Chi ha visto Get Back, l’incredibile serie documentario sui Beatles, sarà sicuramente rimasto sorpreso della qualità audio delle immagini originali del 1969. Il regista Peter Jackson afferma di aver utilizzato l’apprendimento automatico per rendere al meglio la musica dei Fab 4.
Peter Jackson: “Per Get Back abbiamo insegnato ad un computer come suonavano Paul e John”
Get Back, la docuserie sui Beatles disponibile su Disney+ – che vi abbiamo recensito qui – ha emozionato i fan dei Fab 4 di tutto il mondo. In molti si saranno stupiti dell’incredibile resa audio per quelli che sono, in sostanza, tutti filmati originali del 1969. Una qualità che si manifesta soprattutto nelle scene in cui la band improvvisa e il cui sonoro originale non è assolutamente ripreso su tracce separate. Com’è stato possibile quindi dividere il suono dei singoli strumenti per garantire una fruizione ottimale?
A svelarci l’espediente tecnico utilizzato è proprio Peter Jackson, regista di Get Back:
“Lavorare sul sonoro è stata la parte più entusiasmante: dopotutto parliamo dei Beatles! La tecnologia ci ha aiutato molto in tal senso. Abbiamo sviluppato un sistema di apprendimento automatico in grado di distinguere le frequenze della chitarra, ad esempio, da quelle del basso. In pratica abbiamo dovuto insegnare al computer come suonavano i Beatles.”
Avere tracce separate su cui lavorare ha permesso di poter eseguire singoli accorgimenti su ogni strumento, rendendo l’intero ascolto molto più pulito. Non è un caso che, anche nelle scene di pura improvvisazione, il basso di Paul McCartney fosse sempre udibile. Un dato non da poco visto che le frequenze di basso facilmente si impastano con altre come, ad esempio, quelle della grancassa della batteria.
“Avere tracce separate ci ha permesso anche di lavorare sui volumi. In questo modo possiamo udire chiaramente le conversazioni anche mentre i Beatles suonano e Ringo picchia sulle pelli della batteria.”
Un espediente, in effetti, che permette di comprendere i dialoghi senza rinunciare al contesto sonoro delle scene.
Tecnologie di questo tipo, chiamate demixing, sono sempre più utilizzate, soprattutto per effettuare remaster di dischi più datati, magari registrati analogicamente dal vivo, su singola traccia. Nel mondo della discografia si discute molto sull’imminente arrivo di nuovo software in grado di separare le tracce audio, chiamato Audioshake. Lo scopo è permettere ai proprietari dei diritti discografici di lavorare ai remaster di brani le cui singole tracce sono andate perdute.
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