Ultimamente impazza la moda dei chatbot. Di quelle declinazioni dell’intelligenza artificiale, cioè, che in sintesi permettono di dialogare con una macchina.
Qualche mese fa ha fatto scalpore la dichiarazione dell’ex ingegnere di Google Blake Lemoine, licenziato per aver pubblicato per intero il suo dialogo con LaMDA, un’intelligenza artificiale. O meglio, per aver osato affermare che a suo parere l’AI in questione possedeva l’intelligenza di un bambino di circa 7-8 anni.
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Abbiamo poi recensito un gustoso libro scritto a quattro mani dal mitico Rocco Tanica (ex tastierista di Elio e le storie tese) assieme a Out0mat-B13, ovvero un Gpt-3, un modello di previsione linguistica basato sul deep learning.
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E proprio con Gpt-3, facilmente accessibile da ogni computer domestico, l’estensore di questo articolo ha dialogato per qualche minuto, giusto per vedere l’effetto che fa (poi, quando si è sentito rispondere che la sua squadra del cuore non avrebbe mai vinto lo scudetto, ha chiuso la conversazione indignato).
Oggi si parla con insistenza di ChatGPT, un’evoluzione di Gpt-3, l’una e l’altra prodotte da OpenAI.
ChatGPT
ChatGPT, a cui abbiamo dedicato un articolo, è un modello conversazionale che, dopo aver introiettato una enorme mole di testi di qualunque ambito, è in grado di dialogare in modo creativo. Cioè adattandosi all’interlocutore umano.
Facile immaginare gli utilizzi, più o meno legittimi, di una risorsa potenzialmente così preziosa. Parliamo di un’intelligenza artificiale capace di comporre canzoni e poesie.
ChatGPT ha già fatto competere Google e Microsoft, oltre ad aver destato, com’era prevedibile, l’interesse degli hacker.
Ma, come sempre capita con le invenzioni che si affacciano sul futuro, assieme a chi si lancia a utilizzarle in modo anche dissennato, ecco che c’è chi – su posizioni di chiusura aprioristica – le rifiuta quasi meccanicamente.
Cos’è successo, nei confronti di questo bot conversazionale?
ChatGPT vietata nelle scuole pubbliche di New York
ChatGPT è stata vietata tout court nelle scuole pubbliche di New York (e non solo).
La decisione, resa pubblica dalla CNN, deriva dal fatto che gli studenti potrebbero adoperare l’intelligenza artificiale per barare, con gravi danni per l’apprendimento.
È quanto spiega Jenna Lyle, Deputy press secretary for the New York public schools. Lyle ha detto: “A causa delle preoccupazioni per gli impatti negativi sull’apprendimento degli studenti e le preoccupazioni relative alla sicurezza e all’accuratezza dei contenuti, l’accesso a ChatGPT sarà bloccato sulle reti e sui dispositivi delle scuole pubbliche di New York City.
Sebbene lo strumento possa essere in grado di fornire risposte rapide e semplici alle domande, non sviluppa capacità di pensiero critico e di risoluzione dei problemi, che sono essenziali per il successo accademico e per tutta la vita”.
Non solo New York
Il giro di vite contro l’utilizzo dei chatbot a scuola da parte delle scuole di New York è stato subito imitato. E ChatGPT è stata vietata anche nel distretto scolastico di Los Angeles, “per proteggere l’onestà accademica, mentre viene condotta una valutazione dei rischi e dei benefici”.
Ma c’è chi si è spinto oltre. Per evitare qualunque rischio di ricevere aiuti illeciti dai bot conversazionali, le università australiane sono tornate agli esami con carta e penna.
E c’è già chi (nella fattispecie Edward Tian, studente dell’Università di Princeton) ha ideato GPTZero, applicazione che sarebbe in grado di determinare se un testo sia stato scritto da un umano o da un’intelligenza artificiale.
Censurare? Meglio valutare
Non resistiamo, in chiusura di articolo, all’idea di fornire il nostro punto di vista sulla questione.
Censurare a priori è sempre una forma di pericolosa chiusura. È d’altronde il medesimo movimento alla base di qualunque forma di razzismo: ho paura del nuovo e del diverso, dunque lo rifiuto (o lo osteggio). In modo da poter salvaguardare lo stato di cose preesistente, e con esso la mia serenità.
Così facendo, tuttavia, ci si radica su posizioni ottusamente semplificatorie, e – nel caso concreto di ChatGPT – si fa a meno di uno strumento dalle enormi potenzialità. E dagli enormi rischi, certo.
Ma il punto è uno: la tecnologia fa e sempre più farà parte della nostra vita, con buona pace di luddisti e nostalgici del pallottoliere. Fingere che ciò non sia vero adottando atteggiamenti censori, o indicando i nuovi approdi tecnologici come il male in arrivo da galassie sconosciute, è un ingenuo gesto di retroguardia. È quanto successo pochi giorni fa, quando gli istituti scolastici di Seattle hanno fatto causa ai maggiori social, accusati di traviare psicologicamente i giovani.
Molto più coerente sarebbe valutare caso per caso, filtrare e monitorare nei modi più opportuni, così da sfruttare appieno i vantaggi delle diavolerie tech e limitare al massimo rischi e problemi, che nel caso dei chatbot sono assai complessi, perché riguardano nientemeno che l’etica.
Ma rifiutare anziché rimboccarsi le maniche e soppesare, ecco, ci pare un atteggiamento da struzzi.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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