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Occhiali neri: com’è il film di Dario Argento con Ilenia Pastorelli

Occhiali neri è al cinema dal 24 febbraio.

Si apre come un film di M. Night Shyamalan Occhiali neri, con la sinistra atmosfera di una Roma tutta con la testa rivolta verso l’alto, quasi ipnotizzata da un’eclisse solare capace di rievocare suggestioni ancestrali. Eclisse di sole, di luce e di vita, che idealmente descrive quanto avviene alla protagonista dell’ultima fatica di Dario Argento Diana (Ilenia Pastorelli), escort di alto bordo che dopo essere finita nel mirino di un misterioso serial killer perde la vista a causa di un rocambolesco incidente d’auto. Il thriller/giallo alla Dario Argento (di nuovo in sala a 10 anni di distanza da Dracula 3D) si trasforma così anche in una storia di rivincita personale, nonché in un malinconico viaggio nella filmografia del maestro, continuamente richiamata da diversi dettagli visivi e narrativi.

La vista persa non è soltanto una menomazione per Diana, ma anche la possibilità di riconnettersi con il lato più primordiale di se stessa e per abbandonarsi per una volta al lato più sensibile e altruista dell’umanità, rappresentato dall’assistente per gli ipovedenti Rita (Asia Argento), dal cane accompagnatore Nirea e dal piccolo Chin (Xinyu Zhang), superstite dell’incidente automobilistico che ha coinvolto la stessa protagonista. Da questi presupposti, prende vita un thriller sghembo, atipico e a tratti respingente, con cui Argento si affranca dalle regole del genere per connettersi ancora una volta con l’essenza stessa del male, che qui ha la forma di un furgoncino bianco (che sembra uscito da Duel di Steven Spielberg per come si avvicina ai protagonisti) e di un assassino disumano e senza movente, ampiamente prevedibile e svelato in netto anticipo rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare.

Occhiali neri: il cruento e malinconico ritorno di Dario Argento

Quello che Occhiali neri chiede allo spettatore è un vero e proprio atto di fede nei confronti di un nome tutelare del cinema. Per apprezzarlo pienamente e cogliere l’essenza dell’opera di Argento (che non può e non vuole più essere quello di Profondo rosso o Suspiria) è infatti necessario compiere lo stesso processo di Diana e mettere in secondo piano ciò che salta immediatamente agli occhi: una trama ricca di incongruenze, la recitazione approssimativa di tutti gli interpreti e un ritmo ondivago, che tende ad appiattirsi con il passare dei minuti. Solo così si possono apprezzare i tanti pregi, come l’ispirata fotografia di Matteo Cocco, le avvolgenti musiche di Arnaud Rebotini, i soliti pregevoli effetti speciali di Sergio Stivaletti e il viaggio che Argento compie all’interno del suo cinema e di se stesso, nell’intento di mettersi in discussione e di rimanere contemporaneamente fedele a se stesso.

A emergere allora non è soltanto il tema della cecità (già affrontato ne Il gatto a nove code e in Suspiria), ma anche la connessione del regista col mondo animale e con la dimensione rurale (evidenti per esempio in Phenomena), con boschi spettrali e serpenti ai margini di una Roma silenziosa e indifferente. Occhiali neri e la parabola di Diana finiscono così per fondersi con lo stesso percorso artistico di Argento, che si è lentamente spogliato del languido fascino dei colori e della pulsante tensione per puntare all’essenza delle cose, abbracciando un dominante nero e una violenza sempre più esplicita, come testimonia una memorabile scena con protagonista il cane (altro omaggio all’onnipresente Suspiria). Non c’è più la fascinazione per il fantastico o per una matassa narrativa da sbrogliare, ma solo un male anonimo e banale, da affrontare e sconfiggere per continuare a (r)esistere.

Una lettera aperta di Dario Argento ai suoi fan

Questa lettera aperta di Dario Argento ai suoi fan non può quindi che concludersi con una vena di malinconia, in un aeroporto che evoca l’arrivo a Friburgo di Susy in Suspiria e con una scelta di costumi che richiama evidentemente la Veronica Lario di Tenebre. Nel viso di Diana e nel cinema di Dario non c’è più né sollievo né redenzione, ma solo la presa di coscienza di essere sempre più soli in un mondo che procede più veloce del cinema stesso in ogni direzione. Non un film perfetto, ma il giusto ideale commiato di un maestro della settima arte, che ci fa dimenticare il deludente Argento degli ultimi anni e al tempo stesso accarezza un mondo e un cinema che non esistono più.

Occhiali neri è disponibile dal 24 febbraio nelle sale italiane, distribuito da Vision Distribution.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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