fbpx
CulturaSerie TV

Dai The Jackal a Lundini, fino a Carlo Verdone: il regista Valerio Vestoso ci racconta Vita da Carlo

Un ritorno atteso quello di Carlo Verdone, che riprende il suo racconto autobiografico nella serie Vita da Carlo con una seconda stagione imperdibile e disponibile in esclusiva su Paramount+ dal 15 settembre. La produzione è firmata dai Luigi e Aurelio De Laurentiis e vede Carlo Verdone protagonista di se stesso.

Scritta da Pasquale Plastino, Ciro Zecca, Luca Mastrogiovanni e da Carlo Verdone, che la dirige in alternanza con Valerio Vestoso, la serie vanta un cast all stars con alcuni tra i nomi più forti dello spettacolo italiano: oltre a Carlo Verdone, Sangiovanni, Ludovica Martino, Max Tortora, Monica Guerritore, Stefania Rocca, Claudia Gerini, Christian De Sica, Gabriele Muccino, Zlatan Ibrahimovic, Maria De Filippi.

Abbiamo avuto l’occasione di parlare con il regista di questa seconda serie Di Vita da Carlo, Valerio Vestoso, che ci ha raccontato la sua esperienza sul set, le sfide che ha affrontato durante la lavorazione e cosa significa plasmare l’immaginario con l’ironia.

vita da carlo 2
Foto di Francesca Cassaro

Vita da Carlo 2: la nostra intervista al regista Valerio Vestoso

In Vita da Carlo c’è una grande assunzione di verità rispetto a sé stessi. In fondo il protagonista è una persona straordinaria ripresa in contesto ordinario: c’è il rischio di guardare questa serie e continuare a vedere solo l’icona?

No, anzi c’è l’opportunità di scoprire tutto il dietro le quinte del mondo dello spettacolo, raccontato col cinismo che solo Verdone può praticare. In più è l’occasione per incappare in personaggi assurdi, fuori dagli schemi, improbabili che frequentano ogni santo giorno della sua vita. In fin dei conti, però, si tratta di un pretesto per raccontare la storia di un uomo che vive la celebrità godendo dei suoi benefici ma anche patendo, a beneficio dello spettatore, tutte le conseguenze che ne derivano. Chi guarda la serie può immaginare che si tratta di esagerazioni, di finzione. In realtà basta andare in giro con Carlo per qualche ora per rendersi conto dell’amore che i fan provano nei suoi confronti. Un amore, che come qualsiasi sentimento forte, rischia spesso di debordare e sfociare in richieste assurde, limitrofe al ridicolo.

Prova Prime Video GRATIS per 30 giorni per le tue serie TV preferite

Dirigere con Carlo Verdone deve essere stato avvincente, oltre che una sfida complessa. Cosa ti ha insegnato? Che esperienza è stata?

È stata un’esperienza completamente imprevedibile. In primis perché Carlo è notoriamente regista di sé stesso e rare volte ha lasciato che lo si dirigesse, e poi perché una macchina così complessa come Vita da Carlo fa gola a qualsiasi cineasta che voglia esordire con la serialità. Abbiamo lavorato sempre in costante sintonia. E questo rapporto così libero, trasparente, è figlio di un’onesta di fondo che ha caratterizzato entrambi. Un patto, stipulato il primo giorno, secondo cui avremmo sempre dovuto analizzare ogni cosa con sincerità. Così, al netto dei giorni iniziali in cui timidezza ed educazione avevano la meglio, lentamente ho strutturato con lui quello che sarebbe stato il clima dell’intero set, fondato sulla serenità, sulla risata sempre dietro l’angolo ma anche su una forte disciplina.

I tempi della serialità sono strettissimi e distrarsi o andare per le lunghe è decisamente controproducente. Così abbiamo preparato moltissimo prima, assieme ad una squadra di collaboratori di grande professionalità. Al netto di questo, Carlo è una persona squisita, coltissima, piena di stimoli artistici. Mi ha insegnato a stare un passo dietro al film, ad evitare esibizionismi inutili. Lui stesso se può cedere una battuta ad un altro attore, a beneficio del ritmo, lo fa tranquillamente. 

Vita da Carlo 2 uscita streaming

Lo sguardo del documentario, una realtà che hai abitato già in precedenza, appartiene in un certo senso anche a questa serie. Qual è il limite, se esiste, tra fiction e realtà e come viene tracciato?

Definirei questa serie più un mockumentary. Molto della vita di Carlo è liberamente tratto dalla realtà. Ci sono cose effettivamente accadute nel suo quotidiano, ma ce ne sono tante altre invece frutto della penna degli sceneggiatori. È comunque tutto potenzialmente possibile. 

Nella serie, oltre Carlo Verdone, partecipano tante personalità del calibro di Christian De Sica, Gabriele Muccino, Zlatan Ibrahimovic, Maria De Filippi. Raccontaci un momento iconico, o ironico, a cui hai assistito, ma soprattutto com’è stato dirigere Ibrahimovic?

Si, la serie è piena zeppa di grandi nomi. Il cast fisso pullula di attori del calibro di Monica Guerritore e Maria Paiato. Poi si avvale di special guest, ovvero di grandi nomi dello spettacolo, della cultura, dello sport che in un modo o nell’altro frequentano Carlo in privato. Quest’anno abbiamo Christian De Sica (ho fortemente tifato perché ci fosse, vista la parentela e la grande chimica tra i due), Maria De Filippi, Gabriele Muccino (le sue scene sono meravigliose), e poi c’è Ibraimovich.

Non avendo io molta dimestichezza col calcio ho avvertito meno la pressione di averlo sul set, ma ho sentito che quel giorno vigeva un’atmosfera di grande curiosità. La troupe fremeva per una foto con lui e al tempo stesso non vedeva l’ora di vederlo all’opera. È stato impeccabile, chirurgico nella sua entrata in scena. Evidentemente possiede una disciplina ereditata dal suo mestiere, che mette anche in situazioni collaterali. E questo me l’ha reso subito simpaticissimo.

Ironizzare è esasperare, e tu hai lavorato con chi usa quotidianamente l’ironia per raccontare le contraddizioni del reale, dai The Jackal a Valerio Lundini. Che libertà produce l’ironia? C’è un rapporto sincretico tra libertà e buone maniere? (Quest’ultimo riferimento è voluto)

L’ironia è l’asse portante di ogni mio lavoro. E anche da spettatore provo ad intravvedere l’ironia nei film, nelle serie, negli spettacoli che guardo. Si dice spesso che le grandi commedie nascondano un fondo di tragedia. Vero, verissimo, e la filmografia di Verdone è la prova di questa affermazione. Ma è vero anche il contrario. Le grandi tragedie, i drammi profondi, acquisiscono molta più intensità quando, improvvisamente, dal nulla, viene fuori una sfumatura ironica, spiazzante. In generale ho avuto modo di frequentare l’umorismo in molteplici forme: da quello iper-pop dei Jackal che hanno inventato un nuovo modo di raccontare, a quello di Una Pezza di Lundini, straripante di tempi comici assurdi, alieni, con silenzi lunghissimi e finto impaccio. In entrambi i casi è stato divertente tuffarcisi.

Proseguendo dalla precedente domanda, qual è la considerazione più profonda che hai avuto osservando il lavoro di Carlo Verdone nella riappropriazione dei meccanismi della (sua) vita?

Guardando il lavoro di Carlo ho compreso quanto conti non essere autoreferenziale. Sembra un paradosso, visto che parliamo di una serie che mette al centro la sua vita. Eppure, guardandola attentamente, il racconto è un pretesto per entrare in altre dinamiche, che con la sua quotidianità non hanno nulla a che vedere. La sua vita è una sponda per giocare coi pregi e difetti nostri, con l’apologia della celebrità che viene prodotta dai social, dal giornalismo.

C’è un attore o un’attrice italiana che ti piacerebbe dirigere?

Ne dico due stranieri, che secondo me sono incredibili: Jean Dujardin e Steve Carrel. Li adoro, perché come pochi altri al mondo passano in maniera disinvolta dal drammatico al comico, dal mainstream al cinema indie. Avere a che fare con artisti così poliedrici credo possa trasformarsi in un’impresa molto stimolante per un regista.

Qual è la definizione che daresti a te stesso come regista? (Ho letto che sei stato definito il neomelodico del cinema italiano, lascio a te qualsiasi considerazione)

Neomelodico del cinema italiano mi fa molto ridere. No so che voglia dire, ma suona bene. Al di là di tutto, penso di essere molto attento a tutte le fasi del progetto. Le piattaforme, oggi, quasi pretendono un regista da set che entri in gioco il primo giorno di riprese ed esca di campo alla fine delle stesse. Io invece credo nel regista che si occupi di tutto, dalla preparazione alla revisione della sceneggiatura, dalle riprese al montaggio, fino al mix e ai trailer. Bisogna supervisionare ogni minimo passaggio, perché ogni passaggio contribuisce alla riuscita del progetto e, distrarsi un attimo, rischia di comprometterlo. Chiaramente questo presuppone grande sacrificio e dedizione. 

Il tuo prossimo progetto in uscita è No Activity – Niente da segnalare, serie in uscita su Prime Videonel 2024. Hai lavorato con un cast formidabile: Luca Zingaretti, Rocco Papaleo, Emanuela Fanelli, Carla Signoris, Fabio Balsamo, Edoardo Ferrario, Francesco Pannofino e molti altri. Puoi darci quale piccola anticipazione?

È una serie assolutamente anomala, per la struttura molto teatrale. Racconta l’attesa di un carico di droga dal punto di vista dei poliziotti che interverranno al momento giusto, delle due operatrici di centralino che gestiscono l’operazione e dei criminali che effettueranno lo scambio. Ha un impianto beckettiano misto a sfumature di black comedy. L’ho diretta, innamorandomi della sceneggiatura e delle derivazioni assurde che potevano derivarne. 

Offerta
La carezza della memoria
  • Verdone, Carlo (Autore)

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

Da non perdere questa settimana su Techprincess

 

🎮 Che impatto avranno le elezioni americane sui videogiochi?
🚘 I gadget più strani delle case automobilistiche
🇨🇳 Un gruppo di ricercatori cinesi ha sviluppato un modello di IA per uso militare basato su Llama di Meta

🔍 ChatGPT si aggiorna e ora naviga sul web
Ma lo sai che abbiamo un sacco di newsletter?
 
📺 Trovi Fjona anche su RAI Play con Touch - Impronta digitale!
 
🎧 Ascolta il nostro imperdibile podcast Le vie del Tech
 
💸E trovi un po' di offerte interessanti su Telegram!

Autore

Ti potrebbero interessare anche:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button