuali quelli di Futura, forse anche troppo, al punto che mettono i brividi per la loro straordinaria contemporaneità. La canzone nasce nel 1980, in piena Guerra Fredda, quando sovietici e statunitensi giocavano a chi aveva il missile più grande. Non a caso Dalla scrive la canzone nella Berlino divisa dal Muro, dopo un concerto nella città tedesca, su una panchina proprio sul punto di confine: Checkpoint Charlie. Seduto a fumare una sigaretta assiste a quella che definì “la sfilata dell’orrore”: i camion in fila trasportavano i missili da un punto all’altro della Berlino governata dagli americani. Da lì l’incipit del brano, che riflette sulle catastrofiche conseguenze di un eventuale conflitto atomico: “Chissà domani su che cosa metteremo le mani. Se si potrà contare ancora le onde del mare o alzare la testa”.
Gli attori di quella orribile commedia: “I russi. I russi. Gli americani.” e la ricerca di un qualche tipo di umanità in grado di dare conforto: “dove solo le tue mani?”. Dalla descrive “una notte di fuoco” interrogandosi sul futuro che stiamo costruendo per i nostri figli, in un mondo fragile e “fatto di vetro”. E come saranno questi figli? Voleranno sulle stelle? Una sola certezza: se è una femmina si chiamerà Futura.
Caruso e quella barca in avaria che portò Lucio Dalla a scrivere un capolavoro
Emblematica poi è la genesi di Caruso, capolavoro senza tempo della discografia del cantautore bolognese (e del canzoniere italiano). Il brano è ovviamente un omaggio a Enrico Caruso, tenore napoletano, e ancora una volta nacque da un evento quotidiano. Dalla, grande amante del mare, era sulla sua imbarcazione quando un guasto al motore lo costrinse a chiedere aiuto per farsi recuperare. Venne portato in un vicino hotel di Sorrento (l’Excelsior) e alloggiò, caso volle, nella stessa stanza che ospitò gli ultimi giorni di vita di Enrico Caruso. Nel suo breve soggiorno sorrentino Dalla interrogò – letteralmente – tutto il personale per sapere di più sulla permanenza del tenore e sul suo stile di vita. In quella stanza – ora adibita a luogo di culto – c’era anche il pianoforte sul quale il cantautore compose le note iniziali della canzone. Il resto è storia.
Peraltro nei giorni scorsi, proprio a Sorrento, l’artista Jorit ha dedicato al cantautore un mastodontico murales.
Bolognese si, ma cittadino del mondo: da Piazza Grande a La Sera dei Miracoli
Se Caruso è un omaggio alle melodie mediterranee e alla musica partenopea, non bisogna dimenticare le origini di Dalla. Egli era bolognese fino al midollo, con una vita condotta tra le osterie della città che puzzavano di tortellini, vino e poesia. La Bologna cantata da Dalla è quella della miseria, degli ultimi, dei barboni di Piazza Grande (che si rivedono nei gatti randagi, che non hanno padrone in Piazza Maggiore) e delle strade dissestate che portano alle pizzerie di Dark Bologna. Una città piccola, dove neanche un bambino riuscirebbe a perdersi. I tedeschi però si, ma solo quelli con la faccia un po’ stravolta che vengono da Berlino.
Tra gli omaggi alle città italiane come non citare La sera dei miracoli, che descrive in maniera poetica, malinonica e surreale una serata per le strade di Roma. Anche in questo caso, non la Roma bene, quella del potere e della cultura. Dalla racconta dei vicoli, degli ubriaconi che fanno a pezzi le canzoni e dei bar strapieni. In tutto questo clima che sembra fatto di squallore, ancora una volta il cantautore, ci sguazza, portando la poesia dove questa è nata: tra la gente.
Banana Republic e Work In Progress: il sodalizio con Francesco De Gregori
Bologna-Roma quindi: un asse perfetto dal punto di visto cantautorale. Chissà se Francesco De Gregori si riferiva a Lucio Dalla quando in Viaggi e Miraggi, citando numerose città, cantava “Bologna con i suoi orchestrali”. Del resto i due erano molto amici oltre che Compagni di Viaggio (per citare un’altra canzone del Principe). Il primo grande tour italiano negli stadi è il loro, quando nel 1979 i due uniscono le forze per il tour Banana Republic, con conseguente album dal vivo. Si ritroveranno 30 anni dopo, per il disco Work in Progress.
Alla conferenza stampa di presentazione di Work in Progress, nel 2009, Lucio Dalla disse “De Gregori mi sta antipatico”. Ma come facevano quei due marinai a trovarsi insieme ancora non si sa: uno alto, l’altro basso. Uno schivo l’altro dal carattere dirompente. Uno influenzato da Bob Dylan e l’altro dalla music soul. Uno di Roma e l’altro di Bologna. Talmente diversi da essere perfettamente complementari, accomunati sicuramente dalla scrittura (e dal talento). Quando nel 1975 esce lo spettacolare album Rimmel di Francesco De Gregori, Dalla è già un artista affermato. Il bolognese è in viaggio sull’autostrada e all’Autogrill acquista un’audiocassetta di Rimmel. “L’ultima traccia del disco si chiamava Santa Lucia – dirà Dalla in un’intervista molti anni dopo – fermai l’auto e piansi. Era di una bellezza struggente”.
Tutta la vita a far suonare un pianoforte: 10 anni senza Lucio Dalla
Potremmo parlare, scrivere e dibattere delle canzoni di Dalla per ore e settimane. Potremmo ad esempio ragionare sull’emblematico significato de La settima luna, che ancora oggi tormenta i sonni dei fan più accaniti, e della sempreverde L’Anno che verrà. Oppure potremmo inchinarci davanti alla bellezza di capolavori come Cara e cogliere tutti i riferimenti autobiografici di 4 Marzo 1943. Potremmo lasciarci trasportare dalle atmosfere da commedia romantica di Anna e Marco e ancora riflettere sul testo di Come è profondo il mare.
La verità è che non basterebbero altri 10 anni per raccontare la vita e la musica di Lucio Dalla, che l’1 marzo 2012 abbandonò questa dimensione lasciandoci tanta musica incredibile. Canzoni che – non lo ripeteremo mai abbastanza – è intrisa di umanità e di concetti estremamente attuali. Non ci resta che aggrapparci alla musica, quella di speranza, e aspettare che ritorni la luce. Aspettare di sentire una voce. Aspettiamo, senza avere paura, domani.
- Come é profondo il mare (col. blue - ed. lim. Numerata)
- lp_record
- Lucio Dalla
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