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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

Reale e virtuale: due gran bei mondi. Basta non fare confusione

Inglobati nel metaverso e licenziati tramite Zoom: è davvero questo il futuro che ci attende?

Uno dei binomi su cui siamo chiamati a ragionare sempre più frequentemente è quello che vede contrapposti il reale e il virtuale.

Fosse solo perché, spesso addirittura senza accorgercene, passiamo di continuo da una polarità all’altra.

A chi si tiene aggiornato sulle notizie che provengono dal mondo, e magari è solito interrogarsi sul futuro che lo attende, sospettiamo che la coppia reale-virtuale qualche inquietudine possa procurarla.

Perché, ad esempio, con il metaverso si cerca di rendere sempre più simile al mondo reale quello virtuale? Non suona come un paradosso? Sarebbe come scegliersi un amante che somigli il più possibile al proprio partner.

Oppure: ci avevano spiegato che Zoom, Meet e affini sono utilissimi applicativi da utilizzare per le riunioni virtuali. Ma quello che è accaduto pochi giorni fa – il licenziamento di 900 dipendenti tramite Zoom – è, ahinoi, quanto di più reale possibile.

Allora cosa sta succedendo nella zona di confine che dovrebbe separare il reale dal virtuale? Cominciamo, come è sempre utile fare, dalle definizioni.

licenziamento Zoom

Reale e virtuale: cosa sono

Il reale, come sostantivo, è sinonimo di realtà. E realtà è tutto ciò che esiste effettivamente. Facile? Nemmeno un po’. Perché c’è una realtà esterna e tangibile (tutto ciò che si può vedere e toccare). Ma pure una realtà interiore (sentimenti, immaginazione…). Bella fregatura, vero?

Però, quando entra in gioco il sostantivo virtuale, ecco che con reale si intende solo la realtà esterna, quella che c’è davvero. Mentre il virtuale (ma oggi lo si usa più spesso come aggettivo, nella locuzione realtà virtuale) è tutto ciò che potrebbe esistere ma non esiste. È, insomma, una simulazione della realtà.

Ma i confini?

Quindi il virtuale è reale “per scherzo”?

Sì e no. Diciamo che il virtuale può aiutare il reale almeno in due modi. Il primo, per rendere più pratiche situazioni che – se organizzate concretamente – richiederebbero maggior dispendio di tempo, energie, denaro (specie per gli spostamenti) eccetera. Un ottimo esempio sono appunto le riunioni lavorative virtuali.

Ma il virtuale aiuta il reale anche nel senso che ne espande le possibilità. Potremmo dire, in un certo senso, che il virtuale rompe il diaframma tra la realtà esteriore e quella interiore. Nel virtuale (pensate ai giochi, ma anche al già citato metaverso) possono succedere cose che nel mondo reale si potrebbero solo immaginare.

I cortocircuiti tra reale e virtuale

C’è una storia (o leggenda metropolitana?), arrivata ormai in ogni angolo d’Italia. Secondo cui una bambina di una decina di anni, trovatasi al parco davanti a un cane abbaiante in modo minaccioso, avrebbe mosso ripetutamente l’indice della mano destra da sinistra verso destra.

Cosa stava facendo? Stava cercando di passare dalla poco gradita immagine del cane a una successiva, come quando si sfoglia la galleria di foto sullo smartphone.

Il fatto che non tutto sia ottenibile con un clic non andrebbe spiegato tanto a quella bambina, che ha ancora tutto il tempo di essere educata nel modo corretto. Quanto a Vishal Garg, CEO di Better.com, azienda americana leader nel settore dei mutui online. Il quale nei giorni scorsi ha licenziato 900 suoi dipendenti (il 9% del totale) tramite Zoom.

Anche Garg, come la bambina, ha visto nella realtà una minaccia insostenibile. E, anziché assumersi la responsabilità di convocare i dipendenti e licenziarli guardandoli negli occhi, si è affidato all’infinita distanza del virtuale.

Il metaverso e lo yatch virtuale

Cosa sia il metaverso lo avete imparato tutti.

Ma forse in pochi hanno letto una notizia battuta poche ore fa dalle agenzie: un utente ha pagato quasi 650.000 dollari uno yatch virtuale, su cui non potrà mai realmente salire.

Venduto in formato Nft e pagato in criptovalute, il lussuoso yatch a quattro piano sarà utilizzabile solo nel mondo virtuale di The Sandbox.

Lieto fine natalizio

Non siamo luddisti né antitecnologici. Anche perché questo sarebbe il luogo più inadatto per un redattore che nutrisse il desiderio di tornare a comunicare attraverso i (peraltro nobilissimi) segnali di fumo.

Di sicuro gli esempi fin qui riportati, anche se diversissimi tra loro, qualcosa ci dicono. E forse ci dicono tutti la stessa cosa.

La bambina, il CEO di Better.com e il milionario eccentrico sembra che abbiano una gran paura della realtà. E che, ciascuno a modo proprio, abbiamo cercato rifugio nel virtuale.

Chiariamo: molto di ciò che il virtuale e la tecnologia ci stanno dando è affascinante, comodissimo, utile. Può non solo semplificarci la vita ma (nel caso ad esempio dell’intelligenza artificiale applicata all’ambito medico) proprio salvarcela.

Bisognerebbe solo ricordarci che anche l’altra vita non è malaccio. Certo, c’è una grande differenza. Ed è quella che preoccupa di più: nella realtà non abbiamo un avatar che agisce al posto nostro, e che se muore rinasce.

Nella realtà la responsabilità di quello che facciamo è davvero solo nostra. Già. Però ci sembra ancora un gran bel gioco da giocare. E non servono nemmeno i visori!

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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