Sì, d’accordo, negli anni Ottanta del Novecento la tecnologia ha fatto irruzione anche nel mondo dei giochi e dei passatempi.
E ha reso forse noi più svelti col pensiero, ma di certo più rumorose le nostre case e i locali pubblici (e meno dinamiche le nostre giornate).
Va però detto che la tecnologia non ha permesso solo lo sviluppo di arcade, console, schiacciapensieri e altri strumenti ipnotici. Ha anche affinato e portato nelle case di molti di noi giochi da tavolo più o meno irresistibili e più o meno complessi.
Insomma, i giovani più estroversi riempivano i bar per infrangere i record mondiali di Tetris e Pac-Man, mentre i più timidi e riflessivi si sfidavano a Forza 4, Indovina chi e Il trabocchetto.
Poi c’erano quelli a cui qualche zio d’America aveva attribuito un quoziente intellettivo superiore alla media, o che semplicemente sognavano un futuro da ingegneri nucleari.
Per loro, ecco che il mercato offriva passatempi come il cubo di Rubik. Oppure, per chi mal sopportava di giocare da solo, Master Mind.
Master Mind: dai numeri ai pioli colorati
Master Mind come lo ricordiamo noi, con i pioli colorati, è in realtà una variante successiva e più affabile di quella originale.
Master Mind (o Mastermind: sono accreditate entrambe le versioni) nasce in realtà con i numeri. Ma andiamo con ordine.
Intanto, per darci un tono, ricordiamo che stiamo parlando nientemeno che di un gioco di crittoanalisi. Parolone che, semplicemente, significa che per vincere bisogna indovinare un codice cifrato.
Si gioca in due, codificatore e decodificatore. Il primo, odiato dal secondo, è colui che inventa un codice, che il decodificatore dovrà? Esatto, dovrà decodificare.
La versione iniziale, dicevamo, prevedeva un codice numerico. E con ciò, possiamo suggerirvi che – sostituendo i pioli colorati con i numeri – per giocare a Master Mind basterebbero un foglio e una penna. Pensateci, per le vostre prossime vacanze.
Comunque: codici o pioli colorati che siano, ci rendiamo conto che non abbiamo ancora spiegato le regole di Master Mind.
Come si gioca a Master Mind
La classica versione a pioli prevede pioli di sei colori diversi. A cui si aggiungono quelli bianchi e neri, che (come vedremo) utilizzerà il codificatore per fornire indizi al decodificatore.
La combinazione scelta dal codificatore è composta da quattro pioli colorati, e il decodificatore ha sei tentativi per indovinarla. Per farlo, dovrà ricomporre il codice che immagina corretto, e attendere la reazione del codificatore.
A questo punto interviene il sadico codificatore. In che modo? Ogni volta che il decodificatore propone una sequenza di pioli, sperando che sia quella corretta, il codificatore fornirà indizi usando pioli bianchi o neri. Un piolo bianco indica il fatto che il decodificatore ha posizionato un piolo esatto per colore ma errato per posizione. Un polo nero indica invece un piolo esatto sia per colore che per posizione.
Va da sé che il decodificatore, per vincere, deve indovinare l’intero codice, risultato che sarà certificato da quattro pioli neri. Oltre che dal suicidio del codificatore.
Storia e fortuna di Master Mind
Prima di addentrarci nella mistica di Master Mind, un minimo di cenni storici.
Giusto per dare al gioco un sapore ancor più spionistico, ci interessa non tanto l’anno di nascita (1970), quanto il suo inventore. Che è stato tal Mordecai Meirowitz, un esperto di telecomunicazioni israeliano.
Lanciato su larga scala alla fine degli anni Settanta del Novecento dalla Milton Bradley (alias MB, oggi assorbita da Hasbro), Mastermind esiste in un’infinità di versioni.
Grandi, piccole, e ovviamente per computer. L’estensore di questo articolo custodisce ancora con orgoglio la sua versione pocket (che potete vedere nell’immagine di copertina).
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Master Mind e gli agenti segreti del futuro
Il titolo del paragrafo è un po’ iperbolico, d’accordo.
Ma sta a indicare il fatto che giovani e giovanissimi di tutto il mondo si sono invaghiti di Mastermind perché, nella sua semplicità, è stato (ed è) un geniale gioco di logica. E il godimento di indovinare un codice segreto faceva davvero sentire come dei giovani agenti segreti.
Basti pensare che Mastermind è uno dei giochi delle Mind Sports Olympiad, assieme agli scacchi e al bridge.
Insomma: negli anni Ottanta del Novecento, mentre orde di giovani appassionati agli sparatutto mostravano con fierezza i propri muscoli, qualcuno – nel silenzio della propria cameretta – imparava a decrittare codici.
Quale delle due categorie di ragazzi di ieri salverà, domani, il mondo?