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Il ragazzo più bello del mondo: la storia dell’uomo che ispirò Lady Oscar

Il ragazzo più bello del mondo arriva al cinema dal 13 al 15 settembre.

Troppo spesso ci dimentichiamo che le persone che creano arte, o che sono protagoniste delle storie che ci ispirano e ci appassionano, si muovono lungo il pericoloso crinale che separa il successo dalla rovinosa caduta. I volti che vediamo sullo schermo sono anime, che possono essere forti o fragili, fortunate o tormentate, ma tutte con una storia unica e irripetibile da raccontare. Un volto indelebilmente scolpito nella storia del cinema è sicuramente quello di Björn Andrésen, 15enne protagonista del film di Luchino Visconti Morte a Venezia, che lo stesso regista italiano definì “Il ragazzo più bello del mondo”. Nel film, Andrésen interpreta il volto per eccellenza della bellezza e della giovinezza, cioè l’efebico ed etereo Tadzio, di cui si infatua il compositore Gustav, impersonato da Dirk Bogarde.

Quel viso così magnetico e solare, e al tempo stesso ingenuo e sperduto, cela una storia vera triste e bizzarra, che comincia sul set del film di Visconti al Lido di Venezia e arriva in una fredda stamberga di Stoccolma, non prima di essere transitata da Cannes e dal Giappone, in un improbabile collegamento fra il cinema d’autore nostrano e l’indimenticabile anime Lady Oscar. Storia in cui ci possiamo addentrare grazie al documentario di Kristina Lindström e Kristian Petri su Björn Andrésen Il ragazzo più bello del mondo, disponibile nelle sale italiane dal 13 al 15 settembre, grazie a Wanted Cinema.

Il ragazzo più bello del mondo e i suoi traumi

Il ragazzo più bello del mondo mette in scena la distruzione dell’esistenza di Björn Andrésen, troppo giovane per reggere la pressione a cui è stato sottoposto con il successo internazionale di Morte a Venezia e troppo fragile (per età e per storia familiare) per razionalizzare la sua improvvisa trasformazione in oggetto del desiderio di uomini e donne di tutto il mondo. Da una parte, il documentario mette in campo tutto ciò che occorre sapere per farsi un’idea dell’accaduto: le immagini delle lusinghe dello stesso Visconti al giovane Andrésen durante i provini, accompagnate da continui cambi di posa, lasciano pochi dubbi, che vengono definitivamente azzerati dalle parole dell’attore.

Con lucidità e palpabile sofferenza, Andrésen racconta anche il disagio provato durante una visita a un locale gay, fortemente voluta da Visconti e a lui sgradita. Non c’è bisogno di essere psichiatri per percepire dal volto sconfitto e smarrito dell’attore che i suoi traumi non sono finiti con quella serata al club. In un continuo andirivieni fra le immagini del giovane sulla cresta dell’onda e nel fiore dei suoi anni e quelle dolorose dell’Andrésen di oggi, ridotto al fantasma di se stesso nonostante la sua recente partecipazione a Midsommar – Il villaggio dei dannati, scopriamo il passaggio successivo della fuga dell’attore dalla morbosità del pubblico e di chi gli stava intorno, cioè la sua bizzarra esperienza in Giappone.

Da Venezia al Giappone

In terra nipponica, Björn Andrésen è diventato un volto familiare, grazie alla sua partecipazione a videoclip e spot pubblicitari. La sua apollinea immagine ha lasciato un segno indelebile anche nell’immaginario giapponese, testimoniato dal fatto che Riyoko Ikeda ha utilizzato proprio Björn Andrésen come stampo per il suo personaggio più celebre, cioè Oscar François de Jarjayes, conosciuta come Lady Oscar. La stessa fumettista nipponica interviene ne Il ragazzo più bello del mondo, ammettendo candidamente di aver disegnato per anni, per il manga e per la serie, una sua idealizzazione del volto imperscrutabile e senza tempo di Björn Andrésen.

Questo avrebbe potuto essere un bel finale di una triste storia, che invece purtroppo si è spinta oltre. Il ragazzo più bello del mondo si sofferma infatti sugli altri tragici eventi che hanno affossato quest’anima tormentata. Dalla morte del figlio di pochi mesi, causata da uno sfortunatissimo episodio di sindrome della morte improvvisa del lattante, fino al tunnel della dipendenza e della depressione, alimentato dal desiderio di scoprire di più sul passato dei genitori, Kristina Lindström e Kristian Petri mettono in scena l’accanimento del destino contro un ex ragazzo, devastato dalla sua stessa bellezza e dagli effetti di essa sulle altre persone.

Da spettatori, ci auguriamo che quel ragazzo ormai lontano parente di Tadzio possa finalmente ritrovare la pace e il sorriso, nella speranza che decenni di consapevolezza e sensibilità generale sui rischi che corrono le giovanissime star impediscano il verificarsi di storie laceranti come questa.

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