L’intelligenza artificiale può cambiare la sfera delle relazioni personali? Replika, un’app che offre compagni AI personalizzabili, sta ridefinendo il concetto di amicizia virtuale — e secondo la sua CEO Eugenia Kuyda, un giorno potremo finire per sposare un chatbot. L’idea per la sua startup nasce da una tragedia personale e si evolve in un fenomeno che solleva questioni etiche e sociali.
Replika, l’app per relazionarsi (e un giorno persino sposare) con un chatbot
Eugenia Kuyda, fondatrice e CEO di Replika, ha creato l’app dopo aver perso un amico. Ha utilizzato le loro conversazioni per ricreare digitalmente la personalità dell’amico scomparso. Un’idea che sembra quasi fantascientifica, ma sulla quale la startup di Kuyda lavora ormai da un decennio.
Oggi, Replika offre avatar AI che fungono da amici, terapeuti o anche partner romantici. Qualcosa di potenzialmente rivoluzionario, ma anche molto controverso. L’anno scorso alcuni utenti hanno raccontato di casi di molestie da parte dei bot, che non volevano interrompere le conversazioni con i clienti. Tanto che il Garante della Privacy ha chiesto di fermare la piattaforma.
Gli utenti su Replika possono chattare con gli avatar tramite un’interfaccia familiare, effettuare videochiamate e interagire in realtà virtuale e aumentata con i chatbot. Che usano i recenti progressi nei modelli linguistici di grandi dimensioni per conversazioni più naturali e complesse.
Milioni di persone utilizzano Replika per vari scopi, dalla semplice conversazione alle chat amorose. Dopo le proteste dell’anno scorso, l’app ha prima rimosso e poi reintrodotto la funzione di messaggistica erotica dopo le proteste degli utenti.
Un bot che non ti lascia mai
Per il podcast Decoder di The Verge, Nilay Patel l’ha intervistata per capire come funziona questa tecnologia. Nella lunga intervista, Kuyda tocca diversi punti. Per esempio, hanno discusso del fatto di privacy e crittografia, del modello dell’azienda. Ma anche del fatto che il chatbot non lascerebbe mai, anche se l’utente lo maltrattasse. E se sia eticamente corretto considerare un chatbot come moglie o marito.
“Penso vada bene, finché ti rende più felice nel lungo periodo” spiega la CEO, dicendo che bisogna capire se ha un buon effetto psicologico. Ma che “molte persone capiscono che non è una vera persona. Non è un essere reale” e “i nostri utenti non sono bambini, capiscono le differenze“. Anzi, per Kuyda potrebbe essere “un campo di allenamento” per altre relazioni nella vita.
Indipendentemente da quello che pensate su questa tecnologia, vi invitiamo a leggere o sentire l’intervista intera su The Verge: fra le righe, si sentono tutte le potenzialità, i limiti e anche i rischi di questo approccio.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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