Tempo fa, l’estensore di questo articolo ha assistito a uno spettacolo comico di Beppe Grillo (molto prima che lo stesso scendesse in politica).
Grillo girava tra il pubblico del Palasport di Genova, e nel frattempo la sua immagine era proiettata su un maxischermo. Ebbene, il comico sgridava (scherzando, ma col suo solito piglio energico) le persone a cui si avvicinava, che lo guardavano sullo schermo pur avendolo a pochi centimetri.
“Sono io quello vero, sono qui!” tuonava Grillo. Dimostrando così come la potenza delle immagini possa addirittura dare un’impressione di verità maggiore del reale.
Discorso che cade perfettamente ora, perché nelle ore scorse Donald Trump è stato arrestato.
In che senso, è stato arrestato? Davvero?
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Ottima domanda. No, non davvero se prendiamo come parametro la realtà: Donald John Trump, quello in carne e ossa, non si trova in nessuna prigione degli Stati Uniti d’America.
Ma sì, davvero Trump è stato arrestato, se guardiamo alle verosimilissime immagini che lo ritraggono prima dell’arresto e durante la detenzione (nonché nel bel mezzo di un’improbabile fuga).
Calma: ricostruiamo l’accaduto.
Donald Trump arrestato? Quasi: è deepfake
Hanno arrestato Donald Trump.
Almeno secondo Eliot Higgins, fondatore della piattaforma di giornalismo investigativo Bellingcat.
Higgins, sfruttando Midjourney (un software di intelligenza artificiale), ha creato le varie fasi dell’arresto di Trump. Dai drammatici momenti in cui l’ex presidente sarebbe stato preso di forza dalle forze dell’ordine a quelli (per la verità un po’ comici) della sua fuga – piuttosto goffa – in abiti da detenuto. Con immancabile partita di basket durante l’ora d’aria.
L’obiettivo di Higgins è stato quello di “giocare con i vari suggerimenti per vedere cosa è possibile fare con il software e quanto complesse possono essere le immagini. Non avevo intenzione di fare alcuna critica, Ma poi i miei tweet sono stati ripresi da diversi media.”
Dalle immagini virali al ban
Quello che è successo dopo la creazione delle finte immagini dell’arresto di Trump è sintomo di almeno un paio di elementi tipici di questa nostra epoca.
Ma prima, i fatti.
Eliot Higgins ha condiviso su Twitter le cinquanta immagini realizzate con l’intelligenza artificiale. E, inutile dirlo, le foto deepfake sono diventate subito virali. Passo successivo, l’account del giornalista è stato bannato da Twitter.
Primo dei due segnali di cui dicevamo, dunque, è la rapidità estrema con cui un’intuizione si accende e si spegne in Rete. Ciò che è accaduto a Higgins potrebbe essere una sorta di metafora della parabola artistica di tanti influencer improvvisati: notorietà immediata, e l’attimo dopo oblio.
Il secondo ragionamento ce lo teniamo per la fine dell’articolo.
Ricordiamo ora da dove nasce l’operazione di deepfake condotta da Eliot Higgins.
Trump: “Mi arresteranno martedì”
Sabato 18 marzo Donald Trump aveva annunciato il suo prossimo arresto, fissandone la data a martedì 21.
Il motivo? L’ex presidente avrebbe pagato profumatamente il silenzio della pornostar Stormy Daniels, che avrebbe avuto una relazione con lui.
Il fatto è che Trump, in modo poco previdente, ha postato sul proprio social Truth un paio di post decisamente accesi, l’ultimo dei quali terminava con la frase: “Martedì della prossima settimana il candidato principale dei Repubblicani e ex presidente degli Stati Uniti d’America verrà arrestato. Protestate, riprendetevi la nazione!”
Inutile dire che il modo di sobillare i propri seguaci ricorda da vicino il sostegno di Trump all’esecrabile assalto a Capitol Hill (che gli è costato anche un lungo ban dai principali social).
Tra deepfake e verità
Non ci siamo dimenticati del secondo ragionamento che scaturisce dalla faccenda del falso arresto di Donald Trump.
O se vogliamo (nelle scorse ore è girata pure questa) dall’immagine di Vladimir Putin che si inginocchia davanti a Xi Jinping, anch’essa prodotta da un’IA.
Se ci permettete di autocitarci, nella nostra rubrica La bufala tech abbiamo spiegato innumerevoli volte quali siano i meccanismi che portano alla diffusione virale di notizie false.
In estrema sintesi, l’emotività va più svelta della razionalità, e per un utente del Web che si prende la briga di verificare le fonti delle fake news, dieci (a voler dare un numero al ribasso) hanno già condiviso estasiati la notizia.
Come se non bastasse, le immagini hanno una presa più profonda e immediata delle parole. E possono raggiungere una platea più ampia.
Insomma: ci sono tutte le premesse perché le bufale del futuro prossimo passino per le immagini più che per i testi.
Niente panico: ci alfabetizzeremo presto, impareremo a riconoscerle e smascherarle. Basta avere la volontà di non farsi irretire.
E noi l’avremo, vero?
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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