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E noi come stronzi rimanemmo a guardare il film di Pif

Qual è il film attualmente in sala che meglio racconta le ripercussioni dell’evoluzione tecnologica in ambito sociale e lavorativo? La risposta a questa domanda potrebbe stupirvi. Il film in questione non è né un blockbuster fantascientifico americano, né un visionario anime giapponese. L’opera che fa al caso vostro è E noi come stronzi rimanemmo a guardare, commedia romantica di Pif con protagonisti Fabio De Luigi e Ilenia Pastorelli. Un accostamento apparentemente ardito e improbabile, che trova però giustificazione nella trama del terzo lavoro da regista di Pierfrancesco Diliberto, ambientato in un realistico futuro in cui la tecnologia e i famigerati algoritmi hanno preso definitivamente il controllo della nostra vita.

Facciamo immediatamente la conoscenza del protagonista Arturo, manager di successo che nel giro di pochi giorni perde prima l’amore, poi il lavoro. Il responsabile in entrambi i casi è un algoritmo: quello di un’app, che convince la compagna di Arturo, Lisa, a porre fine a una relazione senza futuro, e quello che lo stesso protagonista ha contribuito a creare, che determina l’allontanamento dalla sua azienda per esigenze produttive. Ormai impossibilitato a trovare un impiego di alto profilo per questioni anagrafiche (un uomo più vicino ai 50 che ai 40 non può neanche inserire la propria età nei portali di offerte di lavoro), Arturo si reinventa come rider per la multinazionale delle consegne a domicilio Fuuber, creazione di un guru della tecnologia che assomiglia in tutto e per tutto a Steve Jobs, a partire dall’ormai iconico maglioncino nero a collo alto.

È l’inizio di una vera e propria odissea umana e lavorativa, che porta Arturo a scontrarsi con un sistema demoniaco, creato con lo scopo di spremere ogni goccia di sudore dal malcapitato lavoratore.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare: fra Her e Black Mirror

E noi come stronzi rimanemmo a guardare

E noi come stronzi rimanemmo a guardare alza ulteriormente la posta. Il triste, demotivato e solitario Arturo prova infatti un’altra app di proprietà della Fuuber, che permette ai clienti di avere accanto a sé un ologramma personale, tarato sulle specifiche esigenze di ogni utente. Sulla scia di Joaquin Phoenix in Her, Arturo si innamora di Stella (Ilenia Pastorelli), facendo un ulteriore passo all’interno di una tecnologia disumanizzante.

Non sono tanto i risvolti da classica rom-com a lasciare il segno, quanto piuttosto l’inquietante parabola dei rider descritta dall’opera di Pif, non lontana da quanto già avviene per questa categoria di lavoratori. Fra una risata e l’altra, E noi come stronzi rimanemmo a guardare ci mostra molte delle dinamiche perverse che governano la gig economy: dai ritmi spietati, che costringono un rider a completare la consegna in un lasso temporale estremamente ridotto, proiettandolo in una sorta di quest di un videogame, alle incomprensibili specifiche contrattuali, che spingono Arturo ad accettare un lavoro senza sapere a quanto ammonterà la sua retribuzione, passando dalla totale assenza di tutela dal punto di vista della sicurezza. Arturo arriva addirittura a dormire con lo zaino delle consegne addosso, in quanto il costo per la sostituzione della cinghia che lo fissa al suo corpo è superiore alle sue entrate.

L’algoritmo che governa i rider

E noi come stronzi rimanemmo a guardare

Ma è proprio nella descrizione dell’algoritmo che regola il lavoro dei rider che E noi come stronzi rimanemmo a guardare risulta più incisivo. Ogni consegna fallita porta il protagonista a una penalizzazione economica e lavorativa, con soldi decurtati dalla sua già misera paga e la conseguente difficoltà a reperire compiti fattibili. Ancora più agghiacciante è la proposta che viene fatta ad Arturo per fare risalire la china al suo pessimo rating: un regime orario sperimentale e sostanzialmente non-stop, che prevede un ciclo continuo di 3 ore e 40 di lavoro alternate da 20 minuti di sonno. Un eccesso dal chiaro fine comico (stremato, Arturo si addormenta nei luoghi più assurdi) ma tutt’altro che irrealistico: diverse multinazionali propongono già ai propri dipendenti degli orari disumani, in cambio del miraggio di un miglioramento della condizione lavorativa.

Anche se i toni da commedia romantica popolare affievoliscono la portata di quanto mostrato su schermo, è difficile rimanere indifferenti alle disavventure di Arturo. Una distopia alla Black Mirror, in cui le persone sono distrutte dalla loro stessa fonte di sostentamento e schiave di un sistema di rating che determina il loro valore, tagliando fuori l’umanità. A completare questo raggelante quadro, ci sono la virtualizzazione dei rapporti interpersonali e una lucida e sinistra riflessione sulla leggerezza con cui diamo i nostri dati e le nostre abitudini in pasto ai giganti del web, rendendoci volontari prigionieri di una gabbia dalla quale un giorno potremmo non riuscire a scappare. Il titolo E noi come stronzi rimanemmo a guardare diventa così un allarmante segnale dal futuro, nonché una frase che speriamo di non dover pronunciare mai.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film Sky Original, disponibile nelle sale italiane dal 25 al 27 ottobre, grazie a Vision Distribution.

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