In un altro articolo di questa rubrica, cari lettori, ci siamo occupati dei videogiochi portatili degli anni Ottanta, comunemente chiamati schiacciapensieri.
In quelle righe si è ironizzato sul fatto che gli schiacciapensieri sono stati in un certo senso preparatori della dipendenza dai device che oggi – confessiamolo, insomma – vede coinvolti molti di noi.
Eppure, a ben pensarci, anche gli schiacciapensieri hanno avuto i loro predecessori. Ora: dal punto di vista cronologico, in effetti, c’è una certa sovrapposizione di date. Ma di certo ciò di cui vi parleremo oggi, ovvero i mitici water games, sono in un certo senso la versione analogica degli schiacciapensieri (e comunque, come vedremo sono nati prima).
Nessuna pila, nessun circuito, nessuna grafica per quanto rudimentale. Ma solo un gioco plasticoso da riempire d’acqua, dopo di che bisognava affidarsi alla fortuna più cieca che mai, consci del fatto che una partita sarebbe potuta durare per settimane.
Perché? Cos’erano, insomma, questi water games?
Cos’erano i water games
I water games erano, lo dice la stessa parola, giochi d’acqua. No, non piscinette né pistole che spruzzano il suddetto elemento, bensì giochini portatili plasticosi con due tappi e un pulsante. Un tappo nella superficie superiore per introdurre l’acqua, uno in quella inferiore per eliminarla, e il pulsante per giocare.
Molte le varianti dei water games, che tuttavia si basavano sempre sul medesimo concetto. Premendo il pulsante, piccole bolle d’aria movimentavano l’acqua all’interno del gioco, nella speranza (per lo più vana) che il giocatore di turno riuscisse nel suo intento.
Intento che, di solito, consisteva nel riuscire a infilare determinati elementi in altrettanto determinati – chiamiamoli così – luoghi di raccolta.
Uno sguardo ravvicinato al primo, in ordine di tempo, di questi water games chiarirà meglio le idee.
Water games: origine e varianti
Udite udite, abbiamo la data di nascita dei water games.
Il primo a essere stato messo in commercio, correva addirittura l’anno 1966, è stato infatti il Waterful ring toss. Passatempo con cui si doveva infilare alcuni anelli di vari colori in piccoli paletti.
Una volta indovinata la tipologia di gioco, va da sé che le varianti succedutesi negli anni sono state moltissime. Ecco, per prendere solo qualche esempio, il rodeo (in cui un povero cowboy doveva salire in sella al cavallo), o il pescatore (che con la sua canna doveva agganciare dei pesci riottosi). Non sono mancati il labirinto, la balena (nella cui bocca bisognava introdurre palline colorate) e l’ippopotamo (variante poco fantasiosa della balena).
Negli spericolati anni Ottanta del Novecento sono pure stati prodotti i water games per due concorrenti. I pulsanti per giocare, in quei casi, erano naturalmente due, e ci si poteva sfidare ad avvincenti (si fa per dire) partite a diverse discipline, tra cui il calcio e il basket.
Sommersi dal caso
Sì, è proprio il caso di dire che con i water games si era sommersi dal caso, dall’aleatorietà.
Premere il pulsante e sperare che la pallina o l’anello di turno finisse dove doveva finire era quasi sempre una pia illusione. Certo, c’era anche la possibilità di muovere l’intero gioco a proprio piacimento, scrollandolo, inclinandolo, sollevandolo eccetera. Peccato che questo ventaglio di mosse finiva per complicare le cose.
In effetti, solo gli ingegneri navali erano in grado di stabilire la traiettoria che avrebbe assunto un determinato oggettino di plastica immerso nell’acqua dopo l’azione congiunta di una pressione del pulsante e dello scuotimento del water game.
Gli altri, cioè alla quasi totalità dei giocatori, erano destinati a lunghe ore di frustrazione, con seri rischi per il futuro della propria personalità. Personalità che di solito – trattandosi nella maggior parte dei casi di giocatori in età giovanile – era già sufficientemente fragile di suo.
- Il set e il colore possono variare.
- uno inviato in modo casuale
- gioco a base d'acqua
Schiacciapensieri e water games: due pubblici opposti
Ma noi, forse, abbiamo una risposta.
Perché, nonostante tutte le caratteristiche fin qui elencate, per decenni i water games hanno comunque avuto il loro ottimo successo?
Perché, secondo noi (ma non ditelo a nessuno), schiacciapensieri e water games erano destinati a due pubblici differenti, forse opposti. I frenetici schiacciapensieri erano destinati a giovani che da adulti sarebbero stati destinati ad abbracciare il nostro presente frenetico e ipertecnologico. Il digitare a velocità supersonica i tastini dei videogiochi portatili avrebbe fatto di loro dei futuri possessori di smartwatch con cui effettuare pagamenti contactless. O dei copywriter freelance capaci di sostenere sino a ventidue videochat di lavoro contemporaneamente.
Poi c’erano i giocatori di water games, ipnotizzati dalle assurde parabole degli oggetti immersi nell’acqua, disinteressati alla vittoria. E lenti, irresistibilmente lenti.
Costoro, oggi, sono da qualche parte in Jamaica a servire cocktail sul bagnasciuga. Non posseggono cellulare, ignorano l’esistenza delle criptovalute e adoperano il Commodore 64.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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